di Roberta Mazzuca – “Per il momento è confermato tra i nuovi ospedali solo quello della Sibaritide, mentre l’Azienda Ospedaliera di Cosenza non compare”. Questo uno dei dati più significativi e, parallelamente, allarmanti emersi nel corso del convegno organizzato dalla CGIL di Cosenza in merito al “Piano di riordino della rete ospedaliera e territoriale”, per il quale sono state evidenziate criticità e avanzate ulteriori proposte. Era il 2 luglio 2022 quando il sindaco Franz Caruso convocava una conferenza stampa per illustrare il progetto del nuovo ospedale di Cosenza che, nelle parole del primo cittadino, “avrebbe finalmente invertito la tendenza che aveva caratterizzato la città fino a oggi”. Una tendenza fatta di sanità al collasso, “idee rivoluzionarie” in ballo da vent’anni, scontri politici e ancora parole, e polemiche, e progetti mai realizzati. Una tendenza che, anche oggi, a giudicare dal documento e dall’attenta analisi che i sindacati ne hanno fatto nella Sala degli Specchi della Provincia di Cosenza, parrebbe rimanere tale, fissata nella sua rivoluzionaria ambizione soltanto in quel progetto pomposamente formulato e presentato più di un anno fa.
L’ospedale, figlio ancora di quella politica che propone progetti e annuncia epocali cambiamenti prima ancora di averne contezza e certezza, di quella politica che gioca al rimpiattino, di quella politica che facilmente promette e poi cambia idea, che si incontra e scontra nelle sue colpe e responsabilità, non figura nell’altrettanto maestoso piano di riordino. E, nel mondo magico che è ormai la Calabria, si torna a parlare delle solite vecchie questioni, come quella del sito in cui dovrà sorgere. Pareva deciso, quando il Sindaco con fermezza annunciava la sua costruzione nella zona di Vaglio Lise. E, invece, come per un’antica magia del rimbalzo, le carte tornano a rimescolarsi, e atavici temi che sembravano ormai superati si fanno nuovamente strada nel dibattito pubblico e politico: “La questione della scelta strategica dell’individuazione del sito di costruzione del nuovo ospedale si intreccia indissolubilmente con la scelta regionale di attivare in Calabria la seconda Facoltà di Medicina e Chirurgia presso l’Università – afferma Franco Masotti, segretario regionale CGIL Medici. “In quest’ottica, l’ubicazione del nuovo ospedale della provincia di Cosenza in prossimità dell’Unical consentirebbe la creazione di un Azienda Ospedaliera Universitaria, e quindi garantirebbe la formazione clinica degli studenti iscritti alla nuova facoltà anche nel secondo triennio universitario. Per quanto riguarda, infatti, l’accordo con l’Università della Calabria, il documento dei Ministeri affiancanti indica come modello organizzativo di riferimento l’Azienda Ospedaliera Universitaria”.
“Parlavate della costruzione del nuovo ospedale che non è contemplata, – afferma a tal proposito il consigliere regionale del Gruppo Misto Antonio Maria Lo Schiavo – ma questo vale per tutto il territorio calabrese. Nella mia città, ad esempio, a Vibo Valentia, c’è un ospedale che deve venire alla luce da oltre 30 anni. E ancora oggi, dopo che è stato nuovamente annunciato in Consiglio regionale l’avvio dei lavori di costruzione, passo ogni giorno da quella strada e trovo solo una guardiola con la vigilanza e una gru ferma. Possiamo ancora illudere i cittadini calabresi gettando loro fumo negli occhi?”.
Sono tante e disparate le questioni portate alla luce dai sindacati, ed è sempre il segretario Masotti, nella sua lunga e dettagliata introduzione, ad esporre punto per punto criticità e nuove prospettive. “Sulla questione dei posti letto a noi i conti non tornano” – afferma. “Intanto perché il decreto del 2016 prevedeva l’attivazione di 705 posti letto mai realizzati, attualmente ne sono previsti 733. Ma, ed è questo il punto, manca una parte dei posti letto di terapia intensiva e sub intensiva programmati dalla riorganizzazione della rete ospedaliera del DCA di giugno 2020 che prevedeva un aumento di 34 posti letto in terapia intensiva e 28 in semi-intensiva, e l’esecuzione di interventi di riorganizzazione e ristrutturazione del Pronto Soccorso con l’obiettivo di separare i percorsi dei pazienti in attesa di diagnosi. I fondi stanziati dal Decreto Rilancio sono in gran parte rimasti inutilizzati e sono stati inglobati nel PNRR, diventando da emergenziali a strutturali”.
Tra le proposte, quella di destinare una parte del presidio ospedaliero “Mariano Santo” ad accogliere l’Ospedale di Comunità/Territoriale della città di Cosenza, “intanto per vocazione storica, poi perché potrebbe essere sede di servizi di diagnostica chimico-clinica e strumentale da offrire alla cittadinanza per ampliare l’offerta sanitaria, dal momento che l’unico laboratorio di analisi territoriale è quello del Poliambulatorio di Rende”.
Ma anche “tentativi interessanti” quelli evidenziati dalla CGIL nel suddetto piano, come “individuare strutture che possano garantire quella continuità di cure tanto agognata fra l’ospedale e il territorio, che tuteli il paziente anziano e fragile con dimissioni e ricoveri protetti e che eviti l’accesso in Pronto Soccorso per gli anziani in carico alle cure domiciliari”. Si sta parlando dei cosiddetti Ospedali di Zona Disagiata e Territoriali, per realizzare i quali saranno riconvertiti i presidi ospedalieri di Acri e San Giovanni in Fiore, ma con sostanziali differenze: infatti, mentre per Acri sono previsti i servizi di Day Hospital, Day Surgery, Medicina Generale, Emodialisi e Oncologia, per San Giovanni in Fiore si prevede soltanto l’attivazione del servizio di oncologia e di sistemi informatici di collegamento con lo Spoke di riferimento, che è quello di Paola.
E si arriva a un altro dei punti salienti, quello al collasso ormai totale, il sistema regionale di emergenza-urgenza. “Nella programmazione risalente al 2016 – spiega ancora Masotti – il totale dei mezzi di soccorso era pari a 42, nell’ultimo decreto commissariale si prevedono in totale 71 mezzi ‘riorganizzati’, dei quali 35 ambulanze con medico e infermiere a bordo, 23 mezzi di soccorso di base, e 13 ambulanze di presidio. Per quanto riguarda la governance, è centrale il ruolo di Azienda Zero a cui la Regione ha assegnato la direzione, il coordinamento e il monitoraggio del sistema regionale di emergenza-urgenza”. L’emergenza sanitaria territoriale in Calabria, spiegano ancora i sindacati, sarà gestita da una centrale operativa 118 suddivisa in tre sale operative, una situata presso la Cittadella regionale a Catanzaro, la seconda a Cosenza e la terza a Milano presso la sede AREU.
Un discorso aperto la realizzazione degli ospedali pediatrici di comunità, di cui, spiega la CGIL, “nel documento regionale di programmazione non vengono indicati numeri e sedi”. Ma, il problema dei problemi è, dice il segretario Masotti, “quello del fabbisogno di personale. Si parla di 1.500 assunzioni. Se è vero, come è vero, che per fare un concorso un’Asp di questa regione ha impiegato 974 giorni, probabilmente se ce la facciamo per il 2030 assumiamo tutti”. E infine, “grande assente la questione della salute mentale”.
Presente anche la segretaria generale Funzione Pubblica, Serena Sorrentino, che pone l’accento sulla dignità professionale del personale sanitario, “che deve essere restituita tramite stipendi più alti e condizioni di lavoro efficienti, perché la qualità del lavoro in sanità significa qualità della cura. L’errore sta nell’aver trasformato la cura in prestazione”.
“Bisogna fare attenzione tra la percezione dei cittadini, degli operatori e del discorso che sentiamo fare alla politica” – prosegue. “Se l’ambiente sanitario è un luogo ostile per chi ci lavora, difficilmente diventerà attrattivo. Non è uno slogan dire, ad esempio, che bisogna sospendere il numero chiuso, perché la cura è qualcosa di più complesso che il semplice superamento della malattia. E non esistono programmi di risanamento come quelli che stanno facendo a Caivano, dove al disagio rispondo con le ruspe, e abbattendo quello che c’è”.