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Reggina: se eliminaste la dietrologia dalla gara di alibi, potremmo fingere di credervi

di Paolo Ficara – Terzi in classifica, nonostante tutto. Un girone d’andata da promozione diretta è ancora negli occhi di molti, nonostante la Reggina abbia approcciato quello di ritorno come peggio non si potrebbe. Risultati da retrocessione inappellabile – ko contro Spal, SudTirol, Palermo e Pisa – in queste cinque gare da metà gennaio ad oggi. I motivi di tale metamorfosi, è corretto vengano analizzati all’interno.

Anche perché all’esterno, guai a chi parla. Se si azzardano i giornalisti, vengono tacciati di incompetenza. Se mugugnano i tifosi, hanno memoria corta. Ognuno ha il suo modo di reggere le pressioni. In realtà dovrebbero essere proprio le componenti interne a bearsi del fatto che nessuno, ad inizio torneo, pretendeva il salto di categoria. Provando a compattarsi, anziché difendere ognuno il proprio recinto.

Solo una cosa ci sentiamo di chiedere, a tutti. Basta con la dietrologia, ha stufato. E dove eravamo a giugno. O a luglio. Cosa volete che determini, in questa fase? Siamo all’interno della stagione 2022/23. Pregi e difetti, meriti e/o colpe, non possono essere attribuiti al passato. Sia in termini tecnici che economici. Quando un reggino “incontra” una buca sul manto stradale, non sta mica lì ad incolpare Giuseppe Scopelliti.

Non sappiamo se la squadra va sotto la curva, anche dopo una sconfitta e dopo la prima vera prestazione molle al “Granillo”, per cercare protezione e/o conforto. Sappiamo che tale rituale è stato ricercato anche nella passata stagione, durante il periodo buio. Quasi a volersi giustificare. Il tifoso ne può dedurre, a torto o a ragione e senza guardare la classifica, che tutto ciò equivalga ad un ripetersi di medesimi problemi già attraversati.

Non sappiamo se mister Inzaghi, quando insiste nei riferimenti alla scorsa estate dopo aver esaurito gli alibi (arbitri, rinforzi altrui, sfortuna), stia parlando agli altri o a sé stesso. Fin qua è stato un pilastro, andando oltre il concetto di manager. Ha caricato la Reggina sulle proprie spalle. Difende le proprie scelte e fa bene, la classifica la vediamo pure noi. Ma non è un socio. Le acque in cui si trovava la Reggina a giugno erano sicuramente più agitate di quelle di Formentera. Riprenda a fare il suo, solo il suo. Che lo fa bene. Ed è ben pagato per accettare anche le critiche – peraltro destinate ad altre componenti – dopo essere stato riempito di elogi.

Non sappiamo quanto sia servito l’aggiornamento professionale al seguito di Arsenal, Liverpool e Tottenham, nella “produzione” di un calciomercato invernale improvvisato nelle ultime 48 ore. Nel mezzo, c’è stato modo di prendere un portiere non all’altezza. Come titolare. “Lo inseguivo da due anni”, ipse dixit. Per non parlare di frasi motivazionali, come “ci sono squadre più attrezzate” oppure “il nostro è un progetto triennale”. La carica di un Pocket Coffee. Scaduto, però. E non si può fare riferimento ai problemi del passato, dimenticandosi di essere stati protagonisti attivi e non di certo vittime.

Non sappiamo dove sia la proprietà. Fisicamente. Né sappiamo se fosse questo il momento opportuno per assentarsi, salvo non sussistano ragioni di forza maggiore. Il riferimento non è solo al campo, anzi. Da circa una settimana riflettiamo sulla frase Viviamo, pertanto, una particolare situazione che si è venuta a creare nel sovrapporsi di scadenze federali con l’iter del piano di ristrutturazione del debito già avviato lo scorso dicembre”.

Si tratta di un passaggio del comunicato pubblicato in risposta alla notizia di un possibile deferimento. Non riusciamo ad interpretarlo. Qualcuno ci aiuti. Nel senso che non riusciamo a vedere le scadenze federali come un qualcosa di non prioritario. Tornando all’aspetto tecnico: se il patron Felice Saladini ha trovato o no la maniera adatta per aggiungere motivazioni alla squadra, può saperlo solo lui.

In questo discorso non abbiamo nominato la parolina magica. Proprio per fare capire che la promozione non l’ha chiesta o pretesa nessuno. Sapendo però che il calcio è competizione, e nella competizione si anela alla vittoria. Lo sa benissimo, anche chi mette le mani avanti. Lo sa anche la piazza di Reggio Calabria che lo scorso campionato, nel girone d’andata, sognava la Serie A con Aglietti allenatore, Laribi  e Ricci acquisti di qualità a centrocampo e Montalto centravanti.

Una piazza che adesso, essendo cambiata la proprietà, pretende solo di conoscere il comune denominatore che porta all’inesorabile calo, ogni qual volta si soffre di vertigini.

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