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“L’inclusione fa canestro”: Amelia Cugliandro racconta la forza trasformativa della Reggio Bic

Nell’ambito del convegno “Lo sport quale veicolo di inclusione sociale”, Amelia Cugliandro, Delegato Fipic Calabria, ha offerto una riflessione intensa e concreta su cosa significhi davvero parlare di inclusione oggi. Il suo intervento, dal titolo emblematico “L’inclusione fa canestro”, ha messo al centro l’esperienza della Reggio Bic, realtà sportiva che rappresenta molto più di una squadra di basket in carrozzina: un laboratorio umano, sociale e culturale dove lo sport diventa strumento di condivisione, non semplice integrazione.

Oltre l’inclusione: verso una cultura della condivisione

Cugliandro ha spiegato come il concetto di inclusione sia ormai superato, almeno nella sua accezione tradizionale. “Non dovremmo più distinguere tra persone con disabilità e persone senza – ha sottolineato – se non nei casi in cui siamo ‘forzati’ a farlo. Continuare a categorizzare significa rimanere ancorati a una visione che separa, etichetta e limita. È tempo di parlare di condivisione, perché è insieme che si costruisce un ambiente più equo e rispettoso”.
Al centro del suo intervento, il richiamo alla dignità delle persone: “Ogni atleta dev’essere chiamato per nome, prima ancora che per ruolo o condizione. In piedi o da seduti, sempre di sport si tratta”.

La Reggio Bic come case history di valore

Presentata come case history e best practice del basket in carrozzina, la Reggio Bic è esempio tangibile di come lo sport possa trasformarsi in strumento sociale potente. Una realtà capace di creare legami, abbattere barriere, offrire opportunità non soltanto atletiche ma soprattutto umane.
Cugliandro ha descritto la squadra attraverso quattro immagini che sintetizzano perfettamente la sua identità:
* UNA SQUADRA COMPOSTA DA ATLETI CON DIVERSE ABILITÀ
* UN TEAM DI UOMINI E DONNE DI OGNI ETÀ E DIFFERENTI NAZIONALITÀ
* UN GRUPPO CHE NON SI LIMITA A PRATICARE SPORT
* UNA REALTÀ CHE DAL NULLA HA INIZIATO A SCRIVERE LA SUA STORIA!
Una storia fatta di sacrificio, rispetto, determinazione e quotidiana risalita.
“È una storia di uomini e donne che, spinti dalla propria tenacia, grinta e dal reciproco supporto, sono riusciti a dare un importante segnale: con la volontà si possono superare tutti gli ostacoli e si può andare oltre qualsiasi barriera, fisica o mentale che sia. Perché, affatto intimoriti dallo stridio delle carrozzine in contrasto, non esiste caduta dalla quale non ci si possa rialzare. L’importante è mettersi in gioco”.

Inclusione: un sistema che si trasforma

Cugliandro ha ricordato come l’inclusione – nel suo significato profondo – rappresenti il processo attraverso cui ogni individuo si sente accolto, valorizzato e parte di un gruppo.
Non si tratta soltanto di consentire a tutti l’accesso alle stesse opportunità, ma di trasformare il sistema affinché sia davvero adatto alle esigenze di ciascuno. Una differenza fondamentale rispetto al concetto di integrazione, che si limita a inserire un individuo in un contesto preesistente senza modificarlo.
La Reggio Bic, da questo punto di vista, diventa un modello: non attende che l’ambiente si adegui, lo costruisce giorno per giorno, attraverso relazioni autentiche, rispetto reciproco e la forza dello sport.

Lo sport come linguaggio universale

L’esperienza raccontata da Cugliandro dimostra come il basket in carrozzina non sia solo disciplina sportiva, ma una chiave per comprendere meglio la nostra società. La squadra diventa il luogo in cui cadono le categorie, in cui le differenze si trasformano in risorse e dove il concetto di limite assume nuovi significati.
Nel convegno, il messaggio è arrivato forte e chiaro: non è la società che include l’atleta, è l’atleta – attraverso lo sport – che insegna alla società cosa significa condividere, accogliere, costruire insieme.

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