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Zito a Reggina Talk: “Al presidente del Locri non andava bene la lista convocati, ma i calciatori non li scelgo in base al genitore facoltoso”

di Paolo Ficara – Personaggio che col dilettantismo ha poco a che vedere, per cultura e capacità. Non sappiamo se sia un problema di ambizione o di agganci giusti, quello che ha portato Domenico Zito a non intraprendere la carriera che meritava come allenatore. Dopo aver svezzato diversi ragazzi al Sant’Agata, specie ai tempi della Reggina Calcio di Lillo Foti, per il tecnico di Gioia Tauro non è bastato l’exploit di qualche anno fa con la Cittanovese – quando piegò il Bari in Serie D – per spiccare il volo.

Dopo una buona esperienza alla guida del Catanzaro Primavera, quest’anno mister Zito si è prima seduto sulla panchina della Palmese, in Eccellenza. E poi su quella del Locri, in Serie D. Salvo dimettersi repentinamente sabato scorso, alla vigilia dell’importante trasferta di Siracusa. Ai microfoni di Reggina Talk, ha spiegato i motivi di tale decisione:

“Sabato mattina c’è stato il solito discorso del presidente. Eravamo abituati al suo modo di essere diretto, in certi casi con dei toni che non ti danno serenità. Quando ho finito l’allenamento, assieme al mio staff, ho stilato la lista dei convocati. Al presidente non è andata bene la scelta di alcuni convocati. Mi ha sollecitato, con toni e modi che andrebbero migliorati. Non ho mai permesso a nessuno di non rispettare i ruoli. Le mie possono essere scelte sbagliate o non condivise, però vanno rispettate. Ho notato che da parte sua, questo mio modo di rappresentare le cose non gli garbava – la schietta esternazione di Zito a Reggina Talk – E ho comunicato che avrei immediatamente presentato le dimissioni, informando la Federazione di tale mia irrevocabile decisione. Rinunciando al compenso. Tra me ed il gruppo squadra si era instaurato un rapporto di sintonia e di fiducia reciproca: agli occhi del gruppo, avrei fatto una figuraccia. Scelgo non perché il giocatore ha gli occhi azzurri, o il genitore facoltoso”.

Il rammarico di Domenico Zito è di aver visto la propria squadra disorientata a Siracusa, dato che avrebbe volentieri dato una mano alla Reggina di cui è tifoso: “Locri e Reggina sono accomunate da un grande senso di appartenenza. Da esterno, cercherò di tifare affinché la Reggina torni nel professionismo. Non so come, se con un ripescaggio o per grazia divina. E per il Locri, affinché mantenga la categoria. Il Sant’Agata? Ho avuto la fortuna di far svolgere il primo allenamento a Giovanni Di Lorenzo. Il centro sportivo è un fardello, da mantenere alle condizioni giuste. Ci vuole una forza economica fuori dal normale, per questa categoria. Ma dirigere la Reggina ha onori ed oneri. Chi lo ha fatto, deve sapere che la Reggina in D deve partecipare da fuoriclasse. Ho guardato attentamente la squadra, a mio avviso la Reggina è la più forte nei singoli. Forse, a differenza del Siracusa, non ha un doppio calciatore in tutti i ruoli. I due confronti potevano essere gestiti meglio. All’andata siamo stati troppo rinunciatari. Nella gara di ritorno, partendo così forte, bisognava capire che sarebbe arrivato il momento in cui andava portato a casa il risultato. E’ mancato l’atteggiamento da squadra forte. Ed avrei gestito meglio anche la gara precedente di Acireale, dove avrei fatto qualcosa per evitare l’ammonizione di Barillà”.

Non potevamo non chiedere a Domenico Zito un parere su Provazza e soprattutto Perri: “Provazza è un esterno d’attacco, non ricordo sotto quale gestione l’ho visto come seconda punta. Marcel lo conosco molto meglio, avendolo allenato – ricorda l’ex tecnico di Reggina Primavera, U17 e U15 – da quando aveva 15 anni fin quasi al diciottesimo anno di età. Può essere utilizzato in più ruoli. Lo vedo da mezzala, se giochi a tre. Lo vedo da trequarti, se giochi col trequarti. Non lo vedo da seconda punta, né da attaccante esterno. Abbiamo fatto riunioni con tanti direttori per valutare i giocatori: il maestro Gabriele Martino, ma anche con Peppe Geria. Mi si dice che partecipa poco alla fase di non possesso. Ama più avere la palla tra i piedi, ma non si tira indietro. Specie ora che ha una maturità psico-fisica. Certo, se lo metto a centrocampo, nel reparto serve gente con altre caratteristiche. Come Momo Laaribi e Nino Barillà. O come Jacopo Dall’Oglio, un altro che mi onoro di aver allenato”.

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