di Gaia Serena Ferrara- Sale esponenzialmente in Calabria il livello di allarme legato alle aggressioni ai danni degli operatori sociosanitari.
La frequenza sempre più ingente di questi episodi di violenza sta progressivamente facendo cambiare volto al fenomeno che, da sporadico, è diventato sistematico fino a raggiungere l’entità di una vera e propria piaga sociale. L’ultimo esempio è quanto capitato ieri ad Amantea, dove un impiegato del Poliambulatorio è stato aggredito dopo che il vetro della sua postazione era stato frantumato.
Perchè urge una riflessione collettiva
È infatti per questo che ieri, su impulso della vicesindaca di Catanzaro Giusy Iemma, il Capoluogo ha chiamato a raccolta esponenti e associazioni di categoria per dibattere, discutere e riflettere sulle cause, le conseguenze e le soluzioni di questa violenza dilagante: “Un momento di sensibilizzazione importante – ha spiegato la Iemma – quello che cerchiamo di creare con questo evento dal titolo “Rispetta chi ti cura. Stop alla violenza”, nel tentativo di sviscerare tutte le ragioni e gli scenari legati a questa emergenza”.
Nell’ambito dei vari interventi che si sono susseguiti, fra cui anche quello del sindacato FMGI, un nodo centrale comune a tutti: la necessità non solo di indagare il fenomeno, ma di elaborare proposte sostenibili per affrontarlo e risolverlo.
Parole chiave quali prevenzione, informazione, migliore comunicazione, sono state richiamate più e più volte da molti dei relatori presenti al dibattito, a riprova del fatto che la complessità della situazione non si possa spiegare facilmente attraverso un solo ordine di ragioni. C’è chi, come Peppino Masciari (Dirigente medico dell’Azienda Ospedaliera Pugliese Ciaccio) imputa la gravità e la degenerazione del fenomeno ai tagli alla sanità, e c’è anche chi, invece, pone l’attenzione sulla frattura che si è venuta a creare nel rapporto medico-paziente.
Le varie cause all’origine
Una cosa è certa: il concetto di sicurezza dei luoghi di cura è la base da cui prendere le mosse. La stessa vicesindaca ha affermato: “La risorsa più importante del sistema sanitario è quella dell’OSS. Lo è stata durante la pandemia e lo è ancora di più oggi perché ha come missione quella di garantire il diritto alla salute dei cittadini”. E pertanto ha aggiunto: “La dignità delle cure, passa proprio attraverso la sicurezza degli operatori socio-sanitari”.
La molteplicità di cause e ragioni a monte del fenomeno sono state in ogni caso parte fondamentale del dibattito di ieri. “Il malcontento dei cittadini, la loro sfiducia nei confronti della sanità, crea uno stato di tensione che compromette l’efficacia delle prestazioni assistenziali” ha affermato Peppino Masciari. Le aggressioni, in effetti, mettono a dura prova la tenuta dell’organizzazione e il benessere dell’operatore stesso che fatica a continuare a lavorare in contesti così poco tutelati. E ancora, la cattiva gestione, la centralizzazione impropria o l’uso improprio del pronto soccorso. La povertà, la riduzione della rete di assistenza familiare. La carenza di personale, di posti letto, la burocrazia.
L’incrinazione del rapporto medico-paziente: un problema socio-culturale?
Tutto questo è vero tanto a livello nazionale quanto a livello locale; tuttavia, quando si viene al caso della Calabria ci si trova ad avere a che fare anche con il problema dell’isolamento e della solitudine in cui molti medici e operatori sanitari si ritrovano a svolgere il proprio lavoro.
“Penso alle guardie mediche, i pronto soccorso, i presidi sparsi per il territorio in modo da garantire la prossimità. Quasi in ognuno di questi casi troviamo un solo operatore responsabile per tutta la notte e senza possibilità di essere aiutato o coadiuvato da qualche assistente” ha sostenuto Gennaro De Nardo, Segretario dell’ASP di Catanzaro. “Dai dati che abbiamo – ha proseguito – il fenomeno sta seguendo un’escalation che va di pari passo con l’incapacità del servizio sanitario di dare risposte e servizi adeguati ai cittadini”.
Ma oltre a questo, c’è anche la questione della disaffezione e della sfiducia, che poi si trasforma in frustrazione e che il paziente riversa nei confronti del medico. “Una frattura che – secondo il generale Antonio Battistini, commissario dell’Asp di Catanzaro – si è originata ormai una trentina di anni fa e non è stata ancora sanata”.
“L’esplosione di questo problema parte da lontano, più o meno dal 2000 quando migliaia di denunce di medici restavano inascoltate, o gli stessi venivano portati in tribunale a fronte di nulla – continua Battistini – questo incrina la base del rapporto fiduciario che si deve concepire da parte dell’OSS sia in termini di capacità di accogliere, sia come presenza rassicurante. Una frattura che peggiora con la diminuzione delle risorse, e la mancanza di risposte adeguate.”
Le possibili soluzioni
Ecco quindi che, a fronte di molteplici cause e ordini di ragioni, bisogna pensare e immaginare più soluzioni. Dalle più “scontate” e intuitive, quali la video-sorveglianza, inasprimento delle pene, installazione di allarmi, supporto e coordinamento con la polizia giudiziaria, a quelle più improntate a un approccio socioculturale.
Lo stesso Battistini, infatti, non ne fa tanto un problema di taglio delle risorse o di militarizzazione delle postazioni, quanto di rapporto di fiducia fra il paziente e chi lo cura: “Per quanto essenziale sia il principio di deterrenza, rappresentato dalla legge del 2020 e da altre soluzioni ‘punitive’ che quindi prevedono una pena, molti degli interlocutori ieri hanno sostenuto che sia altrettanto grave l’assenza o il venir meno dell’alleanza terapeutica e della comunicazione, dell’informazione.”
“Molti secondo me non hanno neanche contezza del reale sovraccarico che grava sulle spalle dei medici” ha commentato Iemma a riguardo.
In definitiva, il primo passo da compiere dovrebbe essere proprio quello di rieducare, sensibilizzare, programmare a lungo termine un insieme di interventi che nel tempo possano dare risultati positivi, e che siano il più possibile onnicomprensivi, senza tralasciare l’impatto di fattori quali il sovraccarico e le difficoltà del sistema sanitario regionale, che non versa in condizioni ottimali. È quanto ha sostenuto il sindacato FIMI a margine dell’incontro: “Parliamo di un fenomeno che ora è solo all’inizio e che sicuramente peggiorerà nei prossimi anni quindi la cosa più importante è che si dia il via a questo genere di riflessioni”.