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Cassazione contro il Tribunale per i Minorenni e la Corte d’Appello di Reggio Calabria: annullato il decreto sugli incontri obbligati con i nonni

È stata notificata ieri, 12 maggio 2025, l’ordinanza con cui la Corte di Cassazione ha annullato il decreto emesso dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria e, prima ancora, dal Tribunale per i Minorenni della stessa città. Si trattava di un provvedimento che imponeva a un bambino di riprendere i rapporti con i nonni paterni, anche con modalità forzate e l’intervento della forza pubblica in caso di opposizione materna. Una decisione che, per nove lunghi anni, ha gravato su una madre e sulla sua famiglia, obbligate a difendersi da un sistema giudiziario che – secondo quanto stabilito oggi dalla Suprema Corte – ha completamente ignorato il reale interesse del minore. Il caso era nato nel 2019, quando i nonni paterni – rimasti per anni assenti dalla vita del nipote – avevano invocato il diritto a mantenere “rapporti significativi” con il bambino. Il contesto era, ed è, estremamente complesso: famiglia disgregata, padre detenuto, episodi di violenza pregressi, denunce e un profondo conflitto tra adulti. In tutto questo, nessun legame reale si era mai costruito tra il bambino e gli ascendenti paterni. Eppure, il Tribunale prima e la Corte d’Appello poi avevano accolto l’istanza dei nonni, ordinando incontri in spazi protetti, con la minaccia – in caso di resistenza – di intervento coattivo tramite ASP o Questura. La Cassazione ha smontato questo impianto, giudicandolo in contrasto con i principi costituzionali e convenzionali che tutelano l’infanzia. I giudici di legittimità hanno chiarito che non è sufficiente accertare l’assenza di un danno per il minore: serve invece dimostrare, in termini positivi e concreti, che quella relazione porti un beneficio autentico per lo sviluppo affettivo, relazionale ed educativo del bambino. Tanto più – ha osservato la Corte – quando si tratta di ricostruire da zero un rapporto mai nato, in un contesto familiare segnato da dolore, ostilità e ferite mai rimarginate. Gravi le censure anche sotto il profilo istruttorio: i giudici del merito non hanno mai disposto una consulenza tecnica sui nonni, né hanno valutato la loro effettiva capacità relazionale e affettiva. Hanno ignorato le relazioni contrarie dei servizi sociali, che da anni mettevano in guardia su un eventuale avvio coatto degli incontri. Hanno preferito affidarsi a due relazioni datate 2021, che peraltro non valutavano affatto la figura degli ascendenti. Da qui, la decisione della Suprema Corte di annullare il provvedimento in toto, rinviando la causa a Reggio Calabria solo per la liquidazione delle spese processuali. A rappresentare la madre del minore è stato l’avvocato Miraglia di Modena , da sempre attivo nella difesa dei diritti dell’infanzia nei procedimenti familiari più delicati. Le sue parole, dopo la notifica dell’ordinanza, hanno il peso di un lungo percorso finalmente riconosciuto: “Oggi è stata notificata la decisione e siamo felici, davvero felici per il bambino, per la madre e per tutta la famiglia che da nove anni ha dovuto combattere con i servizi sociali, con i curatori e, purtroppo, anche con i tribunali. È una giornata di giustizia. Finalmente si è messo al centro il bambino, la sua voce, il suo vissuto. I bambini non si costringono a costruire legami. Si ascoltano, si proteggono, si rispettano. Questo è ciò che oggi la Corte ha sancito.” La sentenza è destinata a fare scuola. Ribadisce un principio fondamentale: l’articolo 317-bis del Codice civile, che riconosce agli ascendenti il diritto a mantenere rapporti significativi con i nipoti, non può mai essere applicato meccanicamente. Non tutela il “diritto di visita” dei nonni, ma solo quando e se tale legame corrisponde all’esclusivo interesse del minore. Non basta l’assenza di danno, serve un vantaggio reale. Un legame che nutre, non che pesa. Con questa pronuncia, la Cassazione ha richiamato tutta la giustizia minorile a un esercizio di responsabilità: non è compito del giudice riparare a ogni rottura familiare imponendo rapporti artificiali. È suo dovere, invece, evitare che il minore diventi un campo di battaglia tra adulti, o uno strumento di compensazione emotiva. Il diritto degli adulti finisce dove comincia il benessere del bambino. Oggi, la giustizia ha fatto proprio questo.

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