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Trovati due telefonini nel carcere di Catanzaro, Di Giacomo (S.PP.): “Il problema non si risolve con una circolare DAP”

“Sei telefonini recuperati nel carcere di Catania e due in quello di Catanzaro in 24 ore: è evidente che l’ultima circolare del Capo DAP sulla cosiddetta stabilizzazione delle videochiamate tra detenuti e familiari – all’insegna di una ‘telefonata allunga la vita’ – non ha alcun senso per quanti vogliono continuare a comandare dal carcere sui territori”.

Ad affermarlo è il segretario generale del S.PP. Aldo Di Giacomo, che aggiunge: “Il blocco del traffico di telefoni cellulari nei penitenziari è solo uno dei tanti problemi che il nuovo Governo e il nuovo Ministro Grazia e Giustizia dovranno affrontare ereditandoli, incancreniti, da chi li ha preceduti. In queste ore c’è chi ‘grida a lupo’ temendo che la Ministra Cartabia proceda a nomine di nuovi dirigenti generali del DAP a poche settimane dal suo trasloco. Non credo – dice Di Giacomo – sia un’eventualità possibile e né che questo sia il problema principale per chi sostituirà Cartabia e provvederà a sostituire il Capo DAP.

Sono proprio i continui ritrovamenti nelle celle dei telefonini grazie all’impegno e alla professionalità del personale penitenziario che – va sottolineato – non dispone di strumentazioni adeguate (sempre promesse) a testimoniare che il controllo delle carceri ad opera dello Stato è invece la priorità da perseguire con soluzioni che non possono essere le circolari sinora emanate dal DAP”.

“Ci sarà dunque – sostiene Di Giacomo – tanto da lavorare da parte del nuovo Governo e auspichiamo che questa volta si ascoltino le valutazioni e le proposte del sindacato di categoria.

La situazione nelle carceri è diventata insostenibile e non più tollerabile. Non c’è più tempo da perdere. Lo provano, da una parte i 65 suicidi di detenuti dall’inizio dell’anno (di cui 14 durante questa stagione estiva), dall’altra le aggressioni quotidiane agli agenti e al personale medico, i continui tentativi di rivolta, i numerosi episodi di sfida da parte dei capo clan di organizzazioni criminali allo Stato che, purtroppo, continuano a comandare dalle celle.

Uno Stato che oltre a non garantire la legalità nelle carceri non riesce a garantire la sicurezza dei detenuti e dei suoi dipendenti (il personale penitenziario) testimonia di aver rinunciato ai suoi doveri civici sino a far passare inosservata la “strage” di questa estate con detenuti di età sempre più giovane.

Da servitori dello Stato l’impegno del personale penitenziario è rivolto a far rispettare la legalità e al contrasto a mafia e criminalità che, a nostro parere, deve svolgersi a partire dalle carceri. Ma in queste condizioni non siamo in grado di poterlo fare”.

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