“La Corte Costituzionale ha messo una pietra tombale sulla riforma Calderoli. Quindi la destra di governo ha ben poco da festeggiare. Certo, il ministro e i suoi sodali in queste ore si arrampicano sugli specchi per la necessità politica che hanno di non perdere la faccia; sbandierano come una vittoria l’asserita legittimità dell’intera legge ma la sostanza dei fatti parla chiaro: la riforma leghista è ormai una scatola vuota, alla luce delle illegittime specifiche disposizioni dello stesso testo legislativo, indicate dalla Consulta”. Lo scrive in una nota Daniela Palaia, consigliera comunale e referente regionale dei Comitati per il ritiro di qualunque autonomia differenziata, l’unità della Repubblica e l’uguaglianza dei diritti.
“Ci sarà tempo e modo di leggere la sentenza con le sue motivazioni – scrive ancora Palaia – ma già dal comunicato diffuso dai giudici costituzionali si intuisce la gravità del colpo inferto al tentativo di spaccare il Paese. Basta infatti richiamare alcune disposizioni della legge Calderoli dichiarate incostituzionali per coglierne la portata: la possibilità che l’intesa tra lo Stato e la regione e la successiva legge di differenziazione trasferiscano materie o ambiti di materie, e non solo specifiche funzioni; la mancata prescrizione di una legge delega che stabilisca i criteri direttivi per emanare i successivi decreti; infatti, la legge Calderoli li indica nella legge di bilancio 197/2022, fatto che la Corte giudica incostituzionale, ravvisando in questo una lesione delle competenze del Parlamento; la possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali prevista per finanziare le funzioni trasferite, in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito; l’estensione della legge n. 86 del 2024, e dunque dell’art. 116, comma 3 della Costituzione, alle regioni a statuto speciale che, invece, per ottenere maggiori forme di autonomia, possono ricorrere alle procedure previste dai loro statuti speciali. Inoltre – continua la consigliera – la Corte afferma che il Parlamento non può essere spogliato delle sue prerogative di emendare le Intese; che la distinzione tra materie LEP e non-LEP non può pregiudicare la garanzia dei diritti civili e sociali; che la clausola di invarianza deve collocarsi in un quadro di valutazione complessiva della finanza pubblica, e dunque vanno definiti i fabbisogni per i LEP e, su questa base, decidere le poste finanziarie. La Corte infine pone al Parlamento il compito indefettibile di intervenire per colmare i vuoti creati con la dichiarazione di incostituzionalità di disposizioni-chiave della legge 86/2024.
Calderoli – conclude Palaia – ostenta disinvoltura rispetto a tutto questo e anzi si spinge fino ad affermare che anche altri pronunciamenti della Consulta non hanno impedito alle leggi vigenti di essere applicate. Cita il tema del fine vita, dimostrando il cinico disinteresse di certa politica verso i drammi umani, ma si rassegni all’idea che non avrà quella secessione che i leghisti inseguono da sempre. Perché se anche il Parlamento dovesse sanare le illegittimità costituzionali, saranno i cittadini con il voto referendario a cancellare la sua scellerata riforma”.