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Polemiche sulla proposta di legge per il contrasto alla violenza di genere, la consigliera regionale Amalia Bruni: “Siamo interessati all’approvazione. Primogeniture, protagonismi, lesa maestà, “amichettismo” non ci interessano”

“Non mi aspettavo che la presentazione della proposta di legge su “Prevenzione e contrasto alla violenza di genere sulle donne e i loro figli” suscitasse un dibattito così acceso, strumentalizzato politicamente e irriguardoso nei confronti del ruolo di chi rappresenta i calabresi nella massima assemblea democratica. Alcuni colleghi consiglieri (maschi) si sono concentrati sulle criticità sollevate da chi lavora quotidianamente a supporto delle vittime di violenza di genere, senza comprendere appieno la gravità della situazione”. È quanto afferma la consigliera regionale del Partito democratico, Amalia Bruni, in merito alle polemiche sollevate in seguito della conferenza stampa di presentazione della proposta di legge su “Prevenzione e contrasto alla violenza di genere sulle donne e i loro figli”.

“Noi siamo interessati e determinati ad approvare la legge: primogeniture, protagonismi, lesa maestà, “amichettismo” non ci interessano. Le donne calabresi meritano una legge adeguata ed efficace. Le polemiche non ci interessano. Le richieste di chiarezza avanzate da alcuni Centri antiviolenza devono trovare risposta, richiamando il contenuto della proposta e il percorso che ci ha portato a questa presentazione. Sono già state chiarite in più occasioni, per evitare equivoci. Questa legge merita di essere condivisa per il fine che si propone: tutelare le donne vittime di violenza e i figli vittime di violenza assistita”, afferma Bruni.

“In qualità di consigliere regionale, avevo il diritto di presentare una proposta di legge nel luogo preposto, ossia in Consiglio Regionale, avviando un dibattito legittimo e istituzionale. È fondamentale chiarire che il lavoro non finisce con la presentazione della proposta: le leggi si discutono in commissione, dove tutte le voci – dalle associazioni alle istituzioni – possono essere ascoltate. Successivamente, la proposta arriva in Consiglio per la discussione finale. Nonostante l’importanza della Convenzione di Istanbul (ratificata dall’Italia nel 2013), del Decreto-Legge n. 93/2013, convertito con modificazioni dalla Legge n. 119/2013, e delle successive intese Stato-Regioni (del 2014 e del 2022), la normativa regionale calabrese in tema di violenza di genere è ancora ferma alla Legge n. 20 del 2007. Ed è arrivato il momento di colmare questa lacuna, riprendendo anche una proposta di legge del 2017 che porta la firma del collega Michele Mirabello – si legge ancora nella nota di Amalia Bruni -. Questo ritardo normativo dimostra una grave mancanza di adeguamento alle disposizioni nazionali e agli standard internazionali, che forniscono linee guida cruciali per garantire supporto e protezione adeguati alle vittime. Non possiamo più aspettare. Rimanere ancorati a una normativa ormai obsoleta equivale a non riconoscere la gravità del fenomeno e a trascurare le esigenze di migliaia di donne che ogni giorno cercano aiuto. È inaccettabile che, dopo oltre 17 anni, la Calabria non abbia ancora colmato questo divario, penalizzando i centri antiviolenza e le case rifugio con risorse incerte e una programmazione insufficiente”.

“Questa proposta di legge non è affatto il frutto di un’iniziativa solitaria, ma di un lavoro collettivo con tutte le realtà coinvolte; così come non mira a sminuire il lavoro già fatto, ma a rafforzarlo concretamente sul piano legislativo: questa proposta di legge vuole essere una “spoletta di innesco” per rimettere sotto i riflettori un tema che purtroppo fin troppo spesso viene dimenticato, salvo che in occasione della ricorrenza dell’8 marzo, del 25 novembre, o dopo i tragici episodi di femminicidio – già tre dall’inizio dell’anno”, rimarca la consigliera regionale del Pd.

“Uno degli aspetti originali su cui insisto, ad esempio, e che ritengo fondamentale, è l’istituzione di un fondo unico regionale per rispondere in modo concreto alle necessità di chi si rivolge ai servizi. Questa legge rappresenta un cambiamento necessario per allinearsi agli standard nazionali e garantire a ogni donna una protezione adeguata. Siamo per la necessità di riconoscere la prevalenza dei servizi in questo tipo di attività.
L’obiettivo è quello di rendere la lotta contro la violenza di genere una priorità costante, non un tema di discussione episodico. In questo percorso, mi sono interfacciata con diverse consigliere regionali, tutte disponibili a riattivare il tavolo delle consigliere, un’iniziativa promossa da Giusi Princi, con l’intento di lavorare unite in commissione, abbinando le varie proposte e, naturalmente, ascoltando tutti gli attori coinvolti. La strada giusta per una legge che sia davvero efficace parte dal confronto e dalla collaborazione tra le istituzioni e le realtà del territorio”, si legge ancora.

“Non si tratta, quindi, di salire in cattedra, o agire in solitaria, o peggio ancora “appropriarsi del lavoro di altri”: la presentazione della proposta è un atto politico per mettere in luce un problema urgente e condiviso. Non ho agito per protagonismo, ma per rispondere alle necessità reali del territorio, utilizzando le istituzioni in modo inclusivo e rispettoso. Le riforme provocano sempre reazioni, ma il mio operato è orientato alla tutela delle donne vittime di violenza e dei loro figli, senza cedere a monopoli o logiche di potere. In qualità di consigliera regionale, sono al servizio di tutti, ma non in vendita per nessuno”, conclude Bruni.

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