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Antimafia, Morra: “La mancata trasparenza nella pubblica amminsitrazione favorisce l’infiltrazione, a tutti i livelli”

«L’approfondimento compiuto dalla commissione Antimafia tramite il comitato sulla trasparenza negli enti pubblici, coordinato dal sen Elio Lannutti ha consentito di cogliere la forte correlazione esistente tra la diffusione della corruzione, la mancanza di una normativa idonea a prevenirla, anche attraverso un’efficace disciplina della trasparenza, e la realizzazione degli interessi criminali delle organizzazioni mafiose» – lo afferma nella nota il Presidente delle Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra presentando la nuova sezione della relazione appena pubblicata.

«I dati acquisiti e le analisi operate da questa Commissione parlamentare – prosegue Morra – ci hanno consentito di osservare come le organizzazioni mafiose abbiano subito negli ultimi decenni profonde trasformazioni e che la loro azione criminale è ormai da tempo orientata alla sostituzione dell’uso della violenza, ormai residuale, con condotte di costante ampliamento di reti e capacità relazionali e di silente infiltrazione nell’economia pubblica e privata».

«Per utilizzare gli ingenti patrimoni, accumulati grazie ad attività illecite diversificate ed estese in ragione di una sempre più spiccata attitudine imprenditoriale e affaristica, c’è la necessità di effettuare una “ripulitura” di questi denari per il loro reimpiego al fine di essere fonte di nuovi profitti. Per poter reinvestire questi soldi – spiega il Presidente Morra – le organizzazioni mafiose hanno occupato ampi settori del comparto pubblico come quelli del trattamento dei rifiuti o delle opere pubbliche, in questi casi l’infiltrazione nel pubblico avviene tramite imprese intranee alle organizzazioni criminali o, comunque, contigue. Spesso, invece, sono interessati dall’erogazione di contributi pubblici come nel caso della produzione da fonti rinnovabili, dell’agricoltura e dell’allevamento, alterando così il buon andamento del mercato».

«Tali finalità sono perseguite tramite la sistematica infiltrazione degli apparati pubblici resa possibile anche grazie all’inquinamento delle competizioni elettorali (con la conseguente collusione degli eletti) o alla corruzione di dirigenti, funzionari o anche semplici impiegati, senza che sia più necessario ricorrere ai tradizionali metodi della violenza e dell’intimidazione».

Il Presidente spiega l’attività espletata in Commissione: «I lavori svolti hanno reso chiaramente percepibile quanto sia frequente la presenza di sistemi corruttivi che si fondano su dinamiche più ampie di quelle riferibili al mercimonio della funzione da parte del singolo. E’ infatti risultato estremamente diffuso l’asservimento delle funzioni pubbliche agli interessi di organizzazioni criminali di tipo mafioso o di centri di potere, del pari basati su vaste reti relazionali e articolati meccanismi di favore e di intimidazione capaci, grazie ad un ripetitivo meccanismo circolare di investire i livelli più alti degli enti pubblici e di determinarne scelte politiche e amministrative».

«L’analisi condotta in ambiti diversi da quelli tradizionalmente considerati oggetto di infiltrazione mafiosa, quali quello universitario e della ricerca, ha permesso di accertare come anch’essi risultino afflitti da fenomeni distorsivi analoghi a quelli sinora descritti. Ne risulta così alterato il regolare funzionamento, che viene piegato alla realizzazione di interessi mafiosi o di diversi gruppi di potere».

«E’ di tutta evidenza in siffatta situazione come, per un verso, le mafie e i gruppi criminali favoriscano la crescita e l’aumento dei fenomeni corruttivi nel nostro Paese, per altro, e ancor più, come sia proprio la “corruzione insita nella società” a favorire il diffondersi di dette organizzazioni criminali, determinandone l’ingerenza ed il condizionamento di interi settori non solo economici. A fronte di tale pericolosa realtà, quindi, la normativa sulla trasparenza e sulla prevenzione della corruzione, originariamente non elettivamente destinata a prevenire fenomeni di criminalità mafiosa, rappresenta, oggi, uno strumento essenziale anche per il contrasto all’azione di penetrazione delle organizzazioni mafiose e dei predetti centri di potere nell’economia e nella pubblica amministrazione».

«Appare particolarmente interessante  quanto emerso dai lavori del Comitato in merito alla appetibilità dei settori delle università e della ricerca, sia per le risorse e gli interessi professionali ed economici che ruotano intorno ad essi, sia, più a monte per i collegamenti che presentano e consentono con ambiti importanti dell’apparato statale, dell’economia e della politica, necessari alle mafie e ai gruppi criminali menzionati per proteggere e allargare i loro interessi, sia, infine, per l’importanza che riveste l’istruzione, come ormai avvertito da dette organizzazioni sempre più sofisticate nel processo evolutivo che le caratterizza».

«E’ indubbio, e lo studio compiuto lo comprova, che i fenomeni in questione trovano un terreno di coltura fertile nell’assenza di una efficace prevenzione della corruzione e che essi si diffondono indisturbati mancando una normativa che privilegi la trasparenza».

«Laddove quest’ultima sia intesa e realizzata come accessibilità piena alle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni (ma, anche, gli esiti – ove ostensibili –  dei controlli effettuati ai fini del rilascio della documentazione antimafia e dell’iscrizione nelle white list), essa può favorire forme diffuse di controllo, consentire analisi, anche condotte con ‘metodo scientifico’, utili per individuare soluzioni adeguate e costituire in tal modo valido strumento di prevenzione e contrasto all’azione e alle interferenze di gruppi di potere e di organizzazioni di tipo mafioso».

«L’impiego del ‘metodo scientifico’ nell’analisi che il XXIV Comitato ha compiuto sul rispetto della normativa sulla trasparenza nei comuni sciolti per infiltrazioni mafiose, ha permesso di rilevare la costante presenza di alcune criticità nella gestione finanziaria di tali enti e la non immediata rilevabilità di queste in ragione dell’inadempimento dell’obbligo di pubblicazione dei dati sul sito istituzionale dell’ente».

«Ad avviso della Commissione, il completamento di tale analisi con l’impiego del medesimo metodo, potrebbe consentire l’individuazione di un insieme di elementi “spia”, che possano valere quali indicatori del rischio di infiltrazione mafiosa negli enti».

«Anche sotto tale profilo risulta evidente l’importanza della piena applicazione della normativa sulla trasparenza in quanto l’effettiva pubblicazione di tutti i dati, eventualmente anche per mezzo della istituzione di un portale unico presso l’ANAC consentirebbe un controllo diffuso, rendendo immediatamente percepibile ai cittadini e alle autorità competenti la presenza di un pericolo di ingerenza mafiosa, così da favorire la tempestiva attivazione delle opportune iniziative».

«Il Comitato avrebbe voluto approfondire, altresì, il tema della osservanza da parte delle Pubbliche Amministrazioni delle norme introdotte con la legge di bilancio 2020 (art. 1 comma 163 legge n. 160 del  27 dicembre 2019).   Essa prevede una serie di sanzioni amministrative, con conseguenze economiche e di carriera, a carico dei dirigenti e dei responsabili per l’inadempimento degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente sulla trasparenza».

«L’attività svolta – conclude il Presidente Morra – consente di affermare che la mancata attuazione del principio della trasparenza favorisce l’alterazione dei percorsi decisionali delle strutture pubbliche, rendendole permeabili all’incidenza di fenomeni di corruzione riconducibili, talvolta, all’azione illecita di gruppi di potere o di organizzazioni criminali, anche di tipo mafioso».

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