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Net Society. La pericolosa influenza degli YouTuber sugli adolescenti

netsociety4mardi Sabrina Salmeri – Alcuni giorni fa, mi è capitato di parlare con degli amici che si dicevano preoccupati dell’influenza che alcuni personaggi di YouTube hanno sui loro figli adolescenti. Confesso che, avendo una figlia che ha già passato (per fortuna) quella fase, mi son documentata e sono rimasta sconcertata da quello che ho scoperto.

Ecco il risultato della mia indagine “su commissione”.

Gli adolescenti di oggi, i c.d. millennial, sono cresciuti nell’era di internet, della tecnologia e della globalizzazione. Detti anche Generazione Z, i millennial guardano poco la TV preferendo sempre più i contenuti digitali di siti come YouTube. Secondo un rapporto di Defy Media (società americana che produce contenuti digitali originali per adolescenti) il 96% dei giovani tra i 13 e i 24 anni trascorre in media 11 ore alla settimana a guardare video online. Uno studio di Variety Magazine, inoltre, riporta che sei influencer su dieci per i giovani dai 13 ai 18 anni sono youtubers.

Lo youtuber normalmente è un ragazzo come tanti, che diventa famoso sulla nota piattaforma di condivisione di video grazie alla capacità di comunicare con i suoi coetanei, discutendo dei più svariati argomenti.

E’ un dato di fatto che molti di questi personaggi, oltre a fare un mucchio di soldi -grazie a più o meno evidenti sponsorizzazioni di grandi brand – influenzano enormemente la vita degli adolescenti che li seguono e li vedono come modelli a cui ispirarsi.

Una ricerca effettuata dall’Università di Twente in Olanda ha messo in luce alcuni aspetti preoccupanti di questo fenomeno.

Il fenomeno degli youtuber è legato allo sviluppo del Web 2.0. Questa svolta di Internet ha permesso a chiunque di creare e poi condividere contenuti sui vari strumenti messi a loro disposizione della rete: blog, social network, giornali online. Condividono le loro esperienze o le loro opinioni su tutto: recensioni di prodotti, servizi, consigli su makeup o tutorial per videogames. Tutto inizia come un gioco, una semplice condivisione di una passione per poi diventare un vero e proprio lavoro a tempo pieno. Retribuito.

Intorno a questi canali di comunicazione si formano delle vere e proprie community con centinaia e spesso migliaia di fedeli seguaci, tanto da spingere lo youtuber di turno ad essere considerato una vera e propria celebrità dalla sua community.

Il pericolo per i nostri ragazzi è evidente, e consiste nella identificazione con lo youtuber e con la sua vita, che spesso non ha nulla di reale rispetto a quanto viene mostrato nei video online. Secondo la teoria cognitiva “le persone imparano osservando gli altri” e questo concetto, se calato nell’argomento di cui si tratta, è davvero preoccupante.

Il motivo di tale identificazione è stato individuato da diversi studi condotti tra gli adolescenti americani, secondo i quali gli youtubers sono considerati più vicini a loro rispetto alle star di Hollywood, avvicinabili, grazie agli strumenti messi a loro disposizione dalle piattaforme di condivisione.

E’ indubbio che per avere così tanto seguito lo youtuber deve avere prima di tutto una forte personalità, una sorta di talento nell’esporre ciò di cui parla e anche molta creatività. Spesso condividono anche le loro storie personali in modo da essere paragonabili a chi li ascolta: ecco l’identificazione, della quale però i ragazzi non ne percepiscono gli effetti. Effetti che a volte possono essere devastanti, e non solo per le finanze della famiglia che, pur di accontentare il/la figlio/a son disposti a cedere al capriccio dell’adolescente.

Questo loro essere raggiungibili dai loro seguaci, porta questi ultimi a riporre in essi la massima fiducia, tanto da essere considerati assolutamente trasparenti e autentici. I follower sono convinti che i consigli provenienti dai loro beniamini siano reali e disinteressati: ma spesso così non è.

La maggior parte degli youtubers sceglie di esserlo solo per guadagnare dei soldi: ci sono infatti diverse guide, anche online, anche proprio su YouTube, su come guadagnare sfruttando la propria passione. Il segreto – in estrema sintesi – è accumulare follower. Ogni follower porta sempre più guadagno alla webstar.

Il caso più noto è quello di PewDiePie che al momento ha oltre 61 milioni di iscritti al suo canale YouTube. Pseudonimo di Felix Arvid Ulf Kjellberg, PewDiePie è un giovane svedese di 28 anni che condivide commenti e simpatiche reazioni mentre gioca ai videogames. Pare che il giovane guadagni circa un milione di dollari all’anno con la sole visualizzazioni dei suoi contenuti online e che ciascuno dei suoi follower sia valutato $ 0,35.

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Ma se le partnership commerciali di PewDiePie sono note ai suoi follower, quelle di altri youtuber meno noti non lo sono.

Parliamo del fenomeno HypeBeast che definisce l’adolescente che colleziona abiti, scarpe e accessori al solo scopo di impressionare gli altri. Spesso si tratta di giovanissimi che non hanno soldi propri e che sottraggono le carte di credito alle mamme per fare acquisti spropositati di cose che in realtà nemmeno useranno. Il fenomeno è esploso soprattutto nel settore delle sneakers (scarpe da ginnastica, utilizzate non solo per lo sport, ma anche nell’abbigliamento casual).

Ci sono una serie di youtuber che influenzano migliaia di adolescenti condizionandone il modo di vivere, pilotando le scelte verso l’acquisto di costosissime scarpe da ginnastica che arrivano a costare anche $ 1.000,00 al paio.

Personaggi inquietanti, che in alcuni casi non hanno neanche il coraggio di mostrarsi in volto (come ad esempio Yeezy Busta) che hanno alle spalle decine di scatole di scarpe, che fanno credere ai ragazzi che siano state tutte acquistate con i loro soldi, quando invece sono state fornite da sponsor occulti.

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E poi c’è chi coinvolge nel business finanche la propria madre, come Blazendary, che la utilizza per sponsorizzare il suo merchandising.

Lo scenario non è certo dei più edificanti…

Ma come si possono proteggere i nostri adolescenti dall’influenza di questi soggetti? E soprattutto fare capire loro che spesso quello che viene mostrato non corrisponde alla realtà?

Partiamo dalla comprensione della diversa modalità di promozione dei prodotti e/o servizi di cui siamo diretti o indiretti destinatari: dalle pubblicità “professionali” diffuse dai media tradizionali a quelle degli influencer veicolate attraverso i new media.

Ormai è abitudine di tutti, quando si ha intenzione di acquistare qualcosa, andare online a esaminare le opinioni degli acquirenti di quel prodotto/servizio. Le opinioni e le esperienze personali sono diventate oggi una delle più preziose fonti di informazione per capire il meccanismo sotteso al processo decisionale di acquisto. E’ su questo nuovo modo di acquisizione di informazioni che si basa il rapporto tra gli youtuber/influencer e le aziende che – in modo più o meno occulto – forniscono loro i prodotti da sponsorizzare.

Sottolineo, nel caso ci leggessero adolescenti (!), che nel 90% dei casi le aziende regalano agli influencer i prodotti da sponsorizzare, oltre naturalmente a concordare un eventuale corrispettivo in caso di aumento delle vendite a seguito della video recensione. Quindi tutto ciò che vedete nei video, alle spalle del vostro beniamino, è spesso posseduto senza aver versato alcun corrispettivo in denaro all’azienda (che siano Adidas, Nike, Supreme, o altre).

Il problema è stato affrontato anche dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che si è pronunciata con un comunicato stampa diffuso nel luglio scorso al fine di regolamentare questo fenomeno. Per sollecitare la massima trasparenza e chiarezza sull’eventuale contenuto pubblicitario dei post pubblicati, così come previsto dal Codice del Consumo, l’Autorità Antitrust, con la collaborazione del Nucleo speciale Antitrust della Guardia di Finanza, ha inviato lettere di moral suasion ad alcuni dei principali influencer e alle società titolari dei marchi visualizzati senza l’indicazione evidente della possibile natura promozionale della comunicazione.

L’Autorità ha pertanto individuato criteri generali di comportamento e ha chiesto di rendere chiaramente riconoscibile la finalità promozionale, ove sussistente, in relazione a tutti i contenuti diffusi mediante social media, attraverso l’inserimento di avvertenze, quali, a titolo esemplificativo e alternativo, #pubblicità, #sponsorizzato, #advertising, #inserzioneapagamento, o, nel caso di fornituradel bene ancorché a titolo gratuito, #prodottofornitoda; diciture alle quali far sempre seguire il nome del marchio. (Roma, 24 luglio 2017)

In attesa di regole ancora più stringenti, magari accompagnate da qualche pesante sanzione economica, il consiglio è sempre lo stesso: mettiamoci accanto ai nostri figli mentre guardano questi video, chiedendo di spiegarci, scena dopo scena, ciò che percepiscono, cosa pensano di quello che stanno vedendo e cercare di capire fino a che punto sono rapiti da quel personaggio e da ciò che trasmette loro. Capire cosa spinge l’adolescente a seguire quel determinato modello è solo il principio. Il passo successivo sarà fargli capire perché, in alcuni casi, è sbagliato cercare di emularlo e/o di indentificarsi con lui.

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