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Centrale del Mercure, la Corte boccia la legge regionale. Rapani: “Occhiuto ha evitato il peggio”

La sentenza n. 134/2025 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato incostituzionale la norma calabrese sul divieto generalizzato di impianti a biomassa nei parchi, riporta al centro del dibattito politico la questione della centrale Enel del Mercure, nel Parco del Pollino. A intervenire è il senatore di Fratelli d’Italia, Ernesto Rapani, che difende con decisione l’atteggiamento del presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto. «Non c’era motivo di correre — afferma Rapani — e oggi possiamo dire che il tempo ha dato ragione a chi ha scelto la cautela. Rinviare l’applicazione della norma ha evitato conseguenze dannose per chi l’aveva approvata».

Il riferimento è alle critiche piovute nei mesi scorsi su Occhiuto, accusato di non aver dato seguito immediato alla legge regionale. Rapani ribalta la prospettiva: a suo giudizio si è trattato di una scelta di equilibrio, che ha preservato la Regione da rischi economici e giuridici. La Consulta, infatti, ha chiarito che le Regioni possono individuare aree non idonee, ma non imporre divieti assoluti senza una valutazione tecnica. La norma contestata vietava la realizzazione di impianti a biomassa sopra i 10 MW all’interno dei parchi calabresi, invadendo — secondo la Corte — le competenze statali in materia di energia. Inoltre, il secondo comma prevedeva per gli impianti già attivi l’obbligo di ridurre la potenza entro sei mesi, pena la decadenza dell’autorizzazione. Una misura ritenuta sproporzionata, perché rivolta a un solo caso: la centrale del Mercure. Per la Corte, tale previsione lede il principio di legittimo affidamento, ovvero il diritto dell’operatore a non subire mutamenti normativi improvvisi dopo aver investito nel rispetto delle regole esistenti.

«Una posizione rivelatasi lungimirante — prosegue Rapani — ha protetto la Regione da conseguenze evitabili. A chi accusa Occhiuto di immobilismo, dico che è stato proprio quel fermarsi a prevenire danni. Serve lucidità, non reazioni impulsive».

Infine, l’affondo ai critici: «Chi continua a strumentalizzare il tema dell’impianto dovrebbe guardare ai risultati. La Regione ha agito con buon senso. È ciò che si chiede a chi governa». Oggi, dopo la sentenza, non vi è più obbligo di riduzione né rischio di revoca dell’autorizzazione. L’impianto resta in funzione e la pronuncia della Corte riafferma il principio secondo cui le regole non si cambiano in corsa, tutelando chi ha agito nel rispetto delle norme vigenti.

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