Ci sono diverse prospettive dalle quali guardare alla Nato, alla sua ragione di esistere ancora oggi, al ruolo e ai rischi che la sua esistenza comporta in un quadro complessivo di sicurezza continentale. Si puo’ discutere sulla sua utilita’ – la piu’ che inflazionata domanda: a che cosa serve la Nato? Al quesito, reso ancora piu’ attuale dalla crisi russo-ucraina, tenta di dare una risposta Giuseppe Romeo, analista politico, giornalista pubblicista e accademico, nel suo libro “La Nato dopo la Nato-Perche’ l’alleanza rischiera’ di implodere”, Diana edizioni.
Diplomatosi al liceo scientifico di Cittanova (RC), Romeo ha frequentato l’Accademia Militare di Modena e la Scuola Ufficiali Carabinieri, ed e’ autore di numerosi saggi. L’autore non esclude considerazioni piu’ profonde per le quali, scrive nell’introduzione al suo lavoro, “ammessa la necessita’ di assicurare condizioni di equilibrio e stabilita’ condivise in Europa, non sia necessario rinegoziare la stessa Alleanza senza deprivarla di una sua utilita’ purche’ condivisa e discussa da tutti i protagonisti della storia dell’Europa del nuovo millennio: Federazione Russa compresa. O anche valutare con obiettivita’ la realta’ geopolitica del momento e l’esistenza o mancata garanzia di idonei equilibri continentali garantiti da attori che si sovrappongono su piani comuni, come quelli della sicurezza e difesa, che si guardano solo in un orizzonte comune atlantico e, se cosi’ fosse, non sarebbe certo un esercizio di scuola, ne’ potrebbe sembrare una vanita’ accademica”.
L’idea che ancora oggi, a proliferazione data, si possa replicare una sorta di bipolarismo nucleare perfetto “e’ ormai – scrive Romeo, esperto di geopolitica – una condizione non percorribile per la diffusione non solo delle disponibilita’ e per la versatilita’ raggiunta dai sistemi d’arma quanto per la diffusione dei centri di potere che la stessa grande potenza sopravvissuta alla Guerra Fredda, gli Stati Uniti, non riuscira’ a governare con puntualita’ se non affidandosi al rilancio della Nato per obiettivi politici e per interessi nazionali. Interessi, questi, sottesi alla politica mondiale di Washington, e alla rivisitazione del peso riconosciuto agli stessi alleati europei e alla sostenibilita’ dei costi”.
Ma vi e’ anche un’altra prospettiva alla quale guardare. Ed e’, secondo l’autore, proprio la possibilita’ di rinegoziare il trattato dell’Atlantico del Nord soprattutto al termine della crisi russo-ucraina.
“Una necessita’ e non un lusso ne’, tantomeno, – dice – una concessione fatta al vincitore o al perdente di una crisi non certo imprevista o imprevedibile, se non voluta o auspicata che mutera’ nel tempo breve non solo gli equilibri, ma gli stessi rapporti di forza tra le potenze e le relazioni fiduciarie tra gli alleati euroatlantici.
Secondo Romeo, “la Nato si e’ trasformata dopo aver buttato alle ortiche quel Paris consensus che avrebbe segnato un’epoca e dato una ragione alla fine di un’Europa divisa tra fratelli, in un braccio politico piuttosto che militare prestandosi a presidiare rendite geopolitiche che non avranno longevita’ se non ad alti costi o insidiando culture e valori in nome di un’idea di impero neoliberale che nulla ha a che fare con un impero europeo. Un’idea di impero, quella neoliberale, che nel suo radicalismo consumistico e nella sua affermazione nell’omologazione delle culture all’egemone d’oltreatlantico si porta sulla stessa via della propria nemesi, quella comunista, omologante e normalizzante.
Una strada gia’ giudicata dalla storia – sostiene il saggista – e che fara’ si’ che lo sforzo del mercato universale a prezzo unico rischiera’ di implodere nelle crisi economiche dei prossimi anni e sulle macerie dell’azzardo testato con la farsa pandemica e giocato in Ucraina. La sicurezza non e’ uno slogan ne’ un piatto da servire al commensale europeo quando serve dalla parte degli Stati Uniti ed e’ per questo che le scelte non sembrano di poco conto e che il futuro della crisi russo-ucraina presentera’ all’Europa intera un conto importante”.
Valutare una razionalizzazione delle politiche di difesa e sicurezza europee, ridefinendo e riorganizzando il trattato atlantico attraverso un partenariato inclusivo ma paritario, pertanto, “non e’ una metafora ma una necessita’”.
(AGI)