“Ho scoperto che, come aveva intuito gia’ Leonardo Sciascia nel settembre del 1978, Moro aveva lanciato nelle prime lettere, in particolare in quella recapitata a Cossiga il 29 marzo del 1978, dei messaggi cifrati, in forma di anagrammi raffinati e precisi, in cui indicava il luogo esatto della sua prigione, e cioe’ via Montalcini, primo piano al numero otto”. Lo dice all’AGI Carlo Gaudio, ordinario di cardiologia all’Universita’ La Sapienza di Roma, di origini cosentine ed appassionato di enigmistica. Gaudio domani pomeriggio, alle 16,30 nella sede della Confindustria di Cosenza, sara’ ospite del Centro Calabrese Documentazione e Studi “Sen. Pasquale Perugini” per presentare il suo volume “L’urlo di Moro”, edito da Rubbettino. Queste rivelazioni alimentano ancora di piu’ il sospetto che Aldo Moro sia stato lasciato al suo destino. Anzi, che forse qualcuno volesse proprio la sua scomparsa.
“Si e’ sempre sospettato di un rapimento ed esecuzione di Moro da parte delle Brigate Rosse, ma anche di un delitto di abbandono, come sosteneva lo scrittore Carlo Bo: un Moro abbandonato a se stesso, che non si e’ voluto salvare – dice ancora Gaudio – e Cossiga, 15 anni dopo, davanti alla commissione Pellegrino, dira’ che quelle lettere erano state inviate al centro di decrittografia piu’ importante d’Italia, quello della Marina Militare, ma sorvola sull’esito di questo invio”.