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Pubblicata la nuova edizione de “A Jastigna” di Fabio Pistoia, dedicata al dialetto di Corigliano Calabro

Ritorna, a distanza di 11 anni dalla prima edizione, “A JASTIGNA – Raccolta di imprecazioni popolari coriglianesi. 130 modi di dire, tra il serio e il faceto”, il libriccino scritto dal giornalista Fabio Pistoia, con la collaborazione di numerosi cittadini di Corigliano, che assomma, a mo’ di singoli modi di dire con relative traduzioni in lingua italiana, numerose espressioni di Corigliano Calabro, ove l’autore è nato. La pubblicazione è stata stampata dalla “Grafosud” di Rossano del cav. Luigi Zangaro ed è arricchita da alcune splendide fotografie del dott. Carlo Caruso.

La ristampa del volumetto, già pubblicato con successo nel 2012, è in corso di pubblicazione e risulta impreziosita, in questa nuova edizione, anche da alcune bellissime fotografie del videomaker Mario Madeo nonché da ulteriori informazioni, alla luce del crescente interesse e della diffusa curiosità registrata soprattutto tra coriglianesi residenti appassionati del proprio dialetto nonché concittadini emigrati in altre aree del territorio nazionale o all’estero.

Il testo, nel 2016, ha ricevuto, per la sezione “Prosa edita”, nella Sala della Protomoteca del Campidoglio del Comune di Roma, il Premio Letterario Nazionale “Salva la tua lingua locale”, ideato dall’Unione Nazionale delle Pro Loco d’Italia e Legautonomie Lazio, in collaborazione con il Centro di Documentazione per la poesia dialettale “Vincenzo Scarpellino”, il Centro Internazionale “Eugenio Montale” e l’Eip – “Scuola Strumento di Pace” nell’ambito della Giornata Nazionale del Dialetto e delle lingue locali.

“È possibile – scrive Pistoia nell’Introduzione – avviare un processo di ricostruzione storica della cultura popolare della nostra terra da un punto di vista antropologico, etnografico e popolare? Attribuendo significato e valore – psicologico e sociale – alle imprecazioni locali – spesso bestemmie, nel lessico coriglianese “jastigne” – e tentando di abbandonare risposte dal sapore sintetico e semplificante? Almeno nell’odierna società occidentale, secolarizzata e superficiale, l’imprecazione non è altro che un modo di dire. Usato senza pensare, abusato per essere “dentro al gruppo”, ripetuto per abitudine. Ma è sempre stato così? E in cosa consiste la bestemmia nella sensibilità comune? È solo un’imprecazione oscena o esistono bestemmie senza imprecazione, ma non meno blasfeme (battute ironiche, umorismo su argomenti sacri, ecc.)?”.

“Il libriccino – prosegue Pistoia – è una raccolta di espressioni locali – alcune maggiormente conosciute, altre meno; alcune non più in uso, altre invece sopravvissute – tra il serio e il faceto, privilegiando le stesse rispetto ai consueti proverbi e detti. Non si tratta, certamente, di un inno alla “volgarità”, ma un modo, finora insolito in loco, per meglio comprendere – attraverso simili espressioni che appartengono, piaccia o no, al patrimonio cittadino – la storia, le tradizioni, i costumi, la lingua di una comunità, il vissuto di ciascuno di noi”. (…) Dalla Storia, però, sappiamo anche che, spesso, la bestemmia si è imposta, come costume, proprio là dove il potere politico e il potere religioso erano coincidenti. Come dire che essa ha acquisito, talvolta, anche valenza di rivolta. La bestemmia può essere quella esplicita di Capaneo, il re di Tebe, ribelle a Giove, che Dante incontra nel XIV canto dell’Inferno, sotto una terribile pioggia di fuoco. Oppure quella di cui si parla nelle Scritture, nel passo in cui Mosè annuncia agli uomini la legge del taglione, che avrà validità “per il forestiero e per il nativo del paese”, allo stesso modo”.

 

 

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