“In un’epoca informatica in cui tutti quanti siamo attaccati e collegati col mondo in videochiamata e in contatto mediatico, cercare di bloccare quello che è il principale strumento di indagine, le intercettazioni, significa fare un passo indietro di anni. Si tratterebbe di tornare all’epoca delle carrozze”.
Lo ha detto il procuratore di Palmi Emanuele Crescenti durante la conferenza stampa in cui sono stati illustrati i dettagli dell’operazione “Terramala” che stamattina ha portato all’arresto dei responsabili di una rapina ad un furgone blindato della Sicurtransport consumata il 2 maggio 2019 con un bottino di 627.500 euro, sottolineando che anche in questa indagine “è stata fatta un’attività di intercettazione che ha consentito di risalire e verificare quelli che erano i punti nodali dell’assalto”.
“Qui dobbiamo essere chiari – ha aggiunto il magistrato – e stiamo parlando al di fuori di quello che è l’oggetto delle indagini di oggi. Le investigazioni di polizia giudiziaria che lavorano su reati e, quindi, su condotte criminali sono di per sé una violazione della privacy. Il maresciallo che va dietro e ascolta quello che due indagati si dicono al bar, viola la privacy. Solo che il maresciallo che va dietro e che ascolta, può sbagliare o può non sentire mentre attraverso le captazioni informatiche noi riusciamo ad avere una contezza. E questo spesso è fonte probatoria a favore dell’accusa ma moltissime volte è fonte di riscontro negativo. Cioè ci consente di dire che abbiamo sbagliato e che quella persona non c’entrava niente. Il maresciallo che ascolta e che torna indietro all’epoca delle carrozze potrebbe sbagliare e andare contro la persona che viene indiziata e che invece dovrebbe essere considerata innocente”.
“Si parla delle intercettazioni per gettare via il bambino con tutta l’acqua sporca – conclude il procuratore Crescenti – quando bisognerebbe concentrarsi sull’utilizzazione di quelle che non sono utili alle indagini. Quello è il problema grosso”.