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Suicidio Stefano Argentino: lo psichiatra reggino Nicola Pangallo dovrà far luce su eventuali negligenze nel carcere di Messina

Inizierà domani, 13 ottobre, l’attività peritale disposta dalla Procura di Messina per accertare eventuali responsabilità nel suicidio di Stefano Argentino, il giovane detenuto che lo scorso 31 marzo aveva ucciso Sara Campanella e che si è tolto la vita lo scorso agosto, prima dell’inizio del processo fissato per settembre.

Il giovane, accusato di aver ucciso a coltellate la 21enne studentessa di Misilmeri (Palermo), a Messina. Il giovane, collega di corso di Sara all’Università di Messina, era stato arrestato la sera stessa del delitto, rintracciato dai carabinieri a Noto, sua città d’origine, dove aveva confessato di aver commesso l’omicidio. Secondo la ricostruzione dell’accaduto, la mattina del delitto Sara stava uscendo dal Policlinico di Messina dopo una lezione quando ha percepito di essere seguita. Il suo persecutore era Stefano Argentino, che da tempo la perseguitava, invadendo la sua vita con un’ossessione che lei cercava disperatamente di allontanare. Il giorno dell’omicidio, Sara aveva cercato di mettersi in contatto con le sue amiche, avvertendole con un messaggio che suonava come un grido di allarme: “Il malato mi segue”.

Nel frattempo, sul suo cellulare Sara aveva registrato una conversazione con Argentino in cui gli ribadiva con fermezza la sua volontà di essere lasciata in pace. Le sue parole sono un documento doloroso: “Non voglio nulla con te, spero ora che tu sia stato chiaro”, e, di fronte alle continue insistenze del giovane, aggiungeva: “Ti fai film come se noi avessimo avuto chissà che cosa. Se c’è stato, c’è stato tipo un saluto e basta”.

Le indagini avrebbero messo in luce la pianificazione del delitto. Sul cellulare di Stefano Argentino i carabinieri hanno trovato una foto di Sara, scarabocchiata, accompagnata da una frase che esplicitava il suo intento omicida: “Dal sognarmi, a essere il tuo peggiore incubo…”.  Secondo l’accusa, Argentino avrebbe passato settimane a documentarsi sul web, cercando il modo migliore per infliggere il colpo mortale, scegliendo specifiche aree del corpo da colpire e acquistando un coltello su Amazon. Sebbene l’arma non sia mai stata ritrovata, la scatola del coltello è stata recuperata nell’abitazione che il giovane occupava a Messina, e le ferite inflitte a Sara sono state giudicate perfettamente compatibili con la tipologia di coltello acquistato.

Dopo aver confessato l’omicidio e dichiarato la propria colpevolezza, Argentino era in attesa del processo, fissato per settembre, quando la sua esistenza ha tragicamente avuto una fine. La causa del decesso: un suicidio, compiuto impiccandosi con delle lenzuola nel bagno della sua cella.

Sette persone sono finite sotto indagine: tra loro figurano la direttrice e la vice direttrice del carcere di Gazzi, oltre a psicologi e psichiatri che avevano avuto in cura il ragazzo. L’incarico di consulente tecnico è stato affidato al dottor Nicola Pangallo, psichiatra, consulente di diverse autorità giudiziarie in tutta Italia e coordinatore della medicina penitenziaria dell’Asp di Reggio Calabria.

Il compito dell’esperto sarà quello di stabilire se, nella gestione clinica e psicologica di Argentino, si siano verificate negligenze, imprudenze o omissioni da parte del personale penitenziario e sanitario. La perizia dovrà inoltre chiarire se i professionisti coinvolti abbiano agito nel rispetto delle linee guida e delle buone pratiche riconosciute dalla comunità scientifica, e se eventuali deviazioni da tali protocolli possano aver avuto un ruolo diretto nel tragico epilogo. Nel caso venissero riscontrate mancanze, il perito dovrà indicare con precisione a chi attribuirle.

A soli due settimane dal suicidio, Argentino era stato rimosso dalla sorveglianza speciale, dopo una serie di incontri con professionisti della salute mentale, che sembravano aver migliorato il suo stato emotivo. Tuttavia, il suo passato di sofferenza psicologica e la sua solitudine in carcere non sono bastati a prevenirne la fine tragica. Il dottor Pangallo dovrà proprio dare delle risposte e potrà farlo in forza delle sue convergenti competenze: psichiatra, con specializzazione nella psichiatria forense, nonché responsabile medico nel carcere di Reggio Calabria.

Il legale di Stefano Argentino, Giuseppe Cultrera, già nell’immediatezza, non aveva nascosto la sua indignazione, parlando di “un epilogo previsto”. A suo avviso, le istituzioni avrebbero fallito nel tutelare la salute mentale di Argentino, nonostante i segnali di disagio psicologico che erano stati evidenziati. Il legale, già negli scorsi mesi, aveva parlato di una richiesta di una perizia psichiatrica, che, se fosse stata accolta, avrebbe forse potuto evitare la morte del giovane, come avrebbe potuto forse prevenire anche l’omicidio di Sara Campanella.

La vicenda ha suscitato profondo sgomento anche tra le istituzioni locali. Dopo la morte del giovane, Lucia Risicato, garante dei detenuti di Messina, aveva espresso dolore e indignazione, denunciando la “scarsa attenzione del Parlamento e del governo verso il tema della salute mentale in carcere”. Risicato aveva inoltre sottolineato come Argentino fosse stato considerato a rischio suicidio fino a due settimane prima del gesto estremo, chiedendo chiarezza su cosa abbia portato a revocare quel regime di sorveglianza.

Secondo quanto emerso dalle indagini, il ragazzo avrebbe manifestato pensieri suicidari fin dal giorno dell’omicidio. Nelle note trovate sul suo cellulare, scritte mesi prima dei fatti, Argentino lasciava intendere un piano preciso, culminato nella frase: “La uccido e mi suicido”.

Mentre la famiglia di Sara Campanella si prepara a ricordarla con la laurea alla memoria che l’Università di Messina le conferirà il 23 ottobre, la giustizia tenta ora di fare luce su un’altra tragedia: quella di un giovane che, nonostante le segnalazioni e la vigilanza, è riuscito a morire dietro le sbarre.

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