Riparte il Festival Euromediterraneo di Altomonte con la sua edizione numero trentacinque e riparte venerdì 5 agosto con Paolo Rossi in “Pane o libertà – Per un futuro immenso repertorio” che andrà in scena al Teatro Costantino Belluscio.
Il sindaco Gianpietro Coppola, l’assessore alle Attività culturali Elvira Berlingieri, quello al Turismo Mario Pancaro e l’amministrazione comunale di Altomonte tutta insieme con il direttore artistico del Festival Antonio Blandi hanno deciso di caratterizzare questa edizione con il tema “Non fermiamo la Cultura”.
Un tema che nasce da una riflessione post pandemia che ha cambiato molte cose e ci ha insegnato che solo una buona programmazione può consentirci di portare avanti la nostra esistenza nel modo migliore.
E proprio le Attività culturali sono quelle che maggiormente sono state penalizzate dalla pandemia e se le istituzioni regionali non decidono di confrontarsi con le amministrazioni locali, con le associazioni, con gli artisti per dare vita a percorsi condivisi che consentano di programmare in modo sinergico le attività, a breve il tessuto culturale della nostra regione, già messo a dura prova, rischia di scomparire e, in particolar modo, a risentirne sarebbero le realtà locali che da sempre hanno rappresentato e rappresentano ancora l’asse portante del patrimonio culturale immateriale del nostro territorio.
Per questo con il tema “Non fermiamo la Cultura” vogliamo sottolineare che non ci fermeremo, che saremo un baluardo a difesa degli eventi culturali storicizzati e anche di quelli innovativi. Chiediamo la possibilità di essere ascoltati e di poter programmare per tempo i nostri festival consapevoli che rappresentano una fonte di lavoro, di economia circolare e di crescita sociale.
Come dice il sindaco di Altomonte Gianpietro Coppola: «È oramai non più procrastinabile un tavolo di confronto tra le istituzioni regionali e i Comuni nonché con tutti i festival calabresi per avviare una pianificazione puntuale dell’offerta culturale che non solo consenta di poter programmare per tempo le attività e quindi realmente farle diventare strumento di valorizzazione territoriale ma anche per salvaguardare i festival e gli eventi che hanno una storicità importante. Festival che negli ultimi 30 anni, e anche più, hanno resistito e continuato a essere presenti seppure con le evidenti difficoltà economiche. L’esperienza dei Festival storici è rappresentativa non solo di una solidità culturale ma anche di una capacità organizzativa che non può essere persa. Chiaramente creando percorsi sinergici che favoriscano l’interazione tra eventi storicizzati e eventi di nuova programmazione. Altomonte in questa edizione si propone, quindi, come spazio aperto al confronto con l’obiettivo ulteriore di definire un documento condiviso tra tutti gli attori culturali pubblici e privati che individui delle linee operative per “Non fermare la Cultura”».
Con la trentacinquesima edizione del Festival Euromediterraneo di Altomonte nasce anche una collaborazione con il Festival del teatro classico di Portigliola “Tra Mito e Storia”, organizzato dal Gal Terre Locridee e diretto da Elisabetta Pozzi, direttrice della Scuola di recitazione del Teatro nazionale di Genova. Questa iniziativa si inserisce nelle attività di “Locride 2025 – Tutta un’altra storia” che propone la candidatura di quel territorio a Capitale italiana della cultura. Una collaborazione nata perché, come dice il presidente del Gal Terre Locridee Francesco Macrì: «Promuovere la cultura significa realizzare alleanze tra i territori».
Come già detto il Festival Euromediterraneo 2022 si aprirà venerdì 5 agosto, alle 21 al Teatro Costantino Belluscio, con lo spettacolo di Paolo Rossi proprio per dare valore al grande teatro italiano.
Lo spettacolo “Pane o libertà – Per un futuro immenso repertorio”, di e con Paolo Rossi con le musiche dal vivo di Emanuele Dell’Aquila, unisce stand up a commedia dell’arte e commedia greca. «“Il titolo Pane o libertà” l’ho ripreso da un libro, ma non vi dico qual è. Lo trovo molto emblematico: si impone la scelta tra mangiare, vivere o avere la libertà», spiega Rossi. «Ma oggi le parole “pane” e “libertà” hanno lo stesso significato di quando quel libro mi capitò tra le mani? Il pane ha lo stesso sapore di quei tempi? E oggi uno è libero di gridare “Abbasso la libertà”?». Il progetto intrapreso da Rossi comprende un tipo di azione teatrale ad alta valenza sociale.
Agile, dirompente, sfuggente alle definizioni di genere e duttile nell’allestimento scenico, Pane o libertà ha le caratteristiche di un evento più che di una rappresentazione e si adatta a qualunque luogo voglia ospitare la “non replica”, addirittura il teatro propriamente detto. Lo spettacolo mescola la figura del primo Arlecchino, quello che possedeva il biglietto di andata e ritorno per l’aldilà, a quella che fu poi una delle sue evoluzioni come intrattenitore popolare capace di spaziare dalle stalle al cabaret. Un teatro d’emergenza? Delirio organizzato? Serata illegale? Teatro di rianimazione? Comunque un teatro di domande.
«Giocando con l’illusione di mettermi sul palco – o su ciò che useremo come tale per bisogno o necessità – sia come attore, sia come personaggio e come persona, rievocherò i miei sogni lucidi, fatti di storie che aiutano a resistere, a scegliere tra il pane e la libertà, o a non scegliere proprio», prosegue Rossi. «Sono storie di artisti che per fortuna ho realmente incontrato nella mia vita. I maestri Jannacci, Gaber, De Andrè, Fo e persino il fantasma della Callas; i comici del Derby e altri sconosciuti. Racconterò questi allegri morti che abitano l’interzona che li rende visibili solo a pochi cantastorie che li traducono agli umani. Con l’aiuto dei miei amici saltimbanchi, parlerò di queste personalità fantasmagoriche e poetiche, non controllabili da nessun piccolo o grande fratello che con le loro narrazioni portano conforto, idee per lottare e speranza. Tutto qui. Senza osare più del dovuto nelle imitazioni e nelle parodie, giocando al contrario con le massicce dosi di visionarietà che la favola contiene di suo. Vorrei fare qualcosa che dia al mio essere chiamato comico una via di fuga verso un teatro sociale, nella poesia del buffo e della magia. Roba minima. Tanto per alzare le difese immunitarie del pubblico presente… o meno».
Quel che pare un sottotitolo, Per un immenso futuro repertorio, in realtà è un complemento importante del titolo stesso. Una finestra che si aggiunge a quelle dell’improvvisazione, del coinvolgimento del pubblico, di irruzioni improvvise di ospiti a sorpresa, dove verranno riarrangiati o citati dei pezzi, monologhi, frammenti, momenti delle origini per farli rimbalzare come nuovi nel presente della serata. C’è l’attore, ci sono i personaggi che evoca o interpreta nelle varie affabulazioni, ma soprattutto c’è la persona. Attore, persona e personaggio, tutto questo presente contemporaneamente, tutto questo per allontanarsi dalle tradizionali rappresentazioni e creare qualcosa che accada veramente e irrepetibilmente nella serata.
Ps: Recitando col pubblico, e non al pubblico, ai presenti in sala è consentito intervenire, chiedere, interrompere, soprattutto restare svegli. E comunque, pur rispettando le vigenti norme sulla distanza sociale, qui, in questo teatro, la quarta parete non esiste.