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Banchina crocieristica a Corigliano-Rossano, il Comitato Magna Graecia: “Si può fare. Si deve fare”

Nella scorsa settimana si è tenuto un vertice tra la Regione, l’Autorità portuale di Gioia Tauro ed il Comune di Corigliano-Rossano. Motivo dell’incontro, il dibattito relativo alla realizzazione della banchina crocieristica nel porto di Schiavonea.

Senza molti giri di parole, l’investimento previsto (necessitano 22 milioni, ma ad oggi ne mancano 10 in cassa) è stato licenziato come inutile, se non dannoso, ai fini di un rapporto costi benefici.

Una sentenza senza appello che giudichiamo approssimativa e priva di una visione d’insieme.

Sostenere che la capitalizzazione, necessaria a rendere operativo l’optional strutturale che rilancerebbe l’invaso sibarita, sia sostanzialmente sprecata, denota poca lungimiranza.

Analogamente, ci sia concesso, conclama la superficialità con cui vengono inquadrate le infrastrutture nel nostro ambito territoriale.

 

Il porto sibarita, parimenti quello crotonese, così come quelli di Taranto e Gallipoli, insieme gli altri 20 porti minori che giacciono lungo le coste dell’Arco Jonico, si inquadrano in un ambiente geografico che ne fa realtà a se stante rispetto gli equilibri e le rotte di navigazione dell’intero Mezzogiorno d’Italia. Vieppiù, la condizione di baia individuata nell’ambito territoriale che dal Crotonese si apre al Salento, identifica i su menzionati bacini in maniera baricentrica nel più ampio contesto del Mediterraneo.

Chiaramente, un investimento dalla richiamata importanza, andrà focalizzato in un’ottica più ampia. In una visione che non potrà esulare dal concepimento di una destinazione turistico-culturale e marketing-territoriale. Quest’ultima, certamente, non potrà essere ricondotta al semplicistico concetto di steccato municipale. Sarà necessario aprirsi ad un inquadramento d’area che ponga la Città al centro di una rinnovata geografia, aggregante tutta l’offerta turistica di cui il nord est calabrese dispone. Andrà immaginata e creata una marca territoriale che possa metterci nella condizione di essere riconosciuti dai principali player turistici internazionali.

Analogamente, non potrà risultare estraneo ad un coerente scenario che le 24 portualità joniche, localizzate nella sfera allargata del golfo di Taranto, giocoforza, dovranno condividere. Quanto detto qualora volessimo realmente immaginare un futuro pregno d’appeal. Tanto per l’approdo sibarita, quanto per tutto il sistema turistico interregionale delle aree portuali ricadenti nello specchio d’acqua dell’Arco Jonico.

 

Va da sé che attualmente, e molto di più rispetto a Crotone e Taranto, il porto di Corigliano-Rossano necessiti di corollari infrastrutturali che lo ricongiungano ai principali asset delle mobilità jonica. Primo fra tutti il ramo ferroviario. La lingua ferrata, infatti, dovrebbe prevedere un innesto verso lo scalo portuale. Il vecchio PM di Thurio, posto sulla linea jonica alcuni km in direzione sud dopo lo snodo di Sibari, si presterebbe perfettamente alla scopo. In pratica si tratterebbe di un deviatoio di qualche chilometro, in aperta pianura e senza particolari vincoli da superare. Approfittando dei lavori in corso lungo il binario e dei necessari upgrades strutturali di cui questo dovrà essere dotato, non rappresenterà certamente un investimento esoso imbastire uno studio di fattibilità per una connessione tra rotaie ed bacino portuale. Parimenti, ed in maniera ancora più snella, stessa operazione dovrà essere effettuata per l’invaso pitagorico.

Pensare, quindi, ad una ricucitura urbanistica che rivitalizzi e rigeneri l’ambiente urbano di Schiavonea, con la creazione di percorsi commerciali, sarebbe il secondo passo.

Inquadrare il porto di Corigliano-Rossano, infine, in una percezione turistica che tenga conto di tutto il territorio espanso oltre la Città e dell’offerta presente a ridosso delle tre basi d’attracco principali (TA – CoRo – KR), la naturale conseguenza. Pensiamo a Matera, al Metapontino, al Pollino, alla Sila. Pensiamo alla costruzione di percorsi turistici ed enogastronomici che contemplino i tre distretti agroalimentari di qualità, posti nelle immediate vicinanze dei tre invasi. Pensiamo ad un rilancio in chiave culturale che costituisca una eco di richiamo a tutto il mondo del marketing che può essere creato sulle rotte della Magna Graecia.

 

Per accostare le tessere dell’illustrato mosaico, bisognerà ragionare svuotando la mente da preconcetti che, ad oggi, hanno prodotto ben poco valore aggiunto al territorio. Solo una visione comune e comprensiva di tutto il paniere dell’offerta turistico-ricettiva che i principali ambiti dell’Arco Jonico potranno proporre, riuscirà ad allontanate il dramma delle sabbie mobili in cui, ognuno per sua parte, i porti di Crotone, Corigliano-Rossano e Taranto, sono finiti.

È la coesione, il sentire comune, la prospettiva unitaria e l’esistenza dei servizi che renderanno il contesto jonico interregionale calabro-appulo-lucano appetibile e funzionalmente efficiente. Non il contrario.

Licenziare, pertanto, come inutile e poco proficuo, l’investimento della banchina crocieristica sull’approdo di Corigliano-Rossano, risulta stucchevole. Ancora, denota la proverbiale mancanza di una prospettiva territoriale da parte di quegli attori che invece dovrebbero costruirne un’adeguata declinazione finalizzata a cambiarne il paradigma.

Non vorremmo che dietro a queste alzate di scudi si sottenda la volontà, neppure tanto celata, di trasformare l’invaso in un Hub esclusivamente dedicato all’assemblaggio di pale eoliche, come recentemente dichiarato dall’Autorità portuale di Gioia Tauro. La nostra posizione, non già per aizzare polemiche e sterili disappunti, a rimarcare la contrarietà al tentativo di snaturare un porto da quella che, a fianco pesca e attività mercantile, è la sua naturale vocazione: il turismo crocieristico.

 

La politica non stia alla finestra. È necessario agire subito per evitare che un dissennato disegno di annichilimento della più grande infrastruttura del nord est calabro venga perpetrato. Continuando e perpetuando, quindi, il sacco centralista che, ormai da decenni, svuota e svende il nostro contesto territoriale.

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