“È una di quelle pagine nere che tornano sempre, uguali, drammatiche. Quella del sovraffollamento carcerario non è solo una questione tecnica. È una ferita aperta nella nostra coscienza civile, una vergogna che riguarda tutti, perché dice chi siamo, e quanto valga davvero la vita umana nel nostro Paese.
I numeri parlano chiaro: oltre 62.700 detenuti per meno di 47.000 posti regolamentari. Un’emergenza che dura da decenni, e che da quando si è insediato l’attuale governo è addirittura peggiorata: 6,5 detenuti in più ogni giorno, a fronte di un solo nuovo posto ogni otto. Il risultato? Celle sovraffollate, tensioni esplosive, e un dato ormai intollerabile: l’aumento vertiginoso dei suicidi in carcere.
E come spesso accade, è il Sud – e la Calabria in particolare – a pagare il prezzo più alto. Perché qui il sistema penitenziario sconta da anni strutture inadeguate, personale ridotto all’osso, servizi assistenziali e sanitari insufficienti. Le carceri di Cosenza, Rossano, Catanzaro, Vibo raccontano ogni giorno una realtà che chi vive lontano dalle sbarre non può nemmeno immaginare: celle stipate, turni massacranti per gli agenti, assistenza psicologica praticamente assente.
In questo contesto, il ministro Nordio rilancia con una proposta che suona come un disco rotto: più cemento, più container, più repressione. Lo aveva già annunciato un anno fa col decreto “Carcere sicuro”. Oggi ripropone lo stesso schema, affidando a Marco Doglio il ruolo di commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria, con l’idea di installare prefabbricati nei cortili delle carceri o riadattare vecchie caserme dismesse. Ma davvero possiamo credere che piazzare delle “casette d’emergenza” in strutture già al collasso sia una risposta seria a un problema strutturale?
Nel frattempo, i reati aumentano, le pene si inaspriscono, le alternative al carcere vengono trattate come concessioni ideologiche. Ma la verità è una: il carcere italiano non rieduca, non cura, non reinserisce. Schiaccia.
Lo ha detto chiaramente Mauro Palma, ex garante nazionale dei detenuti, in una lettera inviata a Giorgia Meloni: “Anche se davvero si costruissero i 15.000 posti promessi entro il 2028, non basterebbero. Oggi il sovraffollamento è già di oltre 16.000 unità, e continua a crescere”. Senza una visione diversa, si continuerà a inseguire l’emergenza con strumenti vecchi e dannosi.
E in Calabria, dove le occasioni di reinserimento sociale sono ridotte all’osso, la detenzione diventa spesso una condanna all’oblio. Nessun programma serio di recupero, poche strutture per i detenuti tossicodipendenti o affetti da disturbi mentali, zero percorsi di giustizia riparativa. Si entra in cella e si scompare.
Eppure, un’alternativa esiste. E parte da un cambio di paradigma: il carcere non può essere solo punizione. Deve essere responsabilità, rieducazione, riscatto. Servono comunità, non container. Servono educatori, non solo agenti. Servono progetti, non muri.
Finché non si avrà il coraggio di investire davvero in umanità e giustizia sociale, il carcere resterà una fabbrica di dolore. E il Sud, ancora una volta, ne sarà il capannone più buio”.
Così in una nota Davide Beltrano, giornalista e scrittore.