di Paolo Ficara – La fiera dell’assurdo. Questa è ormai diventata Reggio Calabria, in particolare quando si tocca l’argomento calcio. Di cui tutti parlano. Ma dal quale, se esistesse un briciolo di competenza in chi tratta la materia, si otterrebbero forse sviluppi diversi. Rispetto ad una realtà che vede la Reggina relegata in Serie D, e nemmeno da protagonista assoluta.
Il Consiglio Federale tenutosi ieri a Roma, non ha modificato la sostanza relativamente a riammissioni e ripescaggi. Per questi ultimi, che si verificheranno in caso di iscrizioni bocciate alle aventi diritto, c’è un ordine di chiamata abbastanza preciso. Il Ravenna, vincitore della Coppa Italia Dilettanti oltre che dei propri playoff di girone, è secondo. La Reggina è quinta.
Quindi oggi la Reggina è in Serie D perché non è stata in grado almeno di non perdere contro il Siracusa, sia all’andata che al ritorno. E non si trova nelle primissime posizioni della graduatoria ripescaggi, in quanto a dicembre si è fatta eliminare dall’Enna in Coppa Italia. Ai rigori, in casa. Punto. Arbitri, Vibonese, Gravina e tutta la variegata sagra degli alibi, nulla hanno a che vedere.
Accarezzando con umiltà l’idea che forse siamo noi a vivere intrappolati in una realtà distopica, muoviamo qualche considerazione. L’Inter è arrivata seconda in Serie A, ad un punto dal Napoli. Non ci pare che Lautaro e compagni abbiano festeggiato. Non abbiamo sentito da Marotta né recriminazioni, né particolari alibi. Eppure, tiene lectio magistralis alla Bocconi.
Il Ravenna ha vinto i playoff del girone D e ha festeggiato tale traguardo. Adesso è secondo nella graduatoria ripescaggi. Forse, in Romagna sanno qualcosa che altrove magari si immagina, o si spera. Il vicepresidente è Ariedo Braida. Mica uno che si fa squalificare il campo. O che rilascia risposte imbarazzate ed imbarazzanti, alle domande sulla puntualità degli emolumenti alla squadra.
A Reggio Calabria non solo abbiamo visto festeggiamenti dopo la vittoria ai supplementari contro la Scafatese, ma vediamo eseguiti in fretta e furia lavori urgenti presso lo stadio “Granillo” da parte dell’amministrazione comunale. E considerando che la Reggina è quinta nel discorso ripescaggi, a meno che non sia proprio una delle neopromosse a bucare l’iscrizione, ci chiediamo se anche i due soggetti in foto sappiano qualcosa che a noi sfugge.
Domande che ormai non ci poniamo più, verso chi affianca mediaticamente l’attuale dirigenza. Pretendendo che tutti si inginocchino davanti al maestro Nino. La situazione è antropologicamente chiara. È come frequentare un partner privo di fascino, simpatia e soprattutto intelligenza. A voler essere materiali, non si intravedono nemmeno averi o bellezza giovanile. Tale partner però ha l’abilità – perché qualche dote spiccata deve pur averla – di sussurrare all’orecchio parole dolci. Come “ce l’abbiamo quasi fatta”, “il Livorno ci ha messo tre anni”, oppure “ti ho aperto lo store”.
L’abilità mistificatrice di tale partner, si basa tuttavia su un altro assunto: “Non c’è l’alternativa”.
Instillando dunque il terrore di rimanere solo, al tifoso rimasto piegato su sé stesso dopo una bruciante delusione. Come se non esistessero 8 miliardi di persone, al mondo. Siamo rimasti soli e feriti, non vogliamo più scottarci, e dunque dobbiamo farci andare bene il partner più scarso d’Italia. Senza renderci conto che la peggiore illusione è proprio quella di dover vivere per sempre nella mediocrità.
Sono tutti discorsi utili a spostare l’attenzione dal reale problema. Palazzo San Giorgio ha messo la squadra di calcio nelle mani di un maestro elementare e di un tecnico radiologo. Premiando un business plan che prevedeva, ad oggi, la Reggina già promossa in B. Una volata tipo quella di Palermo e Parma, i quali tuttavia vinsero la C al secondo anno attraverso i playoff. Nel famoso business plan, c’è l’esperienza come dirigente dell’Empoli inserita a mo’ di curriculum dal maestro. Chi cazzo ha verificato?
Se vale tutto, allora aspettiamoci che ad un bando per nuotatori in grado di attraversare lo Stretto in stile libero, si presenti qualcuno che sa stare a malapena a galla. Capace però di mettere per iscritto che lui, lo Stretto, lo attraversa in meno di due ore. Avendo partecipato alle Olimpiadi di Mosca del 1980, senza specificare che in realtà puliva la piscina. E venendo dunque preferito a Massimiliano Rosolino. Peccato però che in mezzo al mare, assieme all’ipotetico millantatore, ci rimanga – in questo caso – una tifoseria intera.
Senza voler entrare in ambito giudiziario, o dare una piega inquisitoria al nostro articolo: in una città normale la scelta della società cui assegnare il titolo sportivo, avrebbe suscitato molto più scandalo politico del caso Miramare. Specie a distanza di un anno e mezzo, e di fronte all’acclarato fallimento del progetto sportivo.
Nei mesi scorsi abbiamo tenuto vari confronti, all’interno di Reggina Talk. Stefano Bandecchi. Pino Benedetto. Nicola Amoruso. Francesco Benedetto. Lillo Foti. Bandecchi ed Amoruso si erano avvicinati a settembre 2023: il primo ha presentato la domanda, il secondo aveva già capito che sarebbe stato inutile. Foti, 13 mesi fa, si era dichiarato pubblicamente disponibile per chi volesse rilevare la Reggina con intenzioni serie. Francesco Benedetto ha confermato che c’era stato un approccio tra dicembre 2024 e gennaio 2025, senza specificare il nome dell’imprenditore rappresentato. Siete sicuri che non ci sia l’alternativa?
Bandecchi, Amoruso e Pino Benedetto sono stati concordi, pur non conoscendosi fra di loro ed avendo idee calcistiche e politiche totalmente differenti, nel sostenere che la Reggina in Serie D va ceduta a zero. Foti non lo ha detto esplicitamente, ma lo ha fatto ampiamente intendere, aggiungendo che eventualmente in Serie C bisognerebbe sostenere costi per almeno 5 milioni. Sempre se si vuole entrare in competizione con Benevento, Catania o Cosenza. Anziché con Altamura e Giugliano.
Ma c’è un aspetto che accomuna le dichiarazioni di Foti, Amoruso, Bandecchi e Benedetto padre e figlio: nessuno di loro, almeno nelle nostre interviste, ha mai lontanamente citato vuoi per nome, per cognome o per riferimenti geografici, gli attuali proprietari della Reggina. È come se non esistessero. Zero considerazione. Toccata con mano anche lo scorso febbraio, nella manifestazione all’Odeon per i 111 anni della Reggina: nessuna stretta di mano, nemmeno uno sguardo incrociato, tra gli ex presidenti – della Reggina, non della Urbs – e gli attuali occupanti.
I due vicesindaci, non li disturbiamo proprio. Anche perché, cosa volete che vi dicano ancora? Uno ha il nipote in prima squadra. L’altro ha il figlio nell’organico dell’Under 17, anche se ha pochissimo spazio. Ma il sindaco lo disturbiamo eccome. Anche perché, avendolo mediaticamente sostenuto nella primavera 2024, ci torna utile a non essere tacciati come schierati politicamente.
Dov’è finito il Giuseppe Falcomatà che l’anno scorso dichiarava ripetutamente che non bisogna vivacchiare in Serie D? Parlando, lui, di investitori ai quali non andava chiusa la porta. E presentandosi all’asta per il marchio della Reggina, sottovalutando forse il fuoco amico. Dal pomeriggio del 29 maggio 2024, è come se fossero due persone diverse.
Il sindaco Falcomatà dispone certamente dei numeri di telefono delle cinque persone sopra citate. Cosa ci vuole ad ammettere il madornale errore commesso da Palazzo San Giorgio? Quanto altro tempo deve trascorrere, prima di verificare lo stato dei pagamenti non tanto ai giocatori – che andranno saldati entro la prima decade di luglio – ma verso segretari, magazzinieri e steward? Ci sono gli attributi, qualora in Serie D si insistesse a non liberare l’ostaggio Reggina, per suggerire agli attuali occupanti di andare a giocare a Villa San Giovanni?
La Serie D è una tragedia per Reggio Calabria. Un anno ci si può finire per colpa di Saladini, ma le annate successive sono totale colpa dell’amministrazione comunale. Senza se, senza ma ed a prescindere dal colore politico. Anzi, abbiamo pochi dubbi circa l’idea che con gli attuali esponenti locali del centro-destra, in dirigenza ci sarebbe stato incarico ed ampio spazio per altri amichetti. Partecipare alla Serie D con una proprietà da Serie Z, è una tragedia al metro cubo.
Noi siamo ancora speranzosi circa la possibilità di una chiamata dalla Serie C per la Reggina. Ma a quel punto, servirebbero i soldi. Molti. Come potrebbe la Figc facilitare il ripescaggio della Reggina, con il rischio di vederla gambe all’aria stile Urbs? Questo è il vero problema. Non le divisioni a cui hanno dato vita gli attuali occupanti, insieme a politici da quattro soldi e vari giullari di corte. Siete rimasti come Adriano Celentano e Claudia Mori: inutile suonare, qui non vi aprirà nessuno. Vi auguriamo sia un’unione felice. Ma vi auguriamo anche di rimanere soli, a prescindere dalla categoria.