– Il violino di Maria Quirino con “Bella Ciao”. Le parole di Piero Calamandrei, dal discorso ai giovani sulla Costituzione, lette con voce fiera da Marta Leonetti. Ieri sera, la biblioteca “Stefano Rodotà” del Liceo Classico “Bernardino Telesio” di Cosenza, ha ospitato un incontro che ha saputo fondere narrazione, memoria storica e impegno civile. In un ambiente in cui aleggiava il significato profondo del 25 aprile, animato anche dalla partecipazione di tanti studenti, Nicoletta Verna ha illustrato il suo romanzo “I giorni di Vetro” (Einaudi). Il suo intervento ha saputo coniugare la forza del racconto con l’importanza degli eventi storici. Accanto a lei, la professoressa Rosanna Tedesco e il magistrato e grande appassionato di libri Alfredo Cosenza hanno arricchito il dialogo, offrendo spunti incisivi e stimolanti sulla rilevanza della memoria storica e sull’impegno culturale, trasformando la serata in un’importante occasione di riflessione condivisa.
Partito fondato consapevolmente sulla violenza
«Del fascismo si parla tanto, ma si parla anche in modi che non sempre rendono onore alla memoria storica. C’è un processo che si chiama defascistizzazione che studiano gli storici, in particolare Emilio Gentile, e dice che c’è una tendenza già da diversi anni ad alleggerire ed edulcorare alcuni tratti che invece furono fondativi del fascismo. Il primo è la violenza – ha esordito Nicoletta Verna –. Si dice che dopo la marcia su Roma il partito fascista non fu così violento. Si dice che il problema arrivò soltanto con la guerra. E nel seguire Hitler si dice che le leggi razziali non furono sottoscritte volentieri dai fautori del fascismo. È come se si volesse andare a edulcorare alcuni degli aspetti che invece furono fondanti del partito. Il Partito fascista nacque sulle basi violente e ne erano orgogliosi. Coloro che fondarono il partito furono orgogliosi e fieri di averlo fondato sulla violenza».
La grande letteratura funziona più della Storia
La direttrice del Premio Sila, Gemma Cestari, aprendo l’incontro, ha sottolineato l’importanza della scelta della data: «Volevamo che Nicoletta fosse con noi nei dintorni del 25 aprile. Oggi mi sembra una data perfetta. Il 25 aprile continua a essere pieno di significato, per fortuna, ma noi abbiamo voluto renderlo ancora più vitale con la presentazione di questo romanzo sul periodo fascista che è veramente, come hanno detto in tanti, un ritorno della grande letteratura». Ha poi aggiunto: «La grande letteratura funziona più della Storia, ci porta dentro ai fatti, ci fa sentire le cose. Così sappiamo qualcosa dell’Olocausto perché abbiamo letto Primo Levi e tutta la letteratura concentrazionaria». Un’analisi profonda è arrivata dal magistrato Alfredo Cosenza: «Sono qui a parlare di un libro che mi è piaciuto particolarmente, che mi ha emozionato molto, che ho letto in maniera velocissima. L’ho divorato in pochissimo tempo tant’è vero che ancora lo sto rileggendo per cercare di coglierne gli aspetti che alla prima lettura sono sfuggiti. È un romanzo particolare che non racconta solo una storia, ma contiene dentro di sé tante storie. È una saga familiare, un racconto della vita contadina dalla quale questo Paese si è distaccato solo pochi anni fa. È il racconto dell’avvento e della fine del ventennio fascista con tutto il corollario di crudeltà e di violenza che l’ha accompagnato».
Parlando della struttura del romanzo
«Il romanzo è raccontato da due voci narranti diverse che procedono in parallelo – ha spiegato Nicoletta Verna –. La prima è Redenta che inizia a raccontare. Poi a un certo punto la storia di Redenta si interrompe e inizia una storia diversa, che è quella di Iris, che parla a sua volta in prima persona. Queste due storie sono intrecciate e sono due donne che all’inizio sembrano molto diverse, sono una l’antitesi dell’altra. Redenta rappresenta la mitezza, rappresenta l’umiltà, è una bambina che nasce con una profezia di sfortuna. Le si dirà subito quando nasce che lei sarà sfortunata. Inizierà a parlare tardissimo, a cinque anni, ma non perché è muta o perché non sa parlare, ma perché non vuole parlare, perché lei ritiene che il suo ruolo nel mondo sia quello di osservatrice, di ascoltatrice e non mai di protagonista».
La parte giusta e la parte sbagliata
La professoressa Rosanna Tedesco ha messo in evidenza il valore dell’istruzione che emerge nel romanzo: «A me è piaciuto molto il fatto che il racconto della Resistenza della lotta partigiana sia condotto senza fronzoli, senza la retorica o l’idealizzazione. Nel senso che ci sono dei giovani che avvertono forte il senso dell’ingiustizia e quindi decidono di combattere l’ingiustizia con scelte di vita durissima, di sacrificio. E il libro mette in evidenza anche le debolezze, in qualche modo i dilemmi morali. Prendere le armi, uccidere per non essere uccisi, ma uccidere anche quando non è per legittima difesa – ha continuato la professoressa Tedesco –. Ci sono anche questi aspetti della lotta partigiana, però “I giorni di Vetro” rende sempre evidente che nella Storia c’è una parte giusta e una parte sbagliata con cui schierarsi e che ci sono momenti storici che richiedono di schierarsi per evitare che il silenzio diventi complice dell’ingiustizia».
L’invito del presidente Paolini
Enzo Paolini, presidente della Fondazione Premio Sila, ha chiuso l’incontro con un invito: «Domani è un giorno di festa, la chiamano Liberazione, ma è molto di più: è stata la fine di una tragedia e di due guerre, quella mondiale e quella fratricida tra italiani, e l’avvio della democrazia nel nostro Paese. Per questo la Fondazione Premio Sila vi invita a festeggiare ragazzi, a festeggiare senza sobrietà un giorno simbolico che, non essendo né un baccanale né un carnevale, ma l’ottantesimo anniversario della fine di un disastro morale, politico e sociale, non ha bisogno di alcun richiamo a sobrietà quanto piuttosto alla gioia e a una nuova speranza».
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Tre domande a Nicoletta Verna
Abbiamo voluto approfondire ulteriormente alcuni dei temi del libro con l’autrice…
Dopo il successo del tuo precedente romanzo “Il valore affettivo”, come si è evoluto il tuo approccio alla scrittura con “I giorni di Vetro”?
Si acquisisce più dimestichezza con la scrittura, anche con la tecnica, e si hanno meno insicurezze. Poi questa era una storia che avevo molto ben chiara, anche se poi è cambiata molto in fase di scrittura. Però direi molta meno insicurezza. Se dovessi dirlo in una parola sola.
Guardando al futuro, quali sono i progetti letterari o tematici a cui stai lavorando o che vorresti esplorare nei tuoi prossimi libri?
Sto scrivendo un romanzo per ragazzi che è un terreno completamente nuovo e che mi piace esplorare, perché è una frontiera che non avevo mai sperimentato e invece mi incuriosisce, mi attrae.
Quale ruolo pensi che la letteratura debba avere oggi nel raccontare la storia e le fragilità umane, soprattutto in tempi segnati da crisi e conflitti?
La letteratura ha un ruolo eterno nell’esplorazione dell’animo umano. Gli anfratti, le miserie, le gioie e i dolori e tutto ciò che ci rende unici. Questo l’ha detto anche recentemente Papa Francesco in una delle sue ultime lettere. Leggere che altre persone provano le nostre stesse cose ci fa sentire molto meno soli. Quindi il potere enorme della identificazione – che è quello che nasce dalla letteratura e dai romanzi – è sicuramente qualcosa che ci aiuta molto, soprattutto nei momenti di difficoltà.