Le condizioni di Arghillà, praticamente immutate da un ventennio, sono lì a testimoniare i numerosi fallimenti inanellati dalle Istituzioni centrali e locali nella gestione di quella che è da sempre una vera emergenza; un luogo in cui insieme all’emarginazione sociale perdura da decenni una gravissima emergenza ambientale plasticamente rappresentata dalle montagne di spazzatura che campeggiano nell’area di Modenelle.
Pur riconoscendo il ruolo essenziale di alcune realtà del territorio gestite da organizzazioni del terzo settore, appare evidente l’assenza dello Stato: Arghillà è un luogo in cui chiude il posto di Polizia, in cui non esiste una Scuola nonostante sia abitata da tantissimi bambini e adolescenti e i servizi sanitari, anziché essere garantiti dal settore pubblico, vengono in parte assicurati dal presidio di medicina solidale, imprescindibile per quest’area della città di Reggio, che svolge un ruolo di avamposto sanitario offrendo cure gratuite, ponendo al centro l’importanza della prevenzione.
In questo contesto è innegabile che esista una parte importante di Cittadini a cui viene negata una serie di diritti fondamentali: sicurezza, istruzione, servizi essenziali, igiene, salute e una sana rete di relazioni sociali ad Arghillà appaiono un fine a cui tendere piuttosto che una realtà.
Le disparità e le contraddizioni di Arghillà appaiono oltretutto amplificate in questi giorni di campagna elettorale in cui le parti politiche indugiano in una narrazione ovattata della Città di Reggio; la parentesi delle feste patronali, il festival del cinema, i concerti e il festival del gelato artigianale rappresentano solo una faccia della medaglia e l’emarginazione di Arghillà è sempre fermo lì a ricordarcelo.
Reggio è una Città a due velocità: da una parte il racconto autoprodotto della classe politica da tempo scollato dalla realtà e dall’altra le condizioni spesso degradate che i cittadini sono costretti a vivere nella loro quotidianità nei quartieri periferici, non solo ad Arghillà ma anche a Mosorrofa, Vinco, Paterriti e in generale in tutti i quartieri lontani dal salotto buono del centro cittadino.
Questo doppio binario narrativo emerge con la sua stridente contraddizione non solo nell’ambito delle periferie cittadine ma spesso anche nell’erogazione dei servizi, sullo sviluppo turistico reggino, sulle condizioni del mondo del lavoro, sugli spazi verdi della città.
Bisogna porre rimedio allo stato di abbandono delle periferie della Città di Reggio: occorre restituire ai quartieri la loro funzione sociale di luoghi di aggregazione e di convivenza civica, occorre cambiare strategia abbandonando la logica emergenziale e mettendo a regime una rete di strutture pubbliche capaci di controbilanciare il graduale abbandono mediante servizi al Cittadino, rafforzando e sostenendo l’alleanza con le organizzazioni del Terzo Settore.
Diventa anche necessario interrogarsi sulle scelte da compiere: se Arghillà debba in futuro essere considerata ancora un quartiere irrecuperabile o se la prospettiva di un modello di inclusione, urbanizzazione e rigenerazione sia tuttora valido e applicabile a quel contesto”.
Lo afferma in una nota Massimo Canale.