di Claudio Cordova – Reggio Calabria ha un nuovo procuratore della Repubblica. Ha un procuratore della Repubblica, dopo tanto tempo. In realtà, non sono stati tempi lunghissimi, quelli che il Consiglio Superiore della Magistratura si è preso per nominare Giuseppe Borrelli. L’organo di autogoverno delle toghe, nella sua storia, ci ha abituato a episodi di lassismo ben più gravi.
Ma Reggio Calabria, anche quando lo ha avuto, negli ultimi anni, non ha avuto, a tutti gli effetti, una guida giudiziaria in cui una città in cui la forza della ‘ndrangheta c’è ed è ancora forte, potesse riconoscersi.
Nel 2018, il CSM, in quel periodo ancora nelle mani di Luca Palamara, interruppe, di fatto, un periodo virtuoso durato circa un decennio, con Giuseppe Pignatone prima e con Federico Cafiero de Raho poi. Così diversi, ma così utili, per quello di cui il territorio in quel momento aveva bisogno.
Il primo, venuto da Palermo, capace di togliere una serie di incrostazioni criminali e istituzionali che soffocavano la città da tempo. Quando arrivò in riva allo Stretto, Pignatone trovò sostanzialmente quasi tutti i boss della ‘ndrangheta latitanti. Pasquale Condello appena arrestato (febbraio 2008), ma Giuseppe De Stefano, Giovanni Tegano, per non parlare di vari Pesce, Piromalli, Pelle, ecc. ecc. liberi e uccel di bosco.
Non solo.
Pignatone spezzò anche una serie di rapporti torbidi tra magistrati, membri delle forze dell’ordine, uomini dei servizi segreti e ‘ndrangheta. Senza fare troppi nomi ansiosi di querelare nuovamente (ed eventualmente di perdere, nuovamente, contro il sottoscritto) si pensi solo alla inquietante parabola del commercialista-spione Giovanni Zumbo.
Il suo successore, Cafiero de Raho, venuto da Napoli dopo la lotta contro i Casalesi, creò un rapporto di empatia con la cittadinanza, almeno con la parte positiva. Non di certo con quella deviata e che oggi vorrebbe pure, con sprezzo del disgusto, persino ambire ad amministrare la Cosa Pubblica. Cafiero andava ovunque. Anche nella più sperduta contrada del Distretto, invitato dalla parrocchia, per portare la vicinanza dello Stato. In territori in cui lo Stato, spesso, ha latitato.
L’ulteriore successore, Giovanni Bombardieri, non è riuscito a eguagliare né la qualità giudiziaria di Pignatone, né la prossimità di Cafiero de Raho. Impalpabili i suoi anni a Reggio Calabria, senza inchieste di particolare spessore e senza che la città potesse mai, effettivamente, sentire il procuratore come una figura vicina.
Tocca ora a Borrelli.
Chi lo conosce, parla di un uomo retto, di un investigatore capace, di un magistrato di grande esperienza, di un fine giurista. Ovviamente sarà il suo percorso nel Distretto di Reggio Calabria a parlare per lui. E qualora non dovesse operare nella maniera migliore, su questo giornale leggerete critiche ugualmente dure. Chi scrive e la popolazione – in tutta Italia – ha smesso già da qualche anno di avere quella figura cieca nella magistratura, incapace di fare pienamente i conti con il caso Palamara.
Ma già il fatto che Borrelli sia il primo procuratore della Repubblica a essere nominato a Reggio Calabria da un CSM in cui non vi è più la longa manus di Palamara, è certamente già un buon viatico.
Si aggiunga il fatto che Borrelli non è di Reggio Calabria e non è calabrese, proprio come Pignatone e Cafiero. E, quindi, il sogno di chi scrive: una città interamente governata, nelle sue più importanti articolazioni, da persone non di Reggio Calabria. Dal sindaco al procuratore della Repubblica, dal rettore ai primari ospedalieri e finanche i parroci, quanto migliorerebbe il grado di civiltà se a governare fossero persone capaci di amare il bello, ricercare il decoro, praticare l’uguaglianza.
Tutte cose che il reggino medio (che poi spesso è anche il reggino classe dirigente) ha dimostrato di non saper fare. O di non voler fare.
Inizia l’era Borrelli, che coinciderà anche con un importante ricambio giudiziario e investigativo. Si concluderà, verosimilmente, la lunga epopea reggina di Peppe Lombardo, che pure aveva presentato domanda per diventare procuratore e che ora con ogni probabilità si accaserà in Direzione Nazionale Antimafia. E non è escluso una sorta di spoil system anche nelle forze dell’ordine.
Insomma, si apre una nuova era, con Giuseppe Borrelli a Reggio Calabria. Un’era in cui il Distretto, si spera, possa tornare protagonista e non più brutta copia di Catanzaro, in questi anni onnipresente, per via della ingombrante presenza di Nicola Gratteri.
Un periodo in cui, senza criminalizzare nessuno, si possa nuovamente ricordare alla popolazione che la ‘ndrangheta ha il suo cuore e il suo cervello qui, ma che c’è anche uno Stato pronto a indagare con qualità e a dimostrare vicinanza a chi, ogni giorno, sente duramente il peso della criminalità organizzata.
In strada, tra le auto e le saracinesche. Non al sesto piano del Cedir con quattro uomini di scorta.