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Premio “Giuseppe Berto”: Davide Rigiani vince per l’opera prima con “Il Tullio e l’eolao più stranissimo di tutto il Canton Ticino”

Davide Rigiani con “Il Tullio e l’eolao più stranissimo di tutto il Canton Ticino” (Minimum Fax) ha vinto la XXIX edizione del Premio Letterario Giuseppe Berto, dedicato alle opere prime. La cerimonia di premiazione si è tenuta a Capo Vaticano (Ricadi), nella tenuta calabrese a strapiombo sul mare dove lo scrittore Fiuseppe Berto scrisse due dei suoi romanzi più famosi, “Il male oscuro” e “La Gloria”. Il vincitore è stato proclamato da Antonia Berto, la figlia dello scrittore veneto, a nome della giuria presieduta da Ernesto Ferrero.

“La giuria è rimasta colpita dall’inventiva dell’autore che, seguendo la lezione di Gianni Rodari e di Daniel Pennac, crea uno scoppiettante caleidoscopio di situazioni surreali”, ha commentato la scrittrice Laura Pariani, componente della giuria. I Ghiringhelli sono una strampalata famiglia italosvizzera che abita nel Canton Ticino, in una casa piena di gatti che si chiamano come avverbi o congiunzioni. La signora Ghiringhelli è una donna imperturbabile e pragmatica che lavora nella sede luganese della Banca d’Elvezia, il signor Ghiringhelli è un poeta avanguardista che traduce in quartine guide e manuali d’istruzioni, la figlia grande è un’adolescente sempre imbronciata. E poi c’è il Tullio. Il Tullio fa la quinta elementare, ed è un bambino timido e silenzioso, che cerca di passare inosservato. Ma nella sua smisurata immaginazione vive e pulsa un’intera città popolata da supereroi, alieni, piante carnivore parlanti, Roger Federer, cavalieri medievali e tutto quello che può abitare la fantasia di un bambino di dieci anni. Il Tullio presta più attenzione a loro che ai maestri, ragion per cui a scuola va così così. Ma una sera trova un eolao, e se hai un eolao non puoi proprio passare inosservato. Tra superlativi iperbolici, girondi stornati e animali fantastici, sui sentieri dell’assurdo tracciati da Gianni Rodari, Pennac e Kurt Vonnegut, dai film di Wes Anderson o dai fumetti di Calvin & Hobbes, Rigiani “ci ricorda che felice e sovversiva sarabanda possa essere la letteratura. Un gioco spericolato con la lingua, una trovata esilarante, la messa a soqquadro di quella metafora dell’ordine universale che è la Svizzera”.

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