di Roberta Mazzuca – Il nuovo anno nella città di Cosenza è cominciato, portando con sé i soliti vecchi problemi: discariche cittadine, scarsa cura del verde, strade colabrodo, crisi Amaco, ratti che intentano quasi guerre di quartiere per la conquista del potere, essendo ormai i veri padroni indiscussi della città. Un anno che riporta con sé anche la carenza di cultura, il malessere dei teatri, l’abbandono di ogni opera potenzialmente fruttuosa e importante. Il nuovo anno che di nuovo non ha molto, se non quel senso di rivalsa e di rivincita con cui, nel grande teatro di tradizione Alfonso Rendano, ha concluso il 2022, trascinando con sé quel sentimento dritto nel 2023, lo spettacolo “Una notte a Napoli”. L’evento è stato organizzato dall’Associazione ‘3×21 i sogni di Saveria’ sotto la regia di Fabio Gallo, ex delegato all’Ecosistema Digitale della Cultura della città di Cosenza, poi rimosso dal suo ruolo per ragioni ancora dubbie, che diventano ancora più inspiegabili dopo aver assistito a ciò che ha magistralmente diretto e guidato in un’incantata notte natalizia. Uno spettacolo magico, immerso nelle festività, denso di riferimenti, carico di cultura, pieno di solidarietà: i proventi della serata sono stati, infatti, devoluti alla ricerca sul Genoma 21 del professor Pierluigi Strippoli.
Un video-messaggio di Ettore Bassi insieme alla figlia Amelia, affetta dalla sindrome di Down, entrambi testimonial della serata, dà il via ai festeggiamenti, a un vero e proprio omaggio alla città di Napoli, simbolo del sogno, del dolore, della capacità di rialzarsi, della possibilità di ricominciare. Una città simbolo di solidarietà e condivisione, una città simbolo di speranza, una città anche piena di cultura, la stessa che Fabio Gallo e tutti coloro che in questa impresa lo affiancano, cercano di riportare nel capoluogo calabrese. “Ciò che mi ha guidato in questo progetto” – afferma dal palco Matilde Ferraro – è stato mettere al centro la possibilità per i giovani, soprattutto per le donne, di lavorare e poter fare quello per cui si sono laureate, in questo caso le educatrici. Sono tanti i giovani che vedrete impegnati, frutto di energie volontarie, e vi chiedo di essere guidati dall’energia dell’amore che ritorna”.
La serata, realizzata grazie alla collaborazione di Ugo Lombardi, manager presso Banca Mediolanum, che ha donato un euro per ogni euro raccolto, ha preso corpo anche grazie al presidente Gianni Romeo e ai servizi per il volontariato (non è un caso se Cosenza sarà l’anno prossimo capitale nazionale del volontariato), alla Commissione Cultura del Comune di Cosenza, alle donazioni della Piramis ONLUS; e ancora, ad Elena Capocasale, presentatrice della serata, all’Associazione Italiana Persone Down, alle scuole di danza cittadine, e allo scomparso monsignor Francesco Nolè, “che ci ha invitato a non arrenderci e continuare le attività delle nostre associazioni”. Un teatro gremito di pubblico, che registra dopo innumerevole tempo il sold out, e che accoglie, tra gli ospiti, perfino il regista Beppe Menegatti, marito di Carla Fracci, e il direttore della Compagnia della Scuola San Carlo di Napoli.
“Il lavoro è fondamentale”, – afferma Linda Capocasale, presidente dell’associazione ‘3×21 i sogni di Saveria’, dal palco – “e dobbiamo creare occasioni di lavoro, non assistenzialismo”. “Dal mese di marzo” – continua la vicepresidente Ilaria Ferraro – “la nostra associazione ha attivato diversi laboratori, le cui attività si basano sulla consulenza tra pari”.
Sul palco anche lo stesso professore Pierluigi Strippoli: “Le parole sul vocabolario umano non bastano per esprimere l’ammirazione per tutti voi”, – esordisce – “perché la nostra ricerca è sostenuta dal più del 90% da donazioni. Abbiamo ripreso il lavoro di Jérôme Lejeune, dopo che per decenni si è detto che la sindrome di Down era colpa dei genitori. Questo ci fa capire la straordinaria scoperta di Lejeune che diceva, invece, che è solo un cromosoma in più, chiamato anche ‘cromosoma della felicità’, che genera un limite organico”. Parla, poi, di due avanzamenti principali di questi anni nella ricerca: “Il primo riguarda la scoperta che solo un millesimo del cromosoma 21 genera la sindrome di down, per cui non è vero che non si può fare nulla, e la seconda scoperta è un’anomalia metabolica che, se corretta, potrebbe far ritrovare una serie di funzioni. Lo squilibrio dell’acido folico può portare all’ipotesi di una sperimentazione clinica che non vediamo l’ora di iniziare, molto precisa, e speriamo di realizzare quello che Lejeune scrisse nel suo diario: ‘il mio sogno è che una persona con trisomia 21 possa essere professore di genetica all’università di Parigi’”.
Una serata che ha dato una scossa all’intera città, per la sua bellezza, per i suoi rimandi, per la sua importanza solidale, e anche per quella culturale. A presentare questo connubio di musica, danza e prosa, di amore, bellezza e lacrime, di storie diverse ma intrecciate, la voce narrante, il cuore pulsante, l’anima stessa di Napoli, interpretata dal giovane Giovan Battista Odoardi. Una voce che si leva direttamente in mezzo al pubblico, a testimonianza della vicinanza, del contatto, dell’amore che l’intera serata ha inteso trasmettere a tutti i presenti. Una voce dura e al contempo avvolgente, forte e al contempo delicata, una narrazione che prende per mano e trasporta all’interno della rappresentazione, con caldo vigore e rinnovata forza. Sul palco, artisti di fama nazionale e internazionale ad intrattenere la platea: il mezzo soprano Giulia Tenuta, il tenore Alessandro Stancato, i cantanti solisti Chiara Ricca e Peppino Martino, gli attori Luca Di Pierno, Teresa Nardi, William Gatto, i danzatori Mattia Pacenza, Fabiola Sfera, Martina Zinnaro, Francesco Pria, Rosanna Corso, Concetta Barillaro, Emanuela Loizzo, Paola Stefano, Angelica Paternostro, Alessandra Decunto, Annachiara Leo, i coristi dell’Accademia di Cirò Marina ‘Antonio Vivaldi’, Giusi Ianni, Rosamaria Martino, Giulia Carella, Mariacarla Murano, Desirè Frangone, Alessandro Palmieri. Inoltre, anche l’orchestra di fiati e la banda musicale di Dipignano diretta dal maestro Giuseppe Ferraro e al pianoforte il maestro Andrea Bauleo.
“Il mondo di Napoli che racconto stasera non è quello che solitamente raccontano”, esordisce l’anima in scena. Non è, infatti, quello noto alle cronache, fatto di baby-gang, di camorra, di malavita, di rifiuti e di servizi inefficienti. È, invece, la Napoli vera, quella fatta di cultura, storia, leggende, romanticismo e magia. È la Napoli ricca di arte, dove passione e tradizione si intrecciano alle pendici del Vesuvio. Una Napoli che sì, vive tra mille bellissime contraddizioni, tra angoli splendidi contrapposti ai più duri, tra il fascino delle sue tradizioni musicali, culturali e gastronomiche, tra l’essenza della sua creatività. “Vedi Napoli e poi muori”, si dice, per sottolineare come non vi sia luogo più affascinante e incantevole di questo. E, dopo aver assistito allo spettacolo che a tutto ciò rimanda, l’augurio per Cosenza non può che essere quello di “morire”. Morire per poi rinascere dalle ceneri di una città che è, in fondo, come quella di Napoli, ricca di storia, cultura e arte, ma che non come Napoli sa ormai far emergere tanta bellezza. Una città, quella di Cosenza, cara alle cronache, proprio come quella di Napoli, per ‘ndrangheta, rifiuti, servizi inefficienti, e criminalità. Una città che troppo poco spesso è, oramai, alla ribalta per la ricchezza e la profondità delle sue tradizioni e della sua gente, e che continuamente lotta dal basso contro un nemico invisibile e una politica indifferente.
Da “Filumena Marturano” a “Dicitencello vuje”, da “Era de maggio” a “O sole mio”, dagli scugnizzi di Napoli all’interpretazione di “Bammenella”, dal teatro, alla musica, alla poesia, tra voci, interpretazioni e corpi danzanti, Fabio Gallo, insieme a Vincenzo Capocasale che ha curato i testi, ha saputo creare un perfetto connubio tra Lirica, Teatro, Prosa, e Cinema, omaggiando il grande Vittorio De Sica. Sullo sfondo, anche la riproduzione di 15 filmati, uno per ogni brano musicale cantato, recitato e danzato, attraverso i quali il regista ha fatto emergere il senso profondo del neorealismo di Rossellini, De Sica, Michelangelo Antonioni, Luchino Visconti, Gianni Puccini, Giuseppe De Santis, e Pietro Ingrao.
“Quello che facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma l’oceano senza quella goccia sarebbe più piccolo”. Con questa frase di Madre Teresa di Calcutta si chiude lo spettacolo. Uno spettacolo che ha rappresentato sì una goccia, l’ultima goccia buona dell’anno appena trascorso, e che in quello appena cominciato si spera possa diventare fiume, e poi mare, e poi oceano. Una goccia di cultura che ha riempito un teatro ormai vuoto da anni, e che forse inonderà, con la sua forza, il suo vigore, e la sua caparbietà, una città pronta a rinascere, avvolgendo ogni cosa di quella magia tipica di ‘una vera notte a Napoli’ che non si può spiegare.