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Intelligence, Giorgio Ragucci al Master dell’Università della Calabria: “L’interesse alla sicurezza è preminente per le istituzioni e i cittadini”

“Il segreto di Stato e le garanzie funzionali” è il tema della lezione tenuta da Giorgio Ragucci, funzionario presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.

 

Ragucci ha introdotto la lezione affermando che tutti gli Stati, a prescindere dalla loro natura democratica o meno, fanno ricorso al segreto. Il docente ha precisato la sostanziale differenza tra classifiche di segretezza e segreto di Stato, sottolineando come un’informazione con classifica di segretezza non implichi che la stessa sia coperta dal vincolo del Segreto di Stato. “D’altra parte risulta evidente – ha affermato – come un’informazione coperta da segreto di Stato sia accompagnata da un’adeguata classifica di segretezza”.

Il sistema delle classifiche, articolato su quattro livelli (riservato, riservatissimo, segreto e segretissimo) ha il fondamentale obiettivo di limitare la circolazione delle informazioni, che possono essere acquisite soltanto da personale in possesso di un adeguato nulla osta di sicurezza (NOS) e del cosiddetto “need to know”, ovvero della necessità di conoscere le informazioni. Inoltre, la classifica di segretezza può essere innalzata o diminuita a seconda delle contingenti esigenze operative.

Il docente ha rappresentato come il segreto di Stato avesse in passato una connotazione negativa, che evocava un diffuso sentimento di sfiducia, trasmesso anche agli organismi di intelligence. Pertanto, per meglio evidenziare le radici di tale disaffezione, ha esposto un’attenta analisi storica sul segreto di Stato.

“Il segreto – sostiene Ragucci – ha accompagnato le formazioni sociali sin dall’antichità e le prime tracce sono rinvenibili all’interno degli Annales di Tacito”. Nell’evoluzione storica di tale vincolo giuridico, è interessantissimo notare come la Repubblica Serenissima di Venezia avesse istituito un tribunale, detto “Consiglio dei dieci”, con lo specifico compito di valutare i possibili casi di violazione del segreto. Il relatore ha sottolineato l’importanza del segreto anche nella fase preunitaria; sia nel Regno Sabaudo che in quello delle Due Sicilie che avevano stilato dei codici che affrontavano il tema del segreto, sotto il profilo penale e processuale.

Con l’Unità d’Italia, successivamente al primo codice dello Stato unitario del 1865 (erede del codice sabaudo del 1859), il codice penale Zanardelli del 1889 e il codice del 1913 dispongono per la violazione del “segreto politico-militare” le stesse sanzioni, a prescindere da condizioni di guerra o di pace, venendo così meno la preesistente condizione di belligeranza come elemento costitutivo del reato.

La parentesi del ventennio fascista porta con sé un prevedibile ampliamento delle materie sottoposte al segreto politico-militare e ad un uso dell’intelligence volto alla conservazione del potere autoritario. Nel 1941, il Regio decreto n.1161 riporta un elenco di materie di carattere militare legate all’efficienza bellica del Paese, la cui divulgazione deve ritenersi vietata; tuttavia esso non viene pubblicato e pertanto non è conoscibile dagli organi dell’Autorità giudiziaria.

“Questo quadro normativo – afferma Ragucci – perdura anche dopo l’entrata in vigore della costituzione Repubblicana del 1948, accompagnato da scandali che interessano gli organismi informativi che si succedono nel tempo, come il SIFAR e il SID”. Per apprezzare un cambio di tendenza bisogna aspettare il 1977, allorquando il giudice Violante, nell’ambito del processo “golpe bianco”, ritenendo che gli articoli 342 e 352 del Codice di procedura penale costituissero una norma di sbarramento all’esercizio dell’azione giurisdizionale, fa ricorso alla Corte Costituzionale.

Ne deriva l’importante sentenza costituzionale n. 86 del 1977che riconosce la preminenza della sicurezza nazionale su ogni altro interesse e potere dello Stato, giurisdizione inclusa, e pone le basi per la L. 801/1977, che è la prima legge ordinaria dello Stato, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, che disciplina le attività dei nuovi organismi di intelligence (SISMI e SISDE) e del segreto, definito da quel momento in avanti segreto di Stato.

Tra le diverse ed importanti novità introdotte dalla L. 801/1977 risalta l’assegnazione della responsabilità di apposizione, conferma e revoca del segreto di Stato in capo al Presidente del Consiglio dei Ministri, mentre in precedenza era il Ministro di Grazia e Giustizia.

Ha poi proseguito con l’analisi delle novità introdotte dalla L.124/2007, che istituendo due nuove agenzie (AISI ed AISE)ha modificato l’inquadramento operativo dei Servizi, divisi non più in ambito civile e militare ma per operatività interna ed esterna. Tale fonte del diritto conferisce la facoltà di nominare un’autorità delegata da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri, incrementa i poteri dell’organo di controllo parlamentare (COPASIR, prima COPACO) e definisce la temporizzazione del segreto di Stato, prevedendo la durata massima di 15 anni, prorogabili di ulteriori 15.

Il docente ha così analizzato le garanzie funzionali (disciplinate dagli artt. 17, 18, 19 e 20 della L.124/2007) a tutela dei dipendenti degli organismi informativi e del personale di supporto agli stessi, che danno concretezza allo”scudo politico”, teorizzato già nel 1985 dal Presidente emerito della Repubblica Italiana Oscar Luigi Scalfaro, nella sua qualità di Ministro dell’Interno.

Ragucci, ha concluso la lezione ricordando il pensiero del prefetto e magistrato italiano Carlo Mosca in merito alle garanzie funzionali, le quali devono essere “proporzionali all’obiettivo da raggiungere, a supporto di operazioni autorizzate dal Presidente del Consiglio dei Ministri e devono prevedere un’obiettiva comparazione degli interessi pubblici e privati coinvolti”.

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