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Blitz contro la ‘ndrangheta nel Lametino, coinvolti anche due carabinieri: “Assicuravano il loro ausilio al clan Cracolici”

Produzione e traffico di droga, ma anche il monopolio delle attivita’ economiche, soprattutto quelle legate al settore boschivo, e una grande capacita’ di controllare il territorio, anche grazie al “fiancheggiamento” di due esponenti delle forze dell’ordine, e di incutere timore nella popolazione al punto a riuscire a procurarsi false testimonianze nel caso di arresti degli affiliati: e’ questo il profilo della organizzazione di tipo ‘ndranghetista colpita questa mattina dall’operazione ‘Artemis’ con cui i carabinieri hanno dato esecuzione a 59 misure cautelari decise dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. L’esito del blitz e’ stato illustrato questa mattina in una conferenza stampa in procura, alla presenza del procuratore facente funzioni Vincenzo Capomolla e dei vertici dell’Arma dei carabinieri, rappresentati dal comandante provinciale di Catanzaro, Giuseppe Mazzullo, e dal comandante della compagnia di Lamezia Gianluca Zara, che hanno ricostruito le dinamiche criminali di una cosca, quella dei Cracolici, che si era insediata nell’area a cavallo tra le province di Catanzaro e di Vibo Valentia, con ‘epicentro’ a Maida, dettando legge su un vasto territorio che lambiva anche la citta’ di Lamezia Terme.

“Un controllo egemonico, pervasivo e capillare”, l’ha definito Capomolla per delineare la pericolosita’ di un sodalizio che era a sua volta una articolazione della cosca ‘madre’ dei Cracolici di Maierato, gia’ al centro di diverse investigazioni delle forze dell’ordine e della magistratura come ‘Rinascita’ e ‘Imponimento’: un’articolazione – e’ stato rimarcato dagli investigatori – che “aveva preso il controllo di un territorio rimasto sguarnito dopo la disarticolazione di un’altra pericolosa consorteria, quella degli Anello, da parte delle forze dell’ordine”.

Il ‘core business’ dell’organizzazione – hanno poi aggiunto gli inquirenti nella conferenza stampa – era soprattutto la produzione e lo spaccio di stupefacenti, anche al dettaglio, con canali di approvvigionamento nel Reggino, in particolare a Rosarno, e la capacita’ di smerciare droga fino a 1500 euro al chilo. Ma la cosca Cracolici non disdegnava altri affari, e soprattutto esprimeva “un fortissimo condizionamento sul territorio, riuscendo ad assicurarsi – ha spiegato il procuratore Capomolla – anche false testimonianze quando i propri vertici venivano colpiti da misure cautelari”.

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Il gruppo – e’ stato poi ricordato in conferenza stampa dagli inquirenti – “poteva contare anche sulle aderenze” di due esponenti “infedeli” delle forze dell’ordine, in particolare di “due carabinieri, uno con rapporti di parentela con un affiliato e un altro in congedo, che assicuravano ausilio al clan”: anche questi due militari dell’Arma sono tra i destinatari delle misure cautelari odierne.

Diversi gli episodi criminali ricostruiti dai carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro e dalla compagnia di Lamezia Terme, che hanno avviato le indagini gia’ nel febbraio 2022, partendo dall’individuazione di uno spacciatore nella ‘piazza’ di Lamezia Terme, e da li’ sono riusciti a delineare il salto di qualita’ di un sodalizio che aveva rapporti anche con organizzazioni di altri territori, come il Crotonese e la stessa citta’ di Lamezia Terme, “a conferma – ha sostenuto ancora il procuratore Capomolla – della ‘credibilita” di questo clan”. Va comunque sottolineato, ha aggiunto Capomolla, “lo straordinario lavoro dell’Arma e dei suo investigatori, che prendendo le mosse da un banale episodio hanno fatto emergere alla fine la forza di una cosca che era difficile da indagare e da penetrare, visto che operava in un’area cerniera della Calabria, a cavallo tra due province, e per questo fuori dai riflettori”.

Nel corso dell’operazione, che ha toccato anche alcune province in Piemonte e Liguria, sono state sequestrate anche alcune armi nella disponibilita’ della cosca.

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