Inaugurata Sabato 7 Maggio, presso gli spazi espositivi del Museo delle Arti di Catanzaro, la mostra di pittura “Le forme dell’oblio” di Roberto Giglio. La mostra si inserisce nel più vasto progetto ideato dalla Fondazione Rocco Guglielmo, GLOCAL IV, nella sezione “Attraversare il Territorio”, offrendo ancora una volta l’occasione per conoscere e apprezzare il dinamismo creativo di quegli artisti che si dedicano con passione ad arricchire il patrimonio culturale del territorio. Si tratta, infatti, di un progetto artistico di respiro nazionale promosso dalla Fondazione Guglielmo in collaborazione con l’Amministrazione Provinciale di Catanzaro. L’esposizione, curata da Giorgio de Finis, antropologo e direttore del Museo delle Periferie di Roma, proporrà fino al prossimo 31 Agosto la visione di 35 opere pittoriche dell’artista badolatese Giglio, alcune di grande formato, selezionate tra le più significative della produzione del pittore, e oltre 90 disegni. L’inaugurazione ufficiale dello scorso 7 Maggio è stata anticipata da una conferenza stampa che ha registrato gli interventi di Rocco Guglielmo, Giorgio de Finis, Giuseppe Sommario e dello stesso Roberto Giglio.
“La mostra, allestita al MARCA di Catanzaro – ha dichiarato il direttore Rocco Guglielmo – riassume il percorso artistico di un architetto che a un certo punto della sua vita ha deciso di dedicarsi più compiutamente all’arte. Un percorso segnato da una convincente continuità nel modo di fare pittura, nelle tecniche, nelle atmosfere evocate. Giglio mostra una sensibilità profonda per le arti visive, per la pittura e in particolare per l’acquerello, mezzo di transizione tra figurazione e astrazione, che gli offre un’estetica che la pittura semplicemente non può raggiungere. I cambiamenti cromatici e gli effetti della luce danno forma a raffinate procedure di costruzione di un personale racconto; una rievocazione di ricordi e di rivelazioni che aspirano a consolidarsi in immagini colte nel loro sottile equilibrio. Le distese di colore, ora più accentuato ora più rarefatto, impresso con gesto lento e paziente, costringono lo spettatore ad una messa a fuoco percogliere la parziale visione cui l’artista rimanda, ma lo sguardo resta invece sospeso, arriva fino ad un limite che gli impedisce di attraversare quegli equilibri e non turbare la precarietà dell’apparizione”.
Giorgio de Finis, curatore della mostra, descrive così i lavori di Giglio: “Roberto Giglio ci consegna su tele di grande formatole cartoline di questi paesaggi senza vita che si ripetono, offrendosi ai nostri occhi come una serie di “belvedere”, trappole da cui contemplare l’abisso, che non si riduce solo alla constatazione dolorosa della perdita dell’eredità culturale e del patrimonio storico-artistico di un territorio, ma – in quanto prodotto di una cancellazione violenta, di uno strappo senza elaborazione e senza memoria – si fa disagio interiore, psichico. È qui che il lavoro di Giglio, a mio avviso, si stacca dall’intento documentaristico e di denuncia del cultore di beni demo-etno-antropologici, come pure da quello militante di chi si è speso e si spende per rivitalizzare i borghi natii, per farsi universale. Le immagini in cui ci immergiamo e che non sembrano darci scampo parlano della sparizione dell’umano, evocano apocalissi sanitarie, belliche, disastri ambientali, estinzioni di massa, rimandano alle immagini che due anni fa fecero il giro del mondo parlando della fine del mondo ad un mondo chiuso in casa che scambiava la solitudine di una clausura autoimposta per la scomparsa di tutti gli altri”.
Tra i relatori anche il ricercatore universitario, storico ed amico Giuseppe Sommario che ha raccontato: “Abbiamo cominciato il nostro viaggio spinti dalle letture di Teti e Gangemi, mossi dall’urgenza di ridare un senso ai paesi che noi stessi abbiamo lasciato, mossi dal bisogno di dare un volto ai fantasmi che si aggirano per i borghi, che in realtà sono i nostri fantasmi. La nostalgia e il dolore per un mondo che sta finendo in verità celano la paura per il futuro, rendono ancor più manifeste le nostre inquietudini, il nostro tormento interiore. Un tormento che la pittura di Roberto tramuta in paesaggi rarefatti in cui l’umano sembra dissolversi in piena luce, ma è proprio in questa luce rarefatta che appare tutta l’umanità di Roberto Giglio. La sua pittura racconta il nostro camminare lento, rappresenta luoghi dove il tempo pare si sia fermato; luoghi che, così rappresentati, travalicano il ricordo soggettivo e diventano memoria collettiva. Ora, noi non sappiamo se i paesi, i nostri paesi si salveranno, riprenderanno vite e forme nuove, non sappiamo se il nostro viaggio, i nostri racconti (fatti dei suoi acquerelli e dei miei scritti) incrociati e complementari contribuiranno alla “rigenerazione” delle aree interne. Quello che sappiamo è che in questi luoghi ci sentiamo a casa, ci appartengono, sono nostri. A loro abbiamo affidato sogni, storie, desideri di fuga e di ritorni”.
La mostra “Le forme dell’oblio” resterà aperta fino al 31 agosto 2022 ed il MARCA, ubicato in via Via A. Turco n. 63 a Catanzaro città, ospiterà anche eventi e laboratori organizzati da Roberto Giglio in collaborazione con tanti altri amici artisti.