‘’Un farmaco chiamato…Cultura’’. E’ il titolo del seminario di divulgazione scientifica, tenutosi presso la biblioteca del Liceo Classico Artistico “F. Fiorentino”. Relatrice la Dottoressa Daniela Morabito, Medico specialista in Geriatria, attualmente in servizio presso l’ASL piemontese di Verbano Cusio Ossola, nonché ex alunna dell’istituto lametino.
La tematica del seminario ha riguardato il ruolo della cultura, quale stimolo per riattivare la memoria e, al contempo, allietare l’animo del paziente affetto dalle patologie del sistema nervoso che causano la perdita di memoria, quali l’Alzheimer e le demenze in genere. Infatti, già nell’introduzione, curata dalla docente di Scienze, Prof.ssa Teresa Colacino, si è evidenziato come queste causino l’alienazione della persona rispetto a sé stessa, ai familiari ed alla società in cui vive, e come, pertanto, sia necessario indagare sui possibili interventi che migliorino la qualità della vita dei pazienti affetti da tali patologie.
In tale ottica la Dott.ssa Morabito ha rivolto la sua lezione ad una platea di alunni delle ultime classi, muovendo dall’etimologia dei termini geriatria (dal greco γέρων, “vecchio, anziano” e ἰατρεία, “cura”) e gerontologia (dal greco γέρων “vecchio, anziano” e λόγος “studio”) e ricordando che proprio gli studi classici hanno contribuito ad orientarla all’ambito scientifico.
Se la geriatria studia le malattie che si verificano nell’anziano e le loro conseguenze disabilitanti con l’obiettivo fondamentale di ritardare il declino funzionale e mentale, mantenendo l’autosufficienza e la migliore qualità di vita possibile, la gerontologia si occupa di tutti gli aspetti dell’invecchiamento umano: da quelli biologici a quelli psicologici, sociali e politici.
Grazie ad un insolito collegamento tra lei e Gianni Rodari: lei lavora ad Omegna, Rodari vi nacque, ha esposto i sintomi del morbo d’Alzheimer utilizzando alcuni passi de: ‘’I viaggi di Giovannino Perdigiorno’’ e ‘’C’era due volte il Barone Lamberto’’, opere che appartengono al filone della letteratura per l’infanzia, ma che illustrano aspetti delle demenze. Ha poi proseguito ricordando il personaggio di Marco Polo nell’opera di Italo Calvino, “Le città invisibili”, e citando un famoso passo in cui si parla dell’inferno dei viventi: “Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.” Dunque, nonostante le difficoltà, bisogna affrontare l’inferno quotidiano della demenza ricercando significato e conforto nelle piccole gioie e nelle attività che mantengono viva la memoria e lo spirito dei pazienti e incoraggiando chi sta loro intorno ad interagire il più possibile con le persone anziane.
Purtroppo, nonostante gli sforzi della comunità sanitaria internazionale, non esiste ancora una terapia definitiva per queste malattie. La situazione è complessa e richiede un approccio multidisciplinare, che includa non solo trattamenti medici, ma anche supporto emotivo e sociale per i pazienti e i loro familiari.
In questo contesto è importante coltivare non solo il corpo, ma anche lo spirito e la mente delle persone affette da demenza: dai “caffè Alzheimer” spazi di incontro e attività creative, alla musicoterapia, alla lettura, all’arte terapia e alla poesia terapia. Tali approcci non solo migliorano la qualità della vita dei pazienti, ma aiutano anche i medici a comprendere meglio le esperienze degli stessi e a comunicare in modo più empatico e efficace con loro e le loro famiglie.
“La letteratura, la poesia, le arti possono diventare strumenti di salute – dice la Dottoressa Morabito- Questa è stata l’esperienza che ho fatto nel mio cammino di medico che si occupa di persone anziane ed, in particolare, si prende cura di persone affette da Alzheimer ed altre demenze. L’approccio di cura tradizionale si basa soprattutto sull’utilizzo di farmaci ma, in campi come quello della geriatria, visite ai Musei, la poesia terapia, la lettura ad alta voce possono portare risultati, a volte, migliori sui sintomi cognitivi e comportamentali e ridurre lo stress di chi li cura. Ho utilizzato alcuni di questi approcci con le persone che frequentano i caffè Alzheimer, luoghi di incontro dove malati ed i loro familiari , con l’aiuto di volontari ed operatori sanitari esperti, possono vivere momenti di serenità, occasioni di relazioni, ricevere informazioni, condividere esperienze. Opere letterarie, film, poesie possono diventare un aiuto anche per chi, in campo sanitario, svolge compiti di formatore nei confronti di altri medici, infermieri o di caregiver di pazienti: rendono più efficace e meno tecnica la trasmissione di contenuti spesso molto complessi.
Si sta sviluppando negli ultimi decenni la Medicina Narrativa in cui la malattia diventa racconto di una storia, di un vissuto. Questo permette al malato di affrontare con più consapevolezza, e forza quello che gli accade, sentirsi meno solo e al medico di diventare più empatico e sensibile verso il suo paziente.
La cultura può diventare, allora, anche una vera e propria prescrizione medica; e già prima di arrivare all’università, sui banchi del liceo parte quella formazione che potrà consentire a chi farà il medico o svolgerà anche altre professioni di cura, di arricchirsi di competenze e sensibilità che con il tempo non “scadranno” e lo renderanno esperto di “umanità” , di creatività e di strumenti di benessere.”