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Reggio Calabria, Ventura sulle “tarantelle” a Piazza Italia: “Perché demonizzare la tradizione?”

In un articolo recentemente pubblicato sul Reggino, – si legge in una nota diramata da Francesco Ventura – si tenta di lasciare intendere all’opinione pubblica che il degrado sociale di cui soffrono le fasce più giovani della nostra cittadinanza siano causate da devianze collegata a doppio filo col mondo della tradizione locale. Questa volta a farne le spese è la tarantella, la quale, stando a quanto si legge, se suonata a Pizza Italia sarebbe sintomo di un mancato rispetto della cosa pubblica da parte degli adolescenti. Nell’articolo veniva poi rievocato l’intervento del sospeso sindaco reggino, risalente ad ottobre dello scorso anno, il quale erigendosi a moralizzatore inveiva contro degli studenti che giocavano alla morra, gioco tradizionale indicato come altra causa di degrado. Questo episodio è stato ora citato dal Reggino a mero scopo di rafforzare la propria narrazione, sempre lasciando intende la bontà di tale argomentazione.

«Suonare la tarantella e giocare a morra sono parte integrante delle nostre tradizioni. Per sfatare alcuni falsi miti, come la presunta illegalità di quest’ultima, in estate è stato addirittura organizzato un primo torneo regionale grazie alla FIGEST Coni ed al Comune di San Roberto. Anche sulla tarantella ci sono ancora dei pregiudizi, non forti come in passato, ma esistono e resistono – commenta Francesco Ventura – Negli anni Ottanta la pressione sociale esercitata dalla sedicente Reggio bene stigmatizzava chiunque si fosse azzardato a suonare una tarantella in pieno centro, salvo poi l’ipocrisia di reclutare a Festa di Madonna o per Natale suonatori per il proprio diletto. Ho raccolto per anni le testimonianze di molti giovani di quel tempo, i quali spesso smettevano di coltivare queste passioni per la vergogna ed il timore di essere discriminati. Chi suona lo fa perché ha imparato da un nonno o da un maestro che gli ha insegnato, oltre al suono, tante lezioni di vita. Ciò è da disprezzare? No! Oggi qualche rigurgito di questo pseudo perbenismo ritorna, serpeggia ed avvelena. Tarantella e morra non siano il capo espiatorio su cui scaricare la colpa del degrado che non riusciamo a debellare. Chi suonava la tarantella a Piazza Italia si stava divertendo in modo legittimo e spensierato. Il fatto poi di richiamare il due novembre come aggravante è un altro artifizio retorico sterile. Per quanto ricordi l’unico cimitero esistente nel centro storico è la necropoli sotto Piazza Garibaldi, quindi pure l’accusa di disturbare chi si recava a ricordare i defunti è infondata».

Esiste in riva allo Stretto il rischio di degradare la tradizione a folklore, rendere effimero il nostro passato, – conclude la nota – un po’ come si fa col greco di Calabria, il quale da radice nobile della nostra eredità culturale è sempre più abusato, degradato ad orpello esotico utile a fungere da specchietto per le allodole nell’impapocchiare il turista o la pubblica amministrazione, alla quale in occasione di qualche bando si rifilano progetti dal nome tanto più altisonante tanto più è imbarazzante la vacuità dei contenuti.

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