Il ROS dei Carabinieri, con il supporto in fase esecutiva del Comando Provinciale Carabinieri di Reggio Calabria e dello Squadrone eliportato carabinieri Cacciatori “Calabria” – coordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria diretta dal Procuratore della Repubblica f.f. dr. Giuseppe Lombardo, ha dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Reggio Calabria, nei confronti di 4 soggetti ritenuti di far parte della cosca Labate, articolazione ‘ndranghetista egemone nel quartiere Gebbione di Reggio Calabria, indagati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso.
Blitz contro la ‘ndrangheta a Reggio Calabria. Tre le persone arrestate dai carabinieri del locale Comando provinciale: si tratta dei fratelli Michele e Francesco Salvatore Labate, ritenuti al vertice dell’omonima cosca, e Paolo Labate, figlio di Michele, tutti e tre in carcere, e Antonino Laganà ai domiciliari.
L’indagine del Ros, avviata nel 2019 e che rappresenta una prosecuzione della precedente denominata ‘Heliantus’, ha consentito di ricostruire gli assetti della cosca, riattualizzandoli a seguito degli arresti della scorsa operazione, individuandone il vertice nei fratelli Labate in virtù dello stato di detenzione dei fratelli Antonino Labate e Pietro Labate, quest’ultimo da sempre capo carismatico del sodalizio; il controllo del territorio da parte di Michele Labate il quale, per ridurre i rischi di esposizione alle indagini delle forze di polizia, aveva organizzato una rete di comunicazioni attraverso incontri riservati presso luoghi ritenuti sicuri, utilizzando fidati fiancheggiatori per ‘schermare’ gli appuntamenti; la pressione su commercianti e imprenditori del territorio, continuamente vessati con l’imposizione di prodotti alimentari e richieste estorsive. In tale contesto, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, Paolo Labate, anche per conto del padre Michele, durante il periodo di carcerazione, manteneva rapporti con gli imprenditori legati alla cosca, agevolando la loro infiltrazione in settori economici profittevoli tra cui quello della grande distribuzione alimentare.
È stata, inoltre, documentata la disponibilità da parte dei fratelli Labate di fidati collaboratori, tra cui Antonino Laganà, incaricato di veicolare messaggi e ‘ambasciate’, riscuotere i guadagni delle estorsioni, eseguire azioni ritorsive e mantenere rapporti con i rappresentanti della comunità rom al fine di consentire alla cosca il controllo sulla microcriminalità del territorio.