Riguardo al Ponte sullo Stretto, “si è capito che il termine del 31 luglio 2024, inizialmente fissato come termine per l’approvazione del progetto esecutivo è naturalmente irrealistico e va procrastinato. Però nel decreto viene totalmente cancellato e sarebbe opportuno fissare un termine: averlo è essenziale per valutare lo svolgimento dell’opera”.
Così il presidente dell’Anac, Giuseppe Busia, ascoltato in commissione Ambiente.
In merito all'”approvazione del progetto esecutivo che si prevede per fasi costruttive differenti” Busia ha sottolineato che “proprio un’opera come il Ponte sullo Stretto” deve avere “un progetto esecutivo unitariamente considerato, altrimenti si rischierebbe di approvare singole fasi del progetto senza essere certi che queste fasi vadano a collegarsi l’una con l’altra. Bisogna avere una visione unitaria”.
Busia ha quindi spiegato che “non aver svolto una nuova gara sul progetto pone dei vincoli anche di carattere finanziario, che esporrebbero al rischio di varianti successive”.
Riguardo al Ponte sullo Stretto e al venire meno del parere previsto in passato da parte del Consiglio di Stato “si ritiene che questo parere sia utile al governo a fianco a quello del Cipes. Se possibile sarebbe utile, data l’importanza dell’opera, ripristinare e tenere conto del parere del Consiglio di Stato”.
“Per il Ponte sullo Stretto avevamo suggerito al governo di acquisire il vecchio progetto e usarlo come base di gara per completarlo e migliorarlo. Non è stato deciso così, quindi a maggior ragione oggi serve approvare il progetto esecutivo in modo unitario, senza spezzettarlo in fasi esecutive e naturalmente senza avviare i lavori prima di avere un quadro complessivo dell’opera. Altrimenti la parte pubblica finirebbe per prendere su di sé rischi che non le competono ed i costi potrebbero aumentare oltre il limite fissato dalla normativa europea”, ha aggiunto il presidente di Anac. Inoltre secondo Busia “per un’opera di tale complessità tecnica e di così ingente valore economico, approvare un progetto esecutivo per fasi costruttive sarebbe estremamente rischioso, in quanto ogni porzione è necessariamente legata all’altra. L’approvazione deve avvenire in un’unica soluzione. Altrimenti risulterebbe difficile avere un quadro chiaro e complessivo dell’effettiva realizzabilità dell’opera e dei relativi costi. Questo è il punto più delicato dell’intero decreto. Non essendo chiaro il quadro complessivo, si accentua il rischio di varianti progettuali, con il duplice rischio di dover rivedere quanto si è appena approvato e di veder lievitare i costi, magari oltre la soglia fissata dalle disposizioni europee. Avendo deciso di non svolgere una gara, esistono al riguardo limiti più stringenti indicati dalla direttiva. Inoltre, un’eventuale approvazione del progetto esecutivo per fasi costruttive finirebbe anche per trasferire in capo alla parte pubblica, rischi che invece competono contrattualmente al privato”.
“Ci sono alcune disposizioni che fanno riferimento alla verifica dei costi: è importante unitamente al progetto – ha spiegato Busia – avere una trasparenza ampia sui costi, questo è essenziale per valutare i vincoli di bilancio e la compatibilità con l’articolo 72 (che impone di non superare il limite del 50% rispetto a spesa iniziale – ndr) opportunamente previsto dal decreto fin dall’inizio”.
“Se il ministro ha bisogno di più esperti è giusto che possa avvalersene ma la cosa importante è che l’asseverazione, che ha a che fare con oneri, costi e piano finanziario, sia affidata anche alla Corte dei conti oltre che al Cipe e alle commissioni parlamentari”, ha aggiunto.