La sesta sezione della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dall’Avv. Basilio A. Pitasi nell’interesse di Andrea Costante contro l’ordinanza del Tribunale di Brescia che confermava la misura cautelare detentiva. La Cassazione ha quindi disposto un nuovo esame del caso, ritenendo necessario un approfondimento delle questioni sollevate dalla difesa.
Costante che al momento dell’arresto viveva a Reggio Calabria, era stato raggiunto da provvedimento emesso dal gip presso il tribunale di Brescia che aveva disposto 25 misure cautelari e il sequestro preventivo per oltre 1,8 milioni di euro nonché numerose perquisizioni nelle province di Brescia, Reggio Calabria, Milano, Como, Lecco, Varese, Verona, Viterbo e Treviso, in relazione ad un’associazione mafiosa di matrice ‘ndranghetista operativa in territorio bresciano dedita alla commissione di estorsioni, traffico di armi e droga, ricettazioni, usura, reati tributari e riciclaggio. Gli investigatori hanno altresì contestato il reato di scambio elettorale politico mafioso.
Il Tribunale di Brescia aveva confermato la misura cautelare a carico di Andrea Costante al quale venivano contestati oltre il reato di partecipazione ad associazione mafiosa, anche i reati di porto e detenzione di armi e di riciclaggio aggravati della finalità agevolatrice mafiosa, sulla base di una serie di elementi indiziari, ritenuti sufficienti a supportare l’accusa di partecipazione ad associazione mafiosa.
Il Tribunale aveva dato particolare rilievo a una conversazione in cui tale Stefano Tripodi,indicato come capo e promotore di detta associazione, si proponeva come “formatore” del giovane Costante, manifestando l’intenzione di “insegnarlo a sparare”. Questa dichiarazione era stata interpretata come un segnale della volontà di Tripodi di inserire Costante nel gruppo criminale.
Il Tribunale aveva inoltre considerato come indizi di partecipazione l’atteggiamento di Costante in alcune conversazioni, in cui si era mostrato disponibile a occultare armi e a partecipare a una “spedizione punitiva” oltre che il coinvolgimento nell’attività di riciclaggio di autovetture.
L’Avv. Pitasi, difensore di Andrea Costante, aveva contestato con forza il provvedimento del Tribunale di Brescia, articolando le proprie censure sia nel ricorso principale che nei motivi aggiunti.
Il legale aveva sostenuto che il Tribunale aveva travisato il significato delle conversazioni intercettate. In particolare, aveva evidenziato come la necessità di “far maturare” Costante, espressa da Tripodi, dimostrasse proprio l’assenza di un suo effettivo inserimento organico nell’associazione mafiosa. Se Costante fosse stato già un membro effettivo, non ci sarebbe stato bisogno di “formarlo”.
La difesa aveva insistito sulla necessità di valutare le condotte di Costante nel loro contesto reale, tenendo conto della sua giovane età (poco più che ventenne all’epoca dei fatti) e della sua posizione di dipendente dei Tripodi. L’Avv. Pitasi aveva parlato di “timore reverenziale” e di una possibile condizione di soggezione psicologica di Costante nei confronti dei suoi datori di lavoro.
In subordine, la difesa aveva chiesto di riqualificare il reato contestato a Costante da partecipazione ad associazione mafiosa a concorso esterno. L’Avv. Pitasi aveva evidenziato la mancanza di prova di un rapporto di stabile e organica compenetrazione di Costante con il tessuto organizzativo del sodalizio, elemento distintivo della partecipazione rispetto al concorso.
La difesa aveva contestato l’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 c.p. (agevolazione dell’attività mafiosa), sostenendo che non fosse stata adeguatamente dimostrata la volontà specifica di Costante di favorire l’associazione mafiosa con le sue condotte.
Infine, l’Avv. Pitasi aveva criticato il Tribunale per non aver adeguatamente considerato il significativo lasso di tempo trascorso dai fatti contestati e l’interruzione di ogni rapporto di Costante con i Tripodi. Aveva evidenziato l’assenza di precedenti penali e la giovane età dell’imputato.
La Corte di Cassazione, pur non entrando nel merito della vicenda, ha ritenuto che le argomentazioni difensive dell’Avv. Pitasi meritassero un più approfondito esame da parte del giudice del riesame. Per questo motivo, ha annullato l’ordinanza del Tribunale di Brescia e ha disposto un nuovo giudizio.