Dietro alcune ‘pompe bianche’, quelle che vendono benzina a prezzi convenienti, potrebbero esserci le attività di gruppi criminali, in certi casi vicini alla criminalità organizzata, o quantomeno organizzazioni molto capaci nel contrabbando di carburanti, nell’evasione fiscale e nel riciclaggio di denaro sporco. Nel corso degli ultimi anni, si è assistito al progressivo interessamento delle mafie al settore del commercio degli idrocarburi, sia all’ingrosso che al dettaglio come denunciato nell’ultima relazione della Direzione Nazionale antimafia 2021. E al tavolo dell’affare Petrolmafie, come evidenziato dalle inchieste della magistratura siede il Gotha dei clan criminali, dai Moccia ai Polverino in Campania, clan Santapaola-Ercolano in Sicilia, esponenti dei Casamonica nel Lazio e Piromalli, Labate in Calabria.
“Mentre si accende lo scontro tra Governo e distributori per il mancato taglio delle accise sul carburante- commentano Libera e Lavialibera- e sale la preoccupazione per l’aumento dei prezzi alla pompa, torna d’attualità il tema delle pompe bianche. Un settore non negativo in sé, ma che secondo la Dna ‘è vulnerabile’ a interessi criminali. Ancora di più dopo la crisi”. Il carburante “di contrabbando” il più delle volte – scrivono Libera e Lavialibera- finisce ad alcuni distributori indipendenti, le cosiddette ‘pompe bianche’, slegate dai circuiti delle multinazionali e capaci di fornire benzina a prezzi inferiori rispetto ai concorrenti. In alcuni casi sono proprietà delle stesse organizzazioni criminali che in questo modo non solo riciclano denaro, ma si procurano ulteriori guadagni dalla vendita al dettaglio.
Molti sono i trucchi utilizzati per contrabbandare carburanti in Italia evadendo le tasse (quasi il 65 per cento del prezzo alla pompa se ne va in imposta sul valore aggiunto e in accise). Tra i più comuni, l’introduzione, nel territorio nazionale, di prodotti petroliferi del tipo oli e preparazioni lubrificanti illecitamente impiegati quali carburanti in totale evasione dell’accisa – sono i cosiddetti designer fuels – e la destinazione ad usi tassati di prodotti esenti o ad aliquota agevolata (ad esempio, il gasolio agricolo) da parte di soggetti non aventi titolo. Attraverso i suddetti meccanismi di frode, le organizzazioni criminali riescono a garantirsi un guadagno illecito di circa il 60 per cento per ogni litro di prodotto venduto rispetto ai prezzi di vendita al dettaglio del mercato legale oppure l’importazione di gasolio “mascherato” da olio lubrificante che nel resto d’Europa non è sottoposto a tassazione e dunque è libero di circolare senza documenti fiscali.
“Queste condotte generano – si legge nell’ultimo rapporto della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (Dnaa) targato 2021- un grave danno all’Erario e una significativa distorsione delle regole di leale concorrenza del mercato, consentendo il commercio dei prodotti, anche ‘alla pompa’, a prezzi ridotti”. Nella maggior parte dei casi – si legge infine su Lavialibera – il prodotto energetico proviene dalla Polonia, dalla Serbia, dalla Bosnia Erzegovina e dall’Ungheria e viene introdotto nel territorio nazionale entrando dal Brennero, Tarvisio, Gorizia e Trieste o dagli scali ferroviari di Busto Arsizio (Va) e Trento, sfruttando le cosiddette autostrade ferroviarie (Rola)”. Il greggio di contrabbando arriva anche dal Medio Oriente, in quelle zone un tempo occupate dall’Isis che ricorreva al contrabbando di petrolio per finanziarsi, e dalla Libia, come rivelato dall’inchiesta Dirty Oil.