Una delle figure di vertice della famiglia del Villaggio Santa Rosalia avrebbe organizzato uno strutturato traffico di cocaina dalla Calabria, volto a rifornire le piazze di spaccio palermitane e del trapanese.
E’ uno degli elementi dell’operazione “Villaggio di famiglia”, della Guardia di finanza di Palermo, culminata nell’esecuzione di 33 misure cautelari. In particolare sarebbe stato pattuito con i fornitori calabresi l’acquisto di un ingente quantitativo di cocaina, a fronte del pagamento complessivo di un prezzo di 700 mila euro. A riscontro dell’accordo e’ stato effettuato un intervento che ha portato al sequestro di circa 7 chili di cocaina e all’arresto in flagranza del corriere.
Con lo stesso provvedimento il gip ha disposto il sequestro preventivo di 6 attivita’ commerciali operanti nel settore della ristorazione, del commercio al dettaglio di generi alimentari, del trasporto merci su strada e del movimento terra, per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro. Per l’esecuzione del provvedimento sono stati impiegati 220 militari della Guardia di Finanza, in forza ai Reparti di Palermo, Caltanissetta, Agrigento, Siracusa e Trapani, che hanno inoltre effettuato numerose perquisizioni nei luoghi nella disponibilita’ degli indagati.
GLI ORDINI DAL CARCERE
Le indagini, condotte dagli specialisti del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo – Gico, con la Polizia penitenziaria del carcere “Lorusso – Pagliarelli”, avrebbero permesso di ricostruire le dinamiche criminali legate al controllo economico del territorio esercitato nel quartiere Villaggio Santa Rosalia da parte dell’omonima famiglia mafiosa, inserita nel mandamento di Pagliarelli. A capo della stessa si collocherebbe Salvino Sorrentino, uno degli uomini d’onore piu’ influenti all’interno di Cosa Nostra palermitana, il quale, nonostante la detenzione, spiega il gip, “protervamente ed irriducibilmente mafioso”, avrebbe conservato la propria leadership mantenendo rapporti diretti e indiretti con i suoi storici sodali e con altri contigui alla cosca.
IL RAMPOLLO DEL BOSS
Le decisioni strategiche sarebbero state assunte direttamente dagli esponenti di vertice della famiglia mafiosa detenuti, attraverso messaggi e direttive veicolati all’esterno della struttura carceraria.
In particolare, il figlio del presunto capofamiglia, Vincenzo Sorrentino – appartenente alle nuove leve di Cosa nostra – sarebbe stato investito di una funzione di supplenza rispetto al padre, curando gli interessi mafiosi ed economico-criminali, anche grazie al supporto di un altro giovane affiliato, che avrebbe svolto il ruolo di “braccio operativo” con funzioni di raccordo con i vertici della famiglia.
SUMMIT IN VIDEOCHIAMATA
Gli elementi acquisiti avrebbero fatto emergere che il capofamiglia detenuto, grazie al continuo flusso di informazioni a lui veicolato dal figlio, sarebbe stato posto nelle condizioni di continuare ad esercitare il controllo del territorio, riaffermando costantemente il suo ruolo e contrastando i tentativi di altri esponenti mafiosi volti a limitarne l’azione in considerazione dello stato detentivo; attraverso il sistema della videochiamata, introdotta a seguito dell’emergenza pandemica per agevolare le relazioni tra detenuti e rispettivi congiunti, avrebbe proceduto, a seconda dell’esigenza del momento, a convocare numerosi affiliati al fine di impartire direttamente ordini e direttive, rafforzando la sua autorita’ attraverso la forza della propria immagine e ricevendo attestati continui di fedelta’ con modalita’ fortemente evocative del rispetto del codice mafioso.
IL MONOPOLIO SUL PANE E SUI FIORI DEL CIMITERO
Dalle investigazioni sarebbe, infatti, emerso il tratto distintivo della famiglia mafiosa del “Villaggio Santa Rosalia”: l’infiltrazione e il conseguente pesante condizionamento del tessuto economico del territorio. Comprovate forme di controllo delle postazioni per la vendita ambulante del pane, con episodi anche di imposizione del prezzo di vendita dei prodotti; accertato pure un vero e proprio monopolio della fornitura di fiori presso una rete di venditori palermitani ubicati in prossimita’ delle aree cimiteriali di Sant’Orsola e Santa Maria dei Rotoli, a favore di imprese ragusane, emanazioni di esponenti mafiosi di quel territorio legati al clan stiddaro Carbonaro-Dominante di Vittoria (Ragusa)
il clan forniva specifiche autorizzazioni per l’apertura di negozi o per il cambio della loro gestione, con l’imposizione di ditte e tecnici per la realizzazione di lavori nei locali commerciali; pressanti le ingerenze nella conclusione e realizzazioni di affari immobiliari a favore di soggetti inseriti o contigui alla consorteria mafiosa; e, ancora, le posizioni dominanti di aziende operanti nel settore edile e del movimento terra, direttamente riconducibili agli interessi della famiglia mafiosa, tanto da poter essere considerate – come affermato dal gip – “vera e propria articolazione imprenditoriale del mandamento di Pagliarelli”.
L’ORDINE PUBBLICO E IL WELFARE
Emerse anche forme di gestione dell’ordine pubblico locale da parte di esponenti di vertice della famiglia mafiosa, chiamati a dirimere controversie e rivendicazioni tra privati. Altro strumento di realizzazione del controllo mafioso del tessuto economico commerciale del territorio di competenza della famiglia del Villaggio Santa Rosalia sarebbe stata la gestione di riserve di denaro contante, utilizzate per assicurare sostegno economico agli altri affiliati e per la concessione di prestiti, anche senza interessi, a soggetti in difficolta’. Sistematiche le forme di contribuzione a favore della famiglia mafiosa da parte degli imprenditori del quartiere, secondo lo schema dell’estorsione ambientale, utilizzate anche per garantire il sostentamento dei detenuti e dei loro familiari. Venti dei soggetti colpiti dalla misura cautelare, infine, risultano percepire direttamente o tramite il proprio nucleo familiare il reddito di cittadinanza, beneficio immediatamente sospeso.
ROTTA CALABRESE DELLA COCAINA
Infine, e’ stato accertato che una delle figure apicali della famiglia del Villaggio Santa Rosalia avrebbe organizzato uno strutturato traffico di cocaina dalla Calabria, volto a rifornire le piazze di spaccio palermitane e del trapanese. In particolare sarebbe stato pattuito con i fornitori calabresi l’acquisto di un ingente quantitativo di cocaina, a fronte del pagamento complessivo di un prezzo di 700 mila euro. A riscontro dell’accordo e’ stato effettuato un sequestro di circa 7 chili di cocaina e all’arresto in flagranza del corriere.