“La verità è sempre rivoluzionaria” - Antonio Gramsci
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Il Circolo Culturale “L’Agorà” presenta il saggio “La Terra Rossa” del dott. Santo Gioffrè.

Il prossimo 19 gennaio sulle varie piattaforme Social Network presenti nella rete, sarà disponibile la conversazione, organizzata dal Circolo Culturale “L’Agorà” sul libro “La Terra Rossa” del dott. Santo Gioffrè.  Il romanzo “La Terra Rossa” dello scrittore calabrese Santo Gioffrè edito qualche anno fa edito da Rubbettino è un romanzo apertamente e deliberatamente schierato dalla parte delle donne. Il critico letterario Pasquino Crupi nel breve commento al romanzo, tra i tanti inseriti all’interno del trattato, “La ‘ndrangheta nella letteratura Calabrese”, ha ritenuto che la tematica fondamentale dello scritto fosse quella di raffigurare la società malavitosa calabrese all’inizio degli anni cinquanta, imperniata sulle “catriche” e sulla sopraffazione atavica esistente nelle province del Sud Italia tra gli “gnuri” ed i contadini.

Ovviamente l’analisi dell’illustre studioso appare pregevole, tuttavia, le vicende della ‘ndrangheta restano sullo sfondo dello scritto di Santo Gioffrè. Seppure il personaggio principale dell’opera narrativa è l’uomo, il ricco possidente Don Ciccio D’Alessandro, la vera eroina è l’umile Carmela, la donna, serva, quasi schiava, della quale il benestante padrone si serve per esprimere la propria sensualità superficiale e permeata da clichè di stampo maschilista. L’intera storia è intessuta del rapporto subalterno tra  Don Ciccio e Carmela: della progressiva deriva dell’uomo che, piuttosto che procedere verso l’elevazione spirituale, pur avendone mezzi e ingegno, si proietta  scientemente  verso gli inferi della totale abiezione morale. Trattando Carmela da oggetto sessuale impedisce a sé stesso di godere della paternità che la donna, suo malgrado, gli procura, e alleandosi segretamente con i membri di quel folto sottobosco criminale costituito dalla nascente organizzazione mafiosa, diviene un colluso, un fiancheggiatore doppiamente responsabile e perciò stesso doppiamente spregevole.

Don Ciccio e’un personaggio irrisolto, un immaturo diremmo oggi, un ignavo che, pur percependo lucidamente la realtà infima del luogo in cui vive, non sceglie la vita, come dovrebbe secondo coscienza e secondo l’educazione ricevuta: sceglie,  nel privato,  di appartenere all’oscurità dei rapporti non svelati, alla quiete umiliante dell’accoppiamento senza emozioni e – nella vita pubblica –  di aderire ad una classe sociale ignava e immobile, quella della borghesia terriera meridionale.

E’ un “parassita” al pari di quei borghesi individuati già in precedenza da Antonio Gramsci in un famoso scritto del dicembre 1919, che anziché ripudiare la delinquenza emergente ne legittima l’espandersi, consentendo il rafforzamento  di una cultura a tutt’oggi persistente nella realtà calabrese. Tenuto conto dei protocolli di sicurezza anti-contagio e dei risultati altalenanti della pandemia di COVID 19 e nel rispetto delle norme del DPCM del 24 ottobre 2020 la conversazione,organizzata dal sodalizio culturale reggino, sarà disponibile, sulle varie piattaforme Social Network presenti nella rete, a far data da venerdì 19 gennaio.

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