di Roberta Mazzuca – “Vincent disegna il volto del mondo, vede disegni e dipinti negli angoli più sporchi”. Non un semplice spettacolo sulla vita di Vincent Van Gogh, ma un vero e proprio viaggio tra le maglie più intime del suo vissuto e della sua arte. È questo ciò che è andato in scena, nelle serate del 24 e 25 febbraio, al Teatro “Rendano” di Cosenza, nella prima e unica tappa calabrese di “Van Gogh Café”, l’opera musicale scritta e diretta da Andrea Ortis che ha stregato oltre 3.000 spettatori arrivati da tutta la regione.
Uno spettacolo talmente curato, dall’interpretazione, ai costumi, all’atmosfera, alla tecnologia, e alla riproduzione fedele di ogni dettaglio, da sembrare quasi un film magistralmente partorito dal suo autore, che ne è anche l’attore protagonista. Da un libro, contente disegni e parole del grande pittore olandese, attraverso le lettere con il fratello Theo, si dipana la storia di uno dei più grandi artisti di sempre percorrendo, come in un viaggio a ritroso, le tappe più importanti del suo vissuto: dal periodo olandese, a quello parigino, fino alla sua prematura morte. Un turbinio di esperienze, emozioni, colori, turbamenti, che attraversano il pubblico in sala per mezzo della scena, ambientata in un Café Chantant parigino, e dei suoi protagonisti: l’antiquario Luise Philippe, interpretato dallo stesso Ortis, la cantante Madame Odille, messa in scena dalla carismatica Floriana Monici, Mademoiselle Aline (Chiara Di Loreto), Luc (Giulio Maroncelli), Eugenie (Lavinia Scott), Vanille (Serena Origgi), Juliette (Rebecca Erroi), e Camille (Lucrezia Zizzo).
Un café, dunque, una cantante, un barista, delle ballerine, l’antiquario, e un libro contenente una storia: quella di Van Gogh, artista ma anche uomo, geniale ma anche folle, amante del sole e dei colori del sud, ma cupo e tenebroso nelle sue personalissime fragilità. Una storia che racconta il senso di libertà insito nell’arte ma, al contempo, quello stesso sentimento di prigionia con cui l’artista solitario è chiamato a confrontarsi. A restituirlo, coreografie spettacolari di Marco Bebbu e del suo corpo di ballo, e incantevoli effetti 3D, dietro la “patina” di uno “schermo” che permette di essere, contemporaneamente, fuori e dentro la scena.
Così, tra un’esibizione e l’altra, tra l’interpretazione di artisti sublimi, è concesso alla platea di ammirare i grandi dipinti di Vincent Van Gogh. “I mangiatori di patate”, ad esempio, rappresentazione autentica dei contadini di Nuenen: “Un contadino è più vero coi suoi abiti di fustagno tra i campi, che quando va a Messa la domenica con una sorta di abito da società. Analogamente ritengo sia errato dare a un quadro di contadini una sorta di superficie liscia e convenzionale. Se un quadro di contadini sa di pancetta, fumo, vapori che si levano dalle patate bollenti – va bene, non è malsano; se una stalla sa di concime – va bene, è giusto che tale sia l’odore di stalla; se un campo sa di grano maturo, patate, guano o concime – va benone, soprattutto per gente di città”. O, ancora, “Campo di grano”, “Girasole”, “Iris” e, in chiusura, “Notte stellata”, una delle opere vangoghiane più celebri che racconta, in un blu in cui anche lo spettatore può completamente immergersi e perdersi, quell’inquietudine stessa che pervade l’artista. Quell’inquietudine e quel disagio raccontati non solo attraverso i suoi dipinti, ma anche per mezzo della sua stessa vita, con quel fare delicato e mai giudicante tipico dell’arte stessa: l’episodio di auto-mutilazione dell’orecchio, ad esempio, o l’internamento a Saint- Rémy. Esperienze e dipinti che riproducono la consapevolezza di una solitudine desolata e di un animo smarrito e allucinato, passando però attraverso la lucentezza dei colori di Vincent e dell’animo umano: giallo, arancio, rosso, viola, indaco, blu, verde, in una tavolozza di sfumature artistiche e sensoriali a dir poco travolgenti.
Ad accompagnare i colori e ogni altro aspetto visivo, la musica dell’Orchestra dal Vivo diretta dal maestro e chitarrista Antonello Capuano, con Matteo Iannaccio al violino, Angelo Miele al pianoforte, Marco Molino alle percussioni, Lorenzo Mastrogiuseppe al contrabbasso. Ammaliante, infine, lo sfondo musicale di grandi parolieri e cantanti francesi, tra cui Edith Piaf, Charles Aznavour, Mireille Mathieu, e Yves Montand. A completare il quadro le scenografie di Gabriele Moreschi e le atmosfere luminose e visive di Virginio Levrio.
Merito, dunque, al promoter Ruggero Pegna per aver fortemente voluto in Calabria questa straordinaria opera in apertura della 37° edizione di “Fatti di musica”, il Festival-Premio del Live d’Autore da lui diretto e organizzato. L’evento è anche inserito nell’altro suo progetto “Opere d’Arte”, che propone ogni anno grandi spettacoli legati alla letteratura o a personaggi storici. “Van Gogh Café” riceve, così, il Premio del Festival come “Migliore produzione dell’anno” consegnato a Lara Carissimi, produttrice dell’Opera per la Mic International Company, dalla presidente della Provincia di Cosenza Rosaria Succurro, insieme all’arcivescovo metropolita di Cosenza-Bisignano Giovanni Checchinato, presente alla prima insieme a tutte le massime autorità locali, dal prefetto Vittoria Ciaramella al questore Michele Maria Spina. Un grandissimo successo al di sopra di ogni più alta aspettativa, uno degli spettacoli di maggiore spessore, culturale, umano, artistico, professionale, che abbia mai preso vita nella città di Cosenza. Un racconto dedicato all’arte, arrivato dritto al cuore proprio per mezzo di variegate e variopinte forme d’arte: musica, ballo, recitazione, immagini, disegni di luce, giochi di grafiche, ed effetti 3D, creando un crescendo emozionale capace di tenere incollati alle poltrone ben oltre la fine della rappresentazione gli spettatori che, in un tripudio di applausi, ringraziano estasiati l’intero cast.
“E chi l’avrebbe detto che in un libro ci potessimo stare tutti, come in un café”.