La docente ha trattato due importanti argomenti, strettamente correlati tra loro: la guerra normativa e le sanzioni economiche.
Manfredi ha introdotto la lezione definendo la guerra normativa come “la tecnica di usare la legge per raggiungere obiettivi militari, politici, ideologici, economici, finanziari”, sottolineando che si tratti di un uso strumentale e strategico dei mezzi legali, ovvero della manipolazione e dell’abuso della legge per raggiungere scopi per i quali non è stata creata. La docente ha poi affermato che la guerra normativa è stata combattuta da sempre perché, come ricorda il GustavoZagrebelsky, essa “è lo strumento principe per tutte le avventure di potere”, a prescindere dal fatto che sia democratico o totalitario. La legge rappresenta quindi un mezzo potentissimo che distribuisce il potere, crea ricchezza e disuguaglianza, definisce cosa si può fare e cosa non si può fare. Tuttavia, se è vero che la guerra normativa è sempre stata combattuta, d’altra parte non si può negare l’esistenza di periodi in cui essa raggiunge maggiore intensità, ovvero periodi caratterizzati da importanti cambiamenti della realtà sociale ed economica, dove il diritto viene modificato per ordinare il nuovo assetto. È questo il caso della nostra epoca, definita “quarta globalizzazione”, nella quale la guerra normativa ha anche l’obiettivo di appropriarsi del pensiero giuridico, straordinario strumento di potere e di controllo sociale, che modella e trasforma non solo le società ma anche le relazioni internazionali.
La docente ha quindi individuato i poteri della guerra normativa, che sono diversi in base all’epoca storica. Nel presente si identificano in enti statali e soprattutto enti non statali. “Oggi – ha affermato – è sull’impero delle multinazionali che non tramonta mai il sole”. Manfredi ha evidenziato come stuoli di avvocati, politici e lobbisti si danno battaglia attraverso un arsenale legale, seguendo strategie giuridiche a breve, medio e lungo termine e agendo a livello locale, nazionale, comunitario e internazionale per far approvare leggi, regolamenti, accordi e standard vantaggiosi per la propria parte.
La docente ha altresì affermato che non è stata la globalizzazione economica a indebolire il potere degli Stati ed influenzare con gli strumenti della politica il corso degli avvenimenti, bensì la scarsa attenzione che avveniva nell’ambito giuridico. La prodigiosa trasformazione economica di questi anni non si sarebbe potuta compiere senza una copertura istituzionale, ossia senza che fossero varate misure che hanno influito sull’organizzazione del potere della società.
La docente ha evidenziato inoltre come le tecniche della guerra normativa siano infinite: “la guerra normativa si caratterizza per la sua notevole varietà e si presta ad una creatività eccezionale”. Una delle tecniche più usate è il “calcio alla scala”. Essa consiste nell’arrecare grandi pressioni per emanare una legge per avvantaggiare specifici soggetti, che grazie ad essa raggiungono il dominio auspicato. Tuttavia,quando altri Paesi cercano di usufruire della medesima legge, lo si impedisce dando un calcio alla “scala”. Ed ecco che assistiamo oggi a leggi internazionali che cambiano a seconda del tornaconto dei potenti e delle loro strategie.
Manfredi ha sottolineato l’importanza dell’influenza culturale, ovvero sulla trasformazione del territorio modificando cultura e valori al nuovo modello giuridico che si vuole imporre. Alcuni Stati hanno una tradizione nella costruzione e ricostruzione dei sistemi giuridici altrui. Un esempio eloquente è rappresentato dall’operato degli Stati Uniti al termine della II guerra mondiale in Germania, in Giappone, nella Corea del Nord e recentemente nella ex Jugoslavia ed in Brasile.
La relatrice ha messo in luce come la Cina abbia adottato la guerra normativa come componente principale della dottrina strategica nazionale. Nel 2003 il Partito Comunista Cinese e la Commissione Militare Centrale Cinese hanno approvato il concetto delle tre guerre: la guerra psicologica (uso della propaganda, inganno e minaccia per influenzare le capacità del nemico per comprendere e assumere decisioni), la guerra dei media o delle informazioni (la diffusione di informazioni per il sostegno della popolazione) e la guerra normativa.
Facendo riferimento al libro di Katharina Pistor, “Il codice del capitale”, Manfredi ha spiegato come diverse multinazionali, mediante i propri potenti studi legali, influenzino i parlamenti dei Paesi oggetto dei loro investimenti attraverso accordi internazionali che presentano clausole di risoluzione delle controversie fortemente sbilanciate a favore degli investitori. Tali clausole sono basate su strategie di elusione del tribunale, luogo per far valere i diritti.
La relatrice ha quindi descritto un sistema asimmetrico e profondamente antidemocratico, sfruttato dagli investitori stranieri per mettere da parte i tribunali nazionali e citare in giudizio i governi per qualsiasi misura che influisca sui loro investimenti, superando leggi che salvaguardano diritti fondamentali come la salute e l’ambiente.
La saggista ha continuato affrontando l’argomento delle sanzioni economiche, strumento principe nella guerra normativa. Esse a differenza delle pressioni economiche che hanno una storia molto antica (la prima risale al 432 a.C. quando Atene impose il divieto di commerciare con i mercanti della città di Megara) e che richiedevano quale conditio sine qua non la dichiarazione di uno stato di guerra, costituiscono un’innovazione moderna.
Le sanzioni economiche infatti vengono sancite dall’articolo 16 del Trattato di Versailles del 1920 quale metodo alternativo al ricorso alle armi. Pertanto, la loro applicazione può avvenire anche in tempo di pace.
Le sanzioni economiche – sostiene la relatrice – hanno comportato un cambiamento epocale. Dalla fine della Guerra Fredda, le sanzioni sono state usate con grande frequenza ma con risultati il più delle volte modesti. Pertanto la docente ha invitato a focalizzarsi sugli effetti delle sanzioni, sul loro impatto strategico, più che sulla loro efficacia.
Manfredi ha concluso sostenendo che il diritto non rappresenta solo un importante patrimonio culturale da proteggere ma anche un settore strategico da tutelare anche da parte dell’intelligence, poiché rappresenta uno strumento indispensabile che permette alle società di governarsi da sole senza ingerenze esterne. Ha infine ricordato come sia importante creare apposite strutture di intelligence giuridica per la prevenzione dei rischi e la gestione di crisi, oltre a poter contare sulla presenza di persone formate in tutti i settori, capaci di comprendere l’ambiente giuridico.