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La Calabria può (e deve) farcela anche senza Nicola Gratteri

di Claudio Cordova – Non sono d’accordo quasi mai con le esternazioni di Nicola Gratteri. Trovo le sue posizioni a volte un po’ troppo semplicistiche e credo, anzi, sono sicuro, che lo faccia in buona fede, per lanciare dei messaggi a una popolazione spesso sorda e non di certo per mero desiderio di agitare le acque con frasi a effetto, per vendere qualche copia in più dei suoi libri, che sono sempre dei best seller. Non sono d’accordo con lui quasi mai soprattutto quando discetta dell’universo mondo, anche a causa di una stampa un po’ prona che, certamente convinta dell’alto valore di magistrato, lo interpella su temi che esulano dal suo ruolo e dalle sue competenze.

Ciò detto, sarei un idiota o un criminale (come sono spesso quelli che lo attaccano) se non riconoscessi il lavoro che, in questi anni, ha fatto prima alla Dda di Reggio Calabria e poi come procuratore della Repubblica di Catanzaro. Un lavoro che, si badi bene, rimane tale, anche se si mette in conto che, nella sua carriera, Gratteri ha ottenuto tanti successi. Ma anche alcuni insuccessi. E non è lesa maestà dirlo.

Nemmeno ora che per lui arriva l’ultimo, importantissimo, incarico da magistrato: quello di procuratore capo di Napoli, a fronteggiare una organizzazione come la camorra che, come Gratteri sa benissimo, con la ‘ndrangheta non c’entra nulla. Si tratta, invero, quasi più di un’organizzazione di gangster, che non di veri mafiosi. Non per questo, però, è meno pericolosa sotto il profilo militare, avendo mantenuto una sete di violenza, una voglia di teatralità (anche per motivazioni futili) che ‘ndrangheta e mafia hanno abbandonato o comunque limitato ormai da molto tempo.

Gratteri ha avuto dei meriti in questi anni in Calabria. Con il proprio lavoro ha sicuramente colpito le potenti cosche della ‘ndrangheta, ma, con i suoi libri e forse anche con quelle esternazioni a mio giudizio un po’ troppo semplicistiche, è diventato un simbolo. E questo, in una terra propensa al lassismo nei confronti delle ingiustizie, quando non alla connivenza con la ‘ndrangheta, è sicuramente un fattore. Tante persone hanno iniziato a considerare Gratteri una sorta di cavaliere senza maschera, senza macchia, appellandosi a lui non solo per avere giustizia, ma a volte anche per problematiche e disservizi di varia natura. Una sorta di idolatria, come dimostrano anche le pagine sui social che proliferano e che hanno interazioni quasi come quelle delle rockstar.

Questo è certamente un merito del nuovo procuratore di Napoli: essere vicino alla gente che, in una terra senza punti di riferimento, lo ha eletto a proprio paladino. La vicinanza delle Istituzioni, in un posto come la Calabria, è fondamentale, come dimostra l’ormai clamoroso, palpabile, distacco che esiste tra la popolazione reggina e la sua magistratura, dopo anni invece di “tifo”, forse un po’ fanatico, ma certamente preferibile alla sfiducia e al distacco.

Ma Bertolt Brecht diceva che è “beata la terra che non ha bisogno d’eroi” e, allora, la Calabria deve farcela anche senza Nicola Gratteri che – questo va sottolineato per chi non è avvezzo ai meccanismi della giustizia – non è stato spostato da qualche entità superiore per danneggiare la Calabria, ma ha legittimamente fatto richiesta di trasferimento, avvicinandosi il periodo limite per la permanenza in un incarico direttivo. E ha ottenuto, forse anche tardivamente visti i suoi titoli e vista la sua età, il trasferimento.

Tra i meriti di Gratteri, peraltro, non c’è solo quello di aver compattato il fronte dell’antimafia (o almeno una parte di esso). C’è anche quello di aver fatto uscire allo scoperto una parte di presunta società civile che, dietro il paravento di un presunto garantismo, ha spesso attaccato solo per desiderio di visibilità o di impunità.

Gratteri è sicuramente divisivo. Perché – ve lo assicuro – può esistere onestà e rigore anche senza posizioni oltranziste sui temi della giustizia, anche senza pensare che si debba marcire in galera per il furto di una mela (e, si badi bene, siamo sicuri, queste non è di certo la posizione di Gratteri). Così come può esserci una sete di libertà che non significhi strizzare l’occhio all’assenza di qualsiasi regola e/o di controllo. La Calabria non può essere questa: non può essere quella dell’o con Gratteri o contro Gratteri, altrimenti che si smetta di parlare con orgoglio di intellettuali come Corrado Alvaro.

Sì, per la Calabria c’è vita anche dopo Gratteri. Ci deve essere vita anche dopo Gratteri. Perché la cultura della legalità non si fa solo a colpi di manette, non si fa solo con l’azione muscolare dello Stato, come dimostra lo scenografico blitz di Caivano. La si fa con le azioni quotidiane, principalmente, senza bisogno di eleggere il Batman di turno come proprio tutore. E allora, evidentemente, buon lavoro al dottor Gratteri, ne avrà tanto in una Procura grande come quella di Napoli, un’esperienza che di certo non è paragonabile a quelle vissute in Calabria.

Ma e – se mi permettete, è un po’ più sentito – in bocca al lupo alla Calabria. Non perché adesso debba fronteggiare un compito improbo, ma perché possa mostrare cosa sa essere la Calabria: l’antimafia, le persone perbene, chi si è sacrificato, sono tutte cose che sono esistite prima di Gratteri. E che esisteranno anche dopo Gratteri.

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