La rimozione della targa al Palazzo della Cultura, che ne ricordava la nascita e l’intitolazione a Pasquino Crupi, è un esempio di quella cancel culture che inquina il dialogo, non solo politico, tra persone e gruppi che hanno visioni diverse del bene comune e del maggiore interesse della collettività. Chi pratica questa cancel culture, tesa a far scomparire tracce di passato che ritiene ingombranti o troppo lontane dal sentire comune o, peggio, dal proprio personale sentire, non si rende conto che così facendo demolisce parte di quel passato che è anche la sua storia: è come se segasse il ramo su cui si è innalzato per poter meglio vedere lontano.
Non vi è chi non veda, infatti, che la cultura è fatta soprattutto di produzioni che rielaborano quelle precedenti e che su queste si basano. Il problema si è sempre posto e il rapporto di dipendenza della cultura contemporanea da quella precedente è stato per la prima volta formalizzato da Giovanni di Salisbury nel suo Metalogicon riprendendo le parole del suo maestro Bernardo di Chartes: “«Dicebat Bernardus Carnotensis nos esse quasi nanos gigantium humeris insidentes». Traducendo, non siamo altro che nani, stiamo in alto e possiamo vedere lontano solo in quanto stiamo appollaiati sulle spalle di giganti, ovvero di tutti quelli che ci hanno preceduti.
Rileggiamo quanto inciso sulla targa in pietra che era posta all’ingresso del Palazzo della Cultura. “L’amore per la cultura, l’attaccamento al territorio reggino e al suo popolo, il desiderio di affermare i principi della legalità, hanno reso possibile la riconversione di questo edificio, già brefotrofio negli anni Trenta, a Palazzo della Cultura intitolato al meridionalista Pasquino Crupi.”
A chi possono aver fatto paura queste parole, neutre ed essenziali, senz’alcun riferimento a fatti politici che possano turbare la sensibilità di chi non la pensa politicamente nello stesso modo? Chi si è potuto sentire offeso da un pensiero che è testimone di amore per: Cultura, Identità, Legalità?
Una scelta miope, quindi, potremmo dire assolutamente insensata, quella di rimuovere tracce di un percorso che ha portato a valorizzare Cultura, Identità e Legalità. Relazione con il modus operandi usato per demolire parte non insignificante del patrimonio storico e urbanistico reggino? La vicenda della targa rimossa può essere contestualizzata in un milieu subculturale che ha portato alla demolizione di Piazza De Nava e dell’ex Supercinema? Rimuovere i retaggi del passato sembra essere divenuto un’attività preminente di chi ritiene di poter essere oscurato dalla grandezza dei precedessori. Scelte autolesionistiche senza una vera etica ratio, quelle di chi si sente danneggiato dai concetti di Cultura, Identità e Legalità. Perché, in estrema sintesi, di questo si tratta guardando all’ultimo esempio di cancel culture.
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