Proseguono senza sosta, a San Luca, da parte dei carabinieri, le ricerche di Antonio Strangio, 42 anni. L’uomo, noto alle forze dell’ordine ma finora mai implicato in vicende di mafia, non si hanno notizie, infatti, da almeno cinque giorni.
Nel tardo pomeriggio di lunedì scorso i carabinieri, in una zona di campagna posta tra i confini territoriali dei Comuni di Bovalino e San Luca hanno trovato, completamente distrutta da un precedente incendio, l’autovettura, un fuoristrada, di proprietà dello scomparso. All’interno del veicolo, dei resti carbonizzati, che inizialmente si pensava appartenessero ad un animale da pascolo, ma nelle ultime ore starebbe prendendo forma la possibilità che i pochi resti, perlopiù frammenti di ossa carbonizzati, trovati all’interno del mezzo siano di natura umana e riconducibili allo stesso Strangio.
Per avere certezze sull’identità della vittima la Procura della Repubblica di Locri, che coordina al momento le indagini condotte dai carabinieri in attesa di un’eventuale trasmissione del fascicolo d’inchiesta alla Dda di Reggio Calabria, ha disposto l’effettuazione sui resti dell’esame del Dna, affidati ai carabinieri del Ris di Messina. L’esito dell’esame, comunque, non si saprà prima di alcune settimane.
Nel pomeriggio di lunedì scorso, dopo l’allarme lanciato da alcuni familiari dell’allevatore sanluchese che non era rientrato a casa, né si era fatto vivo telefonicamente, i carabinieri, in una zona di campagna posta tra i confini territoriali dei comuni di Bovalino e San Luca avevano trovato, completamente distrutta da un precedente incendio, l’autovettura, un fuoristrada, di proprietà di Strangio.
Agli investigatori i familiari e i parenti di Strangio hanno riferito di non saper dare una chiave di lettura all’improvvisa scomparsa del congiunto.
“Le famiglie Strangio e Scalia ringraziano a tutta la popolazione ma dispensano dalle visite”. É il contenuto di un manifesto fatto affiggere a San Luca dai familiari di Antonio Strangio. Sposato e padre di quattro figli, l’uomo non ha alcun precedente per fatti di ‘ndrangheta. Il padre, Giuseppe, fu coinvolto nell’inchiesta sul sequestro di Cesare Casella, rapito a Pavia nel 1988 e rilasciato due anni dopo dietro pagamento di un riscatto.