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Non è la “Mediterranea”. E’ l’Università degli Studi “Riggitana”

di Claudio Cordova – Persino per uno che, come me, ha studiato in quel groviglio di rapporti chiamato Università degli Studi di Messina, l’Università Mediterranea ha sempre trasmesso un olezzo di stantìo. L’inchiesta “Magnifica”, con cui la Procura della Repubblica di Reggio Calabria ha dato, finalmente, qualche segno di vita alla cittadinanza, ne sarebbe la prova.

La totale sfiducia provata nell’attuale autorità giudiziaria locale non può però esimere dal ragionare su alcuni punti. Molti dei quali, peraltro, esulano dalle contestazioni mosse ai docenti indagati che, quindi, avranno modo, se davvero così, di dimostrare la propria estraneità ai fatti. Le presunte contestazioni di peculato, di distrazione di fondi, pur nella loro gravità, passano quasi in secondo piano rispetto al contesto.

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Un contesto che sarebbe stato un sistema. Tanto nello sperpero di denaro pubblico, quanto nella gestione del potere. Che è cosa ancor più importante rispetto alle meschine ruberie che anche chi guadagna migliaia di euro al mese è capace di compiere.

Ciò che emerge è grave sì sotto il profilo penale. Ma lo è ancor di più sotto il profilo sociale. Una vera Università, così come tramandata dalle nostre nobili origini, non dovrebbe essere solo un blocco di cemento, più o meno armonico, ubicato in una parte qualsiasi della città. E, soprattutto, non dovrebbe essere solo un luogo dove si gestisce potere, dove si fanno clientele con la “Reggio bene” e non solo. Dovrebbe essere un polo culturale, tanto propositivo rispetto al bello, quanto avversativo, rispetto al male.

Qualcuno di voi ricorda, negli anni, una vera idea innovativa da parte dell’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria? Un Ateneo che colleziona partnership, protocolli d’intesa, tavoli istituzionali. L’ultimo, solo in ordine di tempo, quello sul cinquantennale del ritrovamento dei Bronzi di Riace. Con la presenza proprio del Rettore Santo Marcello Zimbone, pochi giorni prima di essere raggiunto dalla interdittiva. Nulla di veramente innovativo, di veramente tangibile sul territorio in cui la “Mediterranea”, negli anni, abbia avuto un ruolo da capofila.

E in termini di opposizione al degrado, fisico e morale? Qualcuno ricorda qualcosa? Questa città è stata sventrata e deturpata sotto il profilo urbanistico e architettonico. Distrutta sotto il profilo paesaggistico. Eppure non risultano prese di posizione da parte delle Facoltà di Architettura e Agraria. Abbiamo inoltre assistito a scempi di natura giuridica e amministrativa da parte della politica di ogni colore. Senza che la Facoltà di Giurisprudenza facesse valere le proprie competenze. Molti, anzi, sono stati i docenti assai vicini alla politica. E quindi foraggiati dalla stessa.

La politica di centrodestra. Di Giuseppe Scopelliti, per intenderci. Ma anche la politica di centrosinistra, come infatti l’inchiesta “Magnifica” lambisce gli ambienti del Partito Democratico. Per dirla, quindi, in breve, l’Università “Mediterranea” ha amministrato potere ed è stata stampella del potere.

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Con docenti, incollati alle proprie poltrone, che sono diventati dei reucci, capaci di decidere il bello e il cattivo tempo. Con persone che amministrano potere da decenni. La creazione del “prorettore vicario” rivestita da chi – Pasquale Catanoso – era stato rettore per anni. E che trapianta a Reggio il modello Putin-Medvedev.

E poi, l’odiosa pratica dei docenti a contratto: pescati, quasi sempre, tra i “soliti” professionisti, forse fuoriusciti proprio da quella ragnatela di amicizie che dovrebbero portare al cambiamento di denominazione dell’Ateneo.

Non Università “Mediterranea”. Ma Università “Riggitana”.

Perché quella dei docenti a contratto pescati tra i professionisti è solo una delle pratiche odiose. Non parliamo delle amicizie istituzionali. Basta fare un giro su internet e vedere chi fossero i magistrati che erano di casa all’Università Mediterranea. Chi era in affinità con l’allora Rettore Catanoso.

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La nostra è stata l’Università di Niccolò Pollari, per anni controverso uomo dei Servizi Segreti. E’ stata l’Università dei magistrati, molti dei quali oggi via da Reggio Calabria con ignominia, che hanno fatto ciò che volevano. “Gratuitamente” si sono affrettati a dire in passato. Gratuitamente, va bene.

Ma spadroneggiare su una città non è mai gratuito. E l’inchiesta “Magnifica” lo dimostra. L’immagine che fuoriesce, oggi, dell’Ateneo reggino è imbarazzante.

E dipende da quel senso dell’impunità, dello stile interpersonale del modello ‘ndrangheta. Qualcosa che poteva già percepirsi. Tanto nel corpo docenti, quanto negli studenti, molti dei quali creati a immagine e somiglianza. Se pensiamo che alcuni dei giovani “fenomeni” della politica locale provengano dalla politica universitaria. Dove già coltivavano in maniera discutibile il loro orticello.

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Perché, badate bene, qualora dovesse essere dimostrato dal processo, ciò che ha subito la ricercatrice Clara Aversa appartiene puramente al registro culturale mafioso. “Aspettare il proprio turno”. Proprio come si fa in un buffet. Detto in termini brutali: se sei amico ti siedi al tavolo e mangi, se non lo sei, ti distruggiamo.

L’ho detto fino a pochi giorni fa, parlando ai ragazzi di una scuola media periferica: laddove non emerge il merito, quello è il primo gradino della mentalità mafiosa.

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