“Il Circolo Culturale “L’Agorà” – comunica lo stesso in una nota – organizza una conversazione sul tema “François Furet: il passato di un’illusione. L’idea comunista nel XX secolo”. All’incontro, organizzato dal sodalizio organizzatore parteciperà la ricercatrice toscana Elena Pierotti. La gradita ospite del Circolo Culturale “L’Agorà” ha analizzato diversi aspetti relativi alla materia in argomento.
Lo storico francese in oggetto è considerato da taluni il più lucido pensatore del XX secolo perché dopo aver vissuto e militato nel Partito comunista, e conosciuto da vicino il Regime sovietico, se ne distaccò ma non si convertì tout court al liberismo pur facendone un cavallo di battaglia. Fu dunque critico, e soprattutto riuscì a definire le differenze tra un’Europa a suo modo “indifferente” ed un mondo anglosassone più equipaggiato per sostenere il liberismo medesimo. Ciò poteva significare un j’accuse alla nomenclatura di Bruxelles che doveva fare i conti con l'”innovazione” democratica popolare del liberismo di cui parla espressamente François Furet e che invece è stata al momento posta in un cassetto. La lucida analisi mi ha appassionato quando ero all’università e francamente oggi mi ascia alquanto stupita per la sua precisa narrazione di avvenimenti politici che adesso ci vedono tutti, nostro malgrado, protagonisti. Per lo storico francese, seppur estremamente critico contro ogni autoritarismo, e soprattutto contro idealità fini a se stesse, incapaci di dare soluzioni praticabili, le idee hanno sempre preceduto ogni sistema economico.
Naturalmente gli storici etichettati come revisionisti, e Francois Furet venne annoverato tra questi, quando crollò definitivamente il regime sovietico, misero in piena luce il bisogno di valorizzare l’economia; il ruolo centrale che questa nel periodo andava prendendo. Ma contemporaneamente analizzarono in modo lucido come fosse potuto accadere che per quasi un secolo a sistemi democratici d’impronta liberista si fossero sostituiti regimi dittatoriali in Europa. Francois Furet non rinnegò mai la sua vecchia passione per il comunismo ed i coinvolgimenti che questa passione gli procurò, a suggello di una lunga analisi personale sul ruolo politico da attribuire alle ideologie. Se è proprio perché il presente denunciava le incongruenze di una società che relegava la politica ad un ruolo marginale, sin dagli anni novanta del XX secolo divenne indispensabile riscoprire il valore da attribuire all’impegno civile, visto che la politica abdicava parzialmente questo ruolo, cercando di evitare in ogni modo gli errori del passato. Francois Furet in questo fu certamente maestro. Il suo celebre saggio del 1995 sottolinea come “il regime sovietico fosse uscito di soppiatto dal teatro della storia, dove era entrato in modo spettacolare. A tal punto che si era identificato con il tessuto e l’orizzonte del secolo XX, e questa fine ingloriosa e repentina costituì un sorprendente contrasto con la sua clamorosa durata, dovuta al bisogno di esorcizzare condizioni sociali difficilmente prevedibili. Rivoluzione e controrivoluzione evocarono[ agli occhi di Francois Furet ] un’avventura della volontà, mentre la fine del comunismo obbedì unicamente ad un succedersi di circostanze”. La storia del pensiero comunista andò ben al di là delle vicende del regime sovietico. Fu la storia dell’Idea assai più vasta di quella del potere comunista, persino all’epoca della sua massima espansione geografica.
Analizzare lo sviluppo delle ideologie che hanno sempre avuto alla base una Idea significa comprendere l’essenza stessa dell’Europa, che per Francois Furet ha poco in comune con gli Stati Uniti e più in generale col mondo anglosassone. François Furet, storico francese di fama internazionale, noto per le sue opere fondamentali sulla Rivoluzione Francese. Ha diretto a Parigi l’«Ecole des hautes ètudes en sciences sociales». Insegnò all’Università di Chicago e fu presidente della fondazione Saint-Simon. François Furet nel 1949 si iscrive al Partito Comunista Francese come molti altri storici di chiara fama a quell’epoca. Tuttavia abbandona il partito nel 1956 dopo l’invasione sovietica dell’Ungheria, pur mantenendosi sempre vicino alle posizioni politiche socialiste. Dopo aver abbandonato gli studi universitari per alcuni anni a causa della tubercolosi si laurea in Storia a Parigi nel 1954. Inizia l’attività giornalistica presso il France-Observateur, divenuto poi nel 1964 soprattutto grazie al suo contributo il Nouvel Observateur. Nel 1955 entra nel Centre national de la recherche scientifique (CNRS), dove inizia gli studi sui temi della Rivoluzione francese. La sua notorietà è legata soprattutto alle tesi critiche che maturò riguardo alla corrente storiografica marxista sulla Rivoluzione francese dominante in quegli anni, soprattutto criticando il dogmatismo della storiografia di Albert Soboul. Tenuto conto dei protocolli di sicurezza anti-contagio e dei risultati altalenanti della pandemia di COVID 19 e nel rispetto delle norme del DPCM del 24 ottobre 2020 – conclude la nota – la conversazione sarà disponibile, sulle varie piattaforme Social Network presenti nella rete, a far data dal 12 settembre”.