L’influenza sulle elezioni e sull’amministrazione comunale di Cerva (Catanzaro) e le ramificazioni al Nord.
Erano queste alcune delle dinamiche criminali che muovevano la cosca Carpino di Petrona’ (Catanzaro), colpita dall’operazione “Karpanthos” condotta dai carabinieri del comando provinciale di Catanzaro.
L’operazione, in gergo “Karpanthos” (dal nome attribuito, in antichita’, alla citta’ di Petrona’), si e’ concentrata soprattutto sull’area della Presila catanzarese, ai confini con la provincia di Crotone, dimostrando – spiegano gli inquirenti – “l’esistenza e l’attuale operativita’ di un sodalizio di ‘Ndrangheta operante nei territori di Petrona’ e Cerva, avente stabili ramificazioni nelle province di Lecco, Genova e Torino; e di un’organizzazione dedita a un fiorente spaccio di sostanze stupefacenti, operante sul medesimo territorio, di cui fanno parte alcuni affiliati”.
In particolare l’indagine ha permesso di documentare l’esistenza della cosca di ‘Ndrangheta Carpino di Petrona’, coinvolta negli anni 2000 in una sanguinosa faida, e dell’alleato gruppo criminale di Cerva, detto dei Cervesi, con estensioni in Piemonte e Lombardia, entrambi ora ricadenti sotto l’influenza del “locale” di Mesoraca (Crotone), dediti principalmente alle estorsioni a imprenditori mediante incendi e danneggiamenti, alle rapine a mano armata, al riciclaggio e all’intestazione fittizia di beni, al traffico di cocaina e marijuana con differenti canali di approvvigionamento.
Inoltre “l’attivita’ investigativa ha fatto emergere lo scambio elettorale politico – mafioso e l’influenza del gruppo criminale di Cerva sulla locale amministrazione comunale in occasione delle elezioni del 2017, mediante il procacciamento di voti per alcuni degli indagati – all’epoca candidati ed eletti in quella tornata, poi riconfermati nelle consultazioni del 2022 – in cambio della promessa di denaro e di una percentuale sugli appalti pubblici. E’ altresi’ emersa la possibilita’ della cosca di Petrona’ di avere a disposizione entrature nella pubblica amministrazione. Nel caso di specie, un dipendente dell’Agenzia delle Entrate aveva messo la propria funzione a disposizione di un affiliato, manifestando la propria disponibilita’ a ricevere dei falsi, riguardanti proprieta’ di quest’ultimo, per evitare che costui incorresse in sanzioni o che dovesse pagare l’Imu e ottenendo, in cambio la promessa di favori di varia natura”.