«Quella relativa alla realizzazione del nuovo ospedale di Catanzaro è una questione che non può e non deve essere affrontata con leggerezza né con logiche di schieramento politico: parliamo del diritto alla salute dei cittadini calabresi e, in particolare, del futuro della sanità nella città capoluogo di Regione». Lo afferma in una nota la consigliera regionale del Partito Democratico Amalia Bruni, che ieri aveva raccolto l’invito del sindaco Nicola Fiorita e del civico consesso, partecipando alla seduta del consiglio comunale convocato sul delicato tema, poi saltata per mancanza del numero legale.
«Stiamo vivendo un paradosso – prosegue Bruni –. Si dice che “i soldi ci sono”, ma la realtà è ben diversa. Intanto è utile fare chiarezza storica: fu l’allora presidente della Regione Agazio Loiero, nel 2007, a pretendere l’inserimento di Catanzaro nella programmazione per i nuovi ospedali, attraverso un finanziamento di 99 milioni di euro. Catanzaro venne effettivamente inclusa anche sotto il profilo economico nell’ambito dell’Accordo di Programma Quadro (APQ), ma con un vincolo: i fondi erano subordinati alla fusione tra le aziende ospedaliere, che non si concretizzò. Di conseguenza, il Ministero disdettò quella parte dell’APQ e, nel 2012, escluse completamente Catanzaro dai finanziamenti, proprio a causa del mancato rispetto di quella condizione».
Ma andiamo ai fatti recenti. L’ultimo atto, dopo una serie di DCA (decreti del commissario ad acta) che hanno più volte rimodulato le risorse in materia di investimenti e di edilizia sanitaria, è rappresentato dall’ordinanza della Protezione civile, emessa a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza per la rete ospedaliera calabrese da parte del Consiglio dei ministri. Basta leggere quella ordinanza per rendersi conto che l’Azienda ospedaliero-universitaria di Catanzaro, assieme al GOM di Reggio Calabria, all’Azienda ospedaliera di Cosenza, all’ASP di Reggio Calabria e all’ASP di Crotone, è stata inserita tra le proposte di valutazione del programma di investimenti per iniziative urgenti e di elevata utilità sociale nel campo dell’edilizia sanitaria, valutabili da parte dell’INAIL. L’unico stanziamento concreto per Catanzaro è rappresentato da 17,5 milioni di euro risalenti al 1999, destinati alla ristrutturazione dell’ospedale Pugliese».
«È bene leggere con attenzione l’ordinanza di marzo scorso – aggiunge Bruni –: i finanziamenti statali previsti dall’art. 20 sono riservati esclusivamente agli ospedali di Sibari, Palmi e Vibo Valentia. Tutti gli altri interventi, compreso quello su Catanzaro, sono ricondotti alla voce “Inail”, il che comporta un percorso tecnico e amministrativo preciso: il progetto deve essere predisposto e finanziato inizialmente dalla Regione, poi sottoposto alla valutazione dell’Inail. Tra i criteri di ammissibilità rientra la solvibilità del soggetto proponente. La domanda vera è: chi paga? La Regione? L’Azienda ospedaliera? E con quali risorse, vista l’attuale condizione debitoria della sanità calabrese?».
«Questi passaggi non emergono in modo chiaro nei documenti diffusi finora – sottolinea –. Molti fondi inizialmente annunciati, nel tempo, si sono persi o non sono stati confermati. È necessario dire la verità ai cittadini: oggi, per Catanzaro, come per Cosenza e Crotone, non c’è disponibilità finanziaria effettiva. Le risorse potranno arrivare solo quando sarà presentato un progetto solido, sostenibile e formalmente valutabile. E se non sarà l’Inail, potranno essere anche altri soggetti finanziatori: ma sempre a fronte di una progettazione seria».
«Voglio ricordare che proprio nel nome della chiarezza e della certezza, pochi giorni fa ho depositato un’interrogazione urgente per fare chiarezza sulla reale disponibilità economica e sulle modalità di utilizzo delle risorse destinate al superamento dell’emergenza sanitaria e infrastrutturale in Calabria».
Da qui l’appello politico e istituzionale: «Serve una visione complessiva e condivisa, che non si limiti alla costruzione di un edificio, ma guardi alla sanità come sistema integrato di strutture e servizi. Valorizziamo ciò che già esiste: il “Pugliese-Ciaccio” e il “Mater Domini” sono due poli di eccellenza riconosciuti in tutta la Calabria. Invece di parlare di rottamazione o di contrapposizioni, avviamo un percorso di progressiva unificazione culturale, organizzativa e strutturale, capace di rafforzare l’offerta sanitaria per l’intero territorio regionale».
«L’Azienda ospedaliero-universitaria “Renato Dulbecco” – conclude Bruni – è la più grande del Mezzogiorno, con 855 posti letto. È una risorsa fondamentale non solo per Catanzaro, ma per l’intera area vasta che comprende Lamezia, Vibo Valentia e oltre. La sua strutturazione riguarda l’interesse collettivo, non può essere ridotta a una questione urbanistica o di equilibri interni. Da parte mia, c’è la piena disponibilità a lavorare per una soluzione che tenga insieme rigore, concretezza e visione. E che consideri Catanzaro non solo come una città, ma come il cuore pulsante della sanità calabrese».