Il sindaco Franz Caruso ha partecipato, nella Sala “Quintieri” del Teatro Rendano alla presentazione del libro “Condannato a morte” – Il viaggio di Dante tra Toscana e Romagna, ultima fatica dello storico Riccardo Nencini, Presidente della Commissione Istruzione, Cultura, Spettacolo e sport del Senato. Nel libro, edito da Polistampa, Nencini prende in esame non il Dante poeta e scrittore che tutti conosciamo, quanto il politico, quello che, a cavallo tra il 1295 e il 1301, prima di dedicarsi alla stesura della Divina Commedia, aveva ricoperto tutte le cariche politiche della città di Firenze per le quali sarà poi condannato. La presentazione del libro “Condannato a morte” è stata promossa dall’Amministrazione comunale nell’ambito dell’iniziativa “Librincomune”, giunta al suo quarto appuntamento e coordinata dalla delegata del Sindaco alla cultura, Antonietta Cozza che ha anche introdotto l’incontro. Nel suo indirizzo di saluto il Sindaco Franz Caruso ha manifestato il suo apprezzamento per un’iniziativa che sta riscuotendo consensi e facendo registrare una massiccia partecipazione. “Quando una città partecipa, è viva e attenta, è uno stimolo ad andare in questa direzione. Riccardo Nencini è tornato qui – ha aggiunto Franz Caruso – non solo perché è mio amico personale, ma perché è amico della città di Cosenza. E non solo perché attualmente a guidare la città c’è l’unico Sindaco socialista d’Italia, ma in quanto ha sempre visto in Cosenza un punto di riferimento importante per il Mezzogiorno e non solo per la Calabria ed è qui per testimoniare, da Presidente della Commissione cultura del Senato, una vicinanza che non si ferma alla presentazione del libro, ma va oltre. Noi abbiamo voluto dare alla città l’opportunità di ritrovare, come accadeva in passato, i punti di incontro culturale. Lo abbiamo già fatto nel salone di rappresentanza di Palazzo dei Bruzi, volutamente destinato esclusivamente ad incontri culturali e lo abbiamo voluto fare ora al Rendano, in quello che consideriamo l’autentico tempio della cultura cosentina. Noi siamo impegnati nello sforzo di restituire a Cosenza quella dignità e quella storia delle quali era orgogliosamente depositaria. Ecco perché – ha proseguito il Sindaco – ribadiamo al senatore Nencini ciò che già sa, e cioè che nel nostro centro storico dovremo realizzare tante attività culturali. Non si tratta solo di investire nelle realizzazioni che riguardano il Cis o Agenda Urbana, ma di riempire gli investimenti con tante attività culturali e tante altre visioni che partono da un’idea che qualcuno ha finalmente sposato come qualche consigliere regionale leghista e qualche parlamentare. E quella che sembrava una visione che noi socialisti abbiamo sempre avuto, oggi diventa un fatto concreto: una legge speciale per il recupero del centro storico che consenta, così come è stato per Roma Capitale e per tante altre città, di recuperare il patrimonio storico della nostra città antica che non è fatto solo dalla Cattedrale, dal Rendano o dai palazzi e monumenti pubblici della città, ma anche da quei palazzi monumentali di proprietà privata che noi non possiamo acquisire, né restituire dopo averli ristrutturati alla città. C’è bisogno, pertanto, di una legge nazionale che ci consenta l’acquisizione della proprietà e che ci dia le risorse per poterli ristrutturare”. E a questo proposito il Sindaco ha lanciato al senatore Nencini un messaggio per dare un’ulteriore prova di disponibilità, vicinanza ed impegno alla città di Cosenza “perché da questo – ha concluso Franz Caruso –possono nascere occasioni di sviluppo, di crescita ed anche di occupazione per la città che il mondo della cultura può generare, forse più di altri settori”. Si è poi entrati nel vivo della presentazione del libro “Condannato a morte”. A dialogare con Riccardo Nencini, un dantista di solida formazione come Antonio D’Elia, Presidente dell’Accademia cosentina e della Biblioteca civica. D’Elia ha dato fondo a tutta la sua competenza di studioso e la sua capacità di eloquio ha subito catturato l’uditorio della Sala Quintieri del “Rendano”. “Il libro di Nencini – ha detto D’Elia – ci immette in una emozionalità vibrante”. Le domande di D’Elia all’autore non sono state esenti da provocazioni, una su tutte quella di definire il ruolo dello scrittore quello di “un grande bugiardo”, come tutti gli scrittori e come tutti i buoni toscani, come Dante. Dante più di ogni altro – ha aggiunto D’Elia – ci ha spiegato cos’è la bella menzogna. Nencini ci presenta, in questo bellissimo libro – ha detto inoltre il Presidente dell’Accademia cosentina – la figura di Dante che è quella di un fuoriuscito, svelandoci un Dante che precede il poeta nella visione del combattente. Dante – secondo il punto di vista di D’Elia – è un tutt’uno e il pathos emotivo, estetico, gnoseologico è un tutt’uno con quello militare e politologico, non può essere che così. Dante – ha aggiunto ancora – è menzognero e superbo padre della lingua italiana e della patria”.
Con la sua grande ars affabulatoria, il senatore Nencini ha risposto ad Antonio D’Elia, anzitutto con una battuta che ha suscitato il sorriso e l’apprezzamento della platea: “tenetevelo Antonio, perché se viene a spiegare così Dante a Firenze, non ve lo rimandano”. Sugli storici bugiardi, Nencini dà ragione a D’Elia e riporta la celebre battuta pronunciata nel film “L’ammutinamento del Bounty” che fa dire al capitano dell’imbarcazione : “Sei più bugiardo di uno storico”. E a questo proposito Nencini opera un distinguo: “gli storici ricostruiscono sulla base di quello che hanno, gli scrittori costruiscono sulla base di quello che hanno nella fantasia”. Descrivendo il suo libro, nel quale la figura di Dante Alighieri è quella di un eroe tragico in fuga dal suo destino, accusato com’è di corruzione, baratteria, estorsione e altri reati (i suoi beni sono stati sequestrati e il suo nome è stato infisso nel Libro del Chiodo, tra i nemici della patria da catturare e da bruciare sul rogo), Nencini sottolinea che il suo Dante è il Dante meno conosciuto. “La parte iniziale della storia di Dante – puntualizza – è la madre di quello che succede dopo, perché Dante prima del 1304-1307 non mette mano alla Commedia. Il 1304 è l’anno in cui Dante dismette il vestito originario che è quello di Dante politico. Dal 1295 al 1301 farà tutto il cursus honorum della Firenze repubblicana, ricoprendo tutte le cariche politiche per le quali verrà condannato. La prima fase dell’esilio dopo il bando fiorentino, Dante la vive sull’appennino tosco-romagnolo ed è quella la terra di Nencini, il Mugello che spalancò le porte a Dante – sottolinea nel libro Nencini. Quassù, e in Casentino e in Romagna, Dante assaporò quel pezzo di pane che altrove gli era stato negato”. Ed ha ragione un altro grande storico come Franco Cardini – lo ha ben ricordato Antonietta Cozza – ad affermare che il libro di Riccardo Nencini “non è un libro di storia, ma un atto d’amore per queste terre”.