“Pochi possono dirsi: “Sono qui”. La gente si cerca nel passato e si vede nel futuro” - Georges Braque
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Cosenza città green? Viaggio nelle viscere di un catastrofico ecosistema urbano [FOTOGALLERY]

di Roberta Mazzuca – Risale a qualche settimana fa la notizia che vede Cosenza cavalcare i primi posti tra le città più green. Sulla base di 18 indicatori distribuiti in sei aree tematiche (aria, acque, rifiuti, mobilità, ambiente urbano ed energia), il nuovo report “Ecosistema Urbano 2022” di Legambiente colloca Cosenza nella top ten, accanto a città come Bolzano, Trento, Belluno, e Reggio Emilia. Cosenza unica città del sud, dunque, ad entrare in questa ambita graduatoria. I numeri, si sa, dicono sempre la verità. Quasi sempre. E forse non in questo caso. Difatti, se i numeri dicono che la città bruzia è tra le più virtuose in quanto a sostenibilità ambientale, la qualità della vita di chi sguazza ogni giorno in un mare di rifiuti, tra un verde urbano che verde è solo sulla carta, e tra i ratti che oramai sono diventati padroni indiscussi di molti quartieri, dice esattamente il contrario. Tant’è che fu quasi divertente leggere, accanto alla notizia “Cosenza virtuosa”, le milioni e milioni di segnalazioni di cittadini ormai stremati e indignati dalle condizioni di vita a cui sono costretti. Notizie di una Cosenza invasa dai rifiuti, di una Cosenza invasa dalle buche, di una Cosenza poco sicura, di una Cosenza allo sbaraglio.

Dove sta, allora, la verità? Al di là di numeri, report e statistiche varie, se Legambiente visitasse Cosenza e toccasse con mano il degrado e la sporcizia che la popola, sarebbe ancora concorde nell’indicarla come una delle città più ecosostenibili? La risposta, come sempre, sta nelle immagini che fotografano la realtà. Stavolta, non solo in quelle, ma anche nelle parole dei cittadini qui documentate, che restituiscono un’immagine ancor più chiara e degradata di quanto già non sia visibile a occhio nudo. La disamina dell’insieme delle aree urbane, come si legge nel Report, “è disponibile grazie al sistema di valutazione di ‘Ecosistema Urbano’ che esamina oltre 30mila dati raccolti attraverso questionari inviati da Legambiente ai 105 Comuni capoluogo e informazioni di altre fonti statistiche accreditate”. E forse proprio qui nasce l’inghippo, nella raccolta dei dati. A guardare Cosenza dall’interno, e non dalle statistiche, difatti, il panorama che si prospetta dinnanzi agli occhi non è certo quello di una città virtuosa ed ecosostenibile ma, al contrario, di un luogo in cui le buone pratiche non hanno ancora attecchito e dove le amministrazioni sono, in alcuni casi, ancora più incuranti dei cittadini stessi.

Il quartiere-discarica di via Popilia e il caso dell’ultimo lotto

“Nulla tornerà più come prima. Durante e dopo il lockdown del 2020 queste parole sono state usate in più occasioni. A leggere questa edizione di ‘Ecosistema Urbano’, con i dati sullo stato di salute dei capoluoghi di provincia del nostro Paese relativi al 2021, non sembra andata così. È la conferma di quello che è visibile in tante città italiane, dove è tornata l’immobilità sulle strade intasate dalle auto, la presenza di mini-discariche intorno ai cassonetti, la coltre grigia di smog che ostacola la vista del cielo azzurro, la colorazione di alcuni fiumi inquinati da scarichi civili e industriali non depurati, solo per fare alcuni esempi noti a milioni di cittadini”. Sono queste le parole del presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani in apertura del report 2022. Parole che, a leggerle, sembrano fotografare proprio la realtà cosentina, fatta, per citare solo uno dei tanti esempi, di maxi più che mini discariche. Discariche che non si limitano ai confini dei cassonetti, non restano circoscritte, ma coinvolgono interi quartieri, diventando parte del catastrofico ecosistema bruzio.

Un esempio che vale per tutti è il grande quartiere popolare di via Popilia, diventato oramai un vero e proprio caso di degrado, inciviltà, e abbandono delle istituzioni. Una maxi discarica a cielo aperto che nessuno sembra vedere, o meglio, voler vedere. Partendo dal primo dei lotti, e spostandosi di palazzina in palazzina, i cumuli di rifiuti di ogni genere sono evidenti, nessun angolo ne è privo, e l’immondizia sembra ormai far parte del quartiere come un soprammobile a cui non si riesce a fare a meno. Ma è arrivando all’ultimo dei lotti che la situazione peggiora drasticamente, aprendo le porte a una visione degna dei migliori film horror. Lungo le strade, sui marciapiedi, accanto agli alberi o ai pali della luce, pile e pile di rifiuti di ogni sorta. Water, divani, poltrone, librerie, mobili, ferri da stiro, interi soggiorni e camere da letto. Un materasso, perfino, macchiato da quelli che, a occhio nudo, hanno tutta l’aria di essere escrementi. Un’infinità di sacchi neri e sacchetti di plastica contenenti interi mondi, e a fare da sentinelle a questo nuovo ecosistema stormi di piccioni e di cornacchie, che scrutano chiunque osi avvicinarsi, quasi a difesa di una fortezza del tutto personale.

Non solo loro tra i sacchi di pattume. Quei sacchi si muovono, si agitano, e non è certo il vento a provocarne il fruscio, in un tranquillo e soleggiato pomeriggio. Sono i topi, ratti di considerevoli dimensioni, che corrono tra un sacco e l’altro, tra un rifiuto e l’altro, diventando i veri abitanti di quello che è ormai un quartiere alla deriva. Dal punto di vista ambientale, dal punto di vista civile, soprattutto dal punto di vista igienico e sanitario. Difficile immortalarli con uno scatto, perché furbi e veloci sono ormai padroni del territorio, e avvicinarsi troppo non è raccomandabile. Ma i nostri obiettivi ci sono riusciti, e tra persone che scrutano curiose, altre che intimano di non impicciarci, e altre ancora che, come fosse la cosa più normale del mondo, gettano proprio davanti ai nostri occhi cinque-sei sacchi ricolmi di immondizia, nessuna auto della polizia si scorge all’orizzonte, nessun controllo, nessun accenno di disapprovazione.

L’aria è pesante, l’odore putrido, e il clima delinquenziale. Sembra di essere nel bronx. E se è vero, come ci dice il presidente della Commissione ambiente Massimiliano D’Antonio, che “questa spazzatura la fanno i residenti”, è pur vero che i controlli non ci sono e che il quartiere risulta totalmente abbandonato a se stesso. Perché non si presidia il territorio con dei controlli mirati? Perché non si multano i residenti incivili e irrispettosi? Perché ci si ostina a nascondere la testa sotto la sabbia di fronte a quella che è, invece, una vera e propria emergenza sanitaria?. “Ogni volta, per fare lo smaltimento di questi cumuli, spendiamo un sacco di soldi” – ci dice ancora D’Antonio. “Vogliamo mettere le fototrappole, stiamo studiando un modo, su queste zone, come ultimo lotto, via degli stadi, santo vito, vaglio lise, per poter migliorare la situazione”. Certo è che, a vedere queste immagini, l’idea della città green risulta, si può ben dire, del tutto ridicola.

Via XXIV Maggio e via delle Medaglie d’Oro invivibili: Commissione Ambiente e cittadini a confronto

E a riprova del fatto che non si tratta della situazione particolare di un singolo quartiere, bensì di un disagio vissuto dall’intera città, la protesta avanzata negli scorsi giorni da alcuni cittadini residenti a un passo dal salotto buono del capoluogo bruzio, in via XXIV Maggio e via delle Medaglie d’Oro. I disagi sono talmente forti, le problematiche talmente pesanti, e le proteste particolarmente sentite, che la Commissione congiunta Ambiente e Verde del Comune di Cosenza, presiedute rispettivamente da Massimiliano D’Antonio e Alessandra Bresciani, ha incontrato commercianti e rappresentanti del Comitato di quartiere per cercare di fornire soluzioni a questioni di cui, c’è da dirlo, l’amministrazione avrebbe il compito di farsi carico senza attendere esasperate sollecitazioni.

Anche qui, alberi utilizzati come cassonetti, servizi di raccolta insufficienti, degrado, abbandono, paura. “Noi abbiamo un punto di raccolta concordato con ‘Ecologia Oggi’, – afferma una rappresentante della ‘Cooperativa Due Fiumi’ – ed è lì, a quell’albero. Però ogni giorno facciamo le segnalazioni, in tempo quasi reale dovrebbero venire a ritirare, e questo non avviene”. “Tutto questo lo vedrete fino a quando non ci sarà il nuovo contratto, vi chiedo di avere un po’ di pazienza” – ribatte la Bresciani. “E fino a quando dobbiamo aspettare?” – chiedono i cittadini. “Fino a giugno”. “E ai topi cosa diciamo?” – rispondono con amara ironia.

“Non c’è solo la questione della pulizia” – continuano. “Innanzitutto, ‘Ecologia Oggi’ mi dice che dopo due ore dalla segnalazione verranno a ritirare, e questo non avviene, ne passano 24, e poi giorni, settimane e mesi. E questo può essere risolto se intervenite come amministrazione”. I problemi denunciati sono molteplici. L’illuminazione della piccola villetta di quartiere, la sicurezza, le strade “colabrodo”: “Ho chiamato spesso i carabinieri perché lì, su quella strada, c’è un angolo particolare” – afferma un signore. “Mi hanno risposto che devono passare dalla strada principale perché ci sono i negozi. Non so più a chi dobbiamo rivolgerci. Quantomeno un po’ più di pulizia su questa strada, l’illuminazione, e un po’ di asfalto perché qui si rischia anche di farsi male”.

“È diventato un ambiente ghetto, – dice ancora un altro – abbiamo denunciato tantissime volte, la politica deve intervenire. Siamo stanchi. Le foto, le segnalazioni alle passate e nuove amministrazioni sono molteplici, lo sapete tutti”.

“Vogliamo controllo” – si lamenta una signora. “Devo poter portare fuori il mio cagnolino senza essere presa con le pietre, con i petardi. Sono passati sedici anni, e sulla raccolta dei rifiuti andiamo sempre peggio. Si sono avvicendate amministrazioni di destra, di sinistra, è sempre lo stesso schifo” – dicono ancora. Tantissime testimonianze, tantissime denunce. Tutte evidenziano problemi rilevanti da un punto di vista ambientale e da quello che concerne la sicurezza e la vivibilità di un territorio, anche questo, decisamente vasto. Soprattutto, l’idea che restituiscono i cittadini è quella di un vero e proprio ghetto. La stessa sensazione che ha restituito il breve e intenso tour lungo le strade di via Popilia, e lungo quelle di tantissime altre zone della nostra “città green”.

“Io vengo da Santa Lucia, dove la situazione di ghetto è ancora più grave” – interviene il consigliere Francesco Alimena. “Da una parte c’è un problema che l’amministrazione può risolvere, ossia aggiungere l’illuminazione che non c’è e, nel caso, accogliere anche questa proposta che voi fate di chiudere la cancellata del parco con una porta, o la raccolta dei rifiuti. Per quanto riguarda invece il controllo dei territori, abbiamo in mente di fare un protocollo tra il Comune e la Questura per cominciare un lavoro condiviso. Poi, siccome si vede che tenete alla villetta, il Comitato di quartiere potrebbe attivare i patti di collaborazione e interloquire con l’amministrazione”.

“Questo quartiere ha avuto un’involuzione repentina, e molti vanno via, perché Cosenza, questa Cosenza, non la vogliono. E siamo a due passi dal centro, all’angolo di Corso Mazzini” – ci tengono a concludere alcuni cittadini. “Noi siamo entrambi avvocati, e la gente ci dice ‘come fate a vivere qui, ad avere lo studio qui’? Il Comune non può rimanere inerme di fronte a problemi macroscopici”.

I parchi degli orrori e il parco inclusivo più grande d’Europa

Non basterebbe una vita intera a disquisire sul problema dei rifiuti nella città di Cosenza. E sull’argomento non mancherà occasione di tornare. Una città green, però, come il nome suggerisce, è anche una città verde. E sicuramente Cosenza ha degli spazi verdi a disposizione. Ma come sarà la qualità di questi spazi? Saranno davvero green, o altri numeri da segnare e stilare per le prossime classifiche? La risposta non piacerà a nessuno e, forse, non sconvolgerà neanche nessuno. Il Dispaccio aveva già documentato le disastrate condizioni in cui versa il principale parco della città di Rende, il Parco Robinson, dove gli animali si lasciano morire, l’immondizia abita il verde e, più che un parco giochi, tutto ricorda un parco degli orrori.

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Ed è di poche settimane fa l’annuncio che proprio il Parco Robinson diventerà, insieme a quello Nicholas Green immediatamente adiacente, il parco inclusivo più grande d’Europa, con un finanziamento di 716.645 euro. La visita è d’obbligo, allora, anche a quest’ultimo, in cui si sperava di poter documentare uno stato di cose positivo e propositivo. Che senso avrebbe, infatti, unire i due principali parchi delle due città, che senso avrebbe investirci tempo e denaro, che senso avrebbe perfino costruire nuovi spazi verdi, come già è stato fatto, se questi spazi non vengono poi curati e messi realmente a disposizione della collettività? Che senso ha creare nuove e più devastanti discariche abusive?

Osservandolo da lontano, il parco Nicholas Green, a onor del vero, era parso curato e ben tenuto. Ma l’apparenza, si sa, inganna, e al primo passo varcato all’interno, la situazione si era presenta pessima. Nelle ultime settimane il sindaco di Cosenza, Franz Caruso, aveva annunciato una “svolta green”, con l’obiettivo di piantare in città 200 alberi. Proprio alla luce di queste dichiarazioni, osservare la condizione degli alberi già esistenti, ad esempio proprio nel Nicholas Green, non promette certo bene. Piante devastate, rami e interi alberi tagliati, bruciati, sfasciati, o utilizzati come le solite discariche comuni.

La maggior parte dei giochi presenti inutilizzabili. Altri vandalizzati, con immagini non di certo adatte a dei bambini. Telecamere di sicurezza completamente assenti. E perfino l’area dedicata agli amici a quattro zampe, idea meravigliosa sulla carta, a vederla nella realtà, con sacchi appesi alle recinzioni al posto degli appositi cestini, con erba altissima, e una lunga desolazione fatta di nulla misto a sporcizia, pare più una gabbia da canile in cui rinchiuderli.

Per non parlare, poi, del cosiddetto Parco del Benessere. Un parco che, già negli elementi basilari, viene a mancare di ciò che la stessa definizione richiede. Un parco, si sa, dovrebbe essere immerso nel verde, dovrebbe essere un’area in cui poter fruire della natura nella totale tranquillità che la stessa concede. Il Parco del Benessere è, invece, un lungo percorso che, tra lo smog delle auto, tra mille cantieri cittadini, e immondizia, e palazzi, e ancora l’idilliaca visione dell’istituto penitenziario, conduce dall’ultimo lotto di via Popilia al centro di Cosenza, a un passo da Palazzo dei Bruzi.

Di benessere, a queste condizioni, ce n’è ben poco, e di piste ciclabili, altro elemento che rende una città ecosostenibile, ancor meno. La pista c’è, interrotta nei punti più pericolosi, che a pensare di prendere la bici una certa ansia pervade il cuore. Gli attraversamenti pedonali sono di dubbia logica, alcuni inesistenti, altri interpretabili, e con semafori non funzionanti. Per non parlare delle buche e del manto stradale che fa acqua da tutte le parti, rattoppato continuamente, e pieno di voragini ancor più grandi delle precedenti.

L’ultima quella apertasi all’autostazione dove, complice una rottura idrica e le frequenti piogge, si è trasformata in una vera e propria voragine. Una città, insomma, che si potrebbe definire in tanti modi: città-cantiere, città-voragine, città-monnezza. Certo, a chi in questa tormentata città vive, non verrebbe mai in mente di definirla “città-green”. Forse, un giorno, ci si augura, lo diventerà. Ma, volendo citare il grande cinema, “non è questo il giorno”.

Un caso virtuoso: ‘Rimuseum’, il museo dedicato al tema dei rifiuti

Giunge al termine, solo per il momento, questo corposo reportage, con una nota positiva. Esiste, infatti, a Rende, l’unico museo in Italia dedicato interamente al tema dei rifiuti, ed ha il nome di ‘Rimuseum’. Una realtà virtuosa che, insieme all’orto botanico, al museo di zoologia, quello di paleontologia, e quello di mineralogia e petrografia, dal dicembre 2021 fa parte del Sistema Museale dell’Università della Calabria. “Rimuseum nasce nel 2010” – spiega ai microfoni del Dispaccio Vittoria Carnevale, direttrice del Sistema Museale Universitario. “Si tratta dell’unico museo scientifico dedicato interamente al tema dei rifiuti, dalla prevenzione alla produzione fino al corretto smaltimento”. Un museo che offre al territorio una serie di servizi: la visita guidata, il cui target è essenzialmente il mondo scolastico e universitario proveniente anche da fuori regione; laboratori scientifici, didattici e di riciclo creativo; i seminari.

“Il Rimuseum ha come obiettivo centrale quello di far comprendere al visitatore, al cittadino, alla famiglia che viene qui in visita che la cosa più importante è prevenire la formazione del rifiuto con i nostri buoni comportamenti. Facciamo comprendere come il nostro stile di vita possa essere meno impattante da questo punto di vista e quindi come possiamo produrre meno rifiuti. E una volta che il rifiuto è prodotto, come deve essere smaltito nel modo migliore e qual è il ruolo del cittadino per far sì che il rifiuto venga smaltito correttamente, a cominciare dal fare in maniera coerente e consapevole la raccolta differenziata”. E questo, in città come Cosenza o Rende, in cui il fenomeno dell’abbandono dei rifiuti è diffusissimo e in cui molti non sanno ancora come si fa una corretta raccolta dei rifiuti, rappresenta un aspetto decisivo e fondamentale.

Un compito, dunque, essenzialmente educativo, e di ricerca scientifica. Vedere il rifiuto come una risorsa, “far percepire il tesoro nascosto nei nostri rifiuti”. E a questo scopo sono pensati gli allestimenti, che si sviluppano su tre piani. “Quando inizia il giro della visita guidata al Museo, solo la prima stanza è oppressiva, e fa percepire il grosso problema dei rifiuti, con l’uomo spinto in avanti sommerso dagli stessi” – spiega la direttrice. Una grande installazione artistica, una figura antropomorfa creata da vecchi televisori a tubo catodico, che trasmette suggestive immagini e spezzoni di video che si trovano lungo il percorso espositivo.

“Poi si continua mostrando l’impatto dei rifiuti nel suolo, nell’aria e nell’acqua. Dopo questa inclusione un po’ terrificante, il resto della visita è incentrata a far vedere come il rifiuto possa diventare una risorsa”. Si possono osservare le collezioni sul tema “Un mondo sommerso dai rifiuti” dove si è visivamente “aggrediti” da allestimenti in cui accampano rifiuti “autentici”, scritte writer urbano, video e suoni che catapultano nel mondo dei rifiuti e del consumo delle risorse. Il viaggio negli allestimenti della collezione “Rifiuti come risorsa” porta, poi, il visitatore nella visione di insieme della gestione dei rifiuti, dalla prevenzione allo smaltimento passando per la raccolta differenziata e tutta l’impiantistica. La dimensione di questa collezione è quella più vicina al quotidiano, a partire dai consumi dei singoli nuclei familiari fino all’organizzazione della raccolta dei rifiuti e al loro smaltimento, con approfondimenti scientifici sul funzionamento delle discariche, dei termovalorizzatori e degli impianti di selezione e riciclaggio dei materiali.

“Per stimolare ancora di più l’interesse dei ragazzi cerchiamo sempre di aggiornare i nostri contenuti e farli ricadere nella vita reale. Ad esempio, abbiamo appena concluso la settimana europea del riuso dei rifiuti. Abbiamo dato avvio a un laboratorio in cui facevamo un’analisi dell’impatto ambientale del nostro armadio, cioè quanto è impattante e inquinante l’industria tessile. Gli impatti sono enormi, e li abbiamo fatti vedere. Ma abbiamo anche fatto vedere come marchi della moda, anche di alta moda, adesso siano orientati nella rigenerazione, quindi nel riciclare i tessuti e proporre il capo di abbigliamento fatto in materiale riciclato. In questo modo il visitatore entra con un’idea di rifiuto ed esce con un’idea di risorsa”.

“Se il ciclo di gestione dei rifiuti non è corretto, – precisa ancora – questi ultimi sono la più grande fonte inquinante che abbiamo al mondo. Tutti i problemi ambientali nascono dalla produzione di rifiuti. Non dobbiamo pensare solo al rifiuto solido, ma ai rifiuti che vanno nell’acqua, ai rifiuti che vanno nel suolo, e a quelli che vengono immessi nell’atmosfera”.

Le chiediamo, allora, in maniera provocatoria, cosa ne pensa del riconoscimento green assegnato alla città di Cosenza: “Cosenza e Rende hanno tanto verde cittadino, hanno servizi di raccolta dei rifiuti che vanno abbastanza bene, cittadini che si comportano bene all’80%, perché i bambini e i ragazzi che vengono qui sanno come devono fare la raccolta differenziata, e il merito va sicuramente ai Comuni. Potrebbero fare tantissimo, mancano sia a Cosenza che a Rende politiche per incentivare spostamenti con trasporto pubblico, però posso dire che hanno fatto passi da gigante verso città green, smart e più accessibili”. Le immagini documentate mostrano, purtroppo, qualcosa di diverso, e al lettore la libertà di crearsi un’opinione. Di sicuro, la realtà del ‘Rimuseum’ è una delle note positive che restituiscono un po’ di speranza in un futuro migliore, più pulito, più rispettoso, più green.

“La fogna è la coscienza delle città. Tutto vi converge, tutto vi si mette a confronto; è buio in quel livido luogo, ma non vi sono più segreti. Ogni cosa ha la sua forma vera, o almeno definitiva, poiché il mucchio di spazzature ha in suo favore di non esser bugiardo” (Victor Hugo, I Miserabili).

 

 

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