Acqua sempre più ‘salata’ sul fronte dei costi per gli italiani, a fronte di servizi scadenti e disservizi che hanno colpito oltre 2,3 milioni di famiglie fra perdite della rete idrica che arrivano a oltre il 45% su scala nazionale, e razionamenti. A lanciare l’allarme è uno studio della Uil secondo cui, specie nel Mezzogiorno, il servizio offerto è “fortemente compromesso da reti obsolete, manutenzione insufficiente e perdite idriche che superano ogni soglia accettabile”.
Lo studio rileva come, nel 2023, in un terzo delle città del Sud l’acqua sia stata razionata, con disservizi che hanno colpito oltre 2,3 milioni di famiglie (fonte Istat). A livello nazionale, la perdita idrica è arrivata al 45,5%, con punte drammatiche in Calabria e Sicilia.
“Alcune reti locali, inoltre, disperdono più della metà dell’acqua immessa”, si legge in una nota sulla ricerca effettuata dal servizio Stato Sociale, politiche fiscali e previdenziali, immigrazione diretto dal Segretario confederale della Uil Santo Biondo. “Non possiamo accettare – dichiara Biondo – che milioni di cittadine e cittadini paghino per un servizio che talvolta non ricevono o che presenta delle oggettive inefficienze. Le responsabilità non sono solo climatiche”.
Per affrontare un problema strutturale, imputato a “mancata programmazione e nella gestione non adeguata di molte amministrazioni locali”, la Uil chiede “trasparenza immediata sui fondi Pnrr effettivamente spesi e sui progetti attivati per l’acqua nel Mezzogiorno; un piano straordinario di sostegno tecnico e operativo ai comuni del Sud per l’accesso ai finanziamenti; una manutenzione urgente” delle reti esistenti, con obiettivi vincolanti di riduzione delle perdite e un livello minimo essenziale del servizio idrico da garantire per legge in tutto il Paese.
Sul fronte economico, spiega lo studio della Uil, i cittadini più penalizzati sono quelli che vivono a Frosinone, Pisa, Enna, Livorno, Pistoia, Prato, Siena, Grosseto, Firenze e Arezzo, con un costo annuo che, nel 2024, va da un minimo di 742 euro a un massimo di 804 euro. A Isernia, Milano, Campobasso, Cosenza, Savona, Trento, Napoli, Monza, Avellino e Ragusa, invece, si registra una spesa media più bassa che, sempre nel 2024, va da un minimo di 159 euro a un massimo di 276 euro annui.
Tuttavia, questo minor costo non sempre è sinonimo di efficienza, anzi spesso si accompagna ad una assenza di investimenti strutturali, come confermato da Utilitalia: al Sud si investono circa 30 euro per abitante all’anno, contro i 95 euro del Centro-Nord. Il risultato – secondo lo studio – “è un circolo vizioso: tariffe basse, servizi scadenti, reti in rovina e incapacità di accedere ai fondi Pnrr per mancanza di progetti tecnici o personale qualificato”.
Un quadro definito “preoccupante, aggravato dai cambiamenti climatici, ma anche dai ritardi strutturali e dall’inefficienza di lunga data nella gestione pubblica e privata delle infrastrutture”. Dai dati del Pnrr disponibili, infatti, emerge che almeno 20 misure, tra cui molte legate all’acqua e all’energia, sono in affanno, con ritardi, gare deserte e opere ferme.
“Si segnala anche che su alcuni interventi come le ‘reti idriche al Sud’, i progetti sono in fase di stallo, mentre le perdite idriche continuano a crescere”.