La Direzione investigativa antimafia ha eseguito una confisca, disposta dalla Corte di Appello su richiesta del procuratore generale reggente di Bologna, Lucia Musti, di beni per circa 8,5 milioni a un condannato nel processo ‘Aemilia’.
Si tratta di Antonio Muto, 68 anni, considerato esponente di rilievo della associazione ‘ndranghetista autonoma, attiva nei territori di Reggio Emilia, Parma, Modena e Piacenza, storicamente legata alla cosca di Cutro (Crotone) facente capo a Nicolino Grande Aracri.
Condannato in via definitiva il 7 maggio 2022 a dieci anni e otto mesi per associazione mafiosa, è attualmente detenuto.
La figura del condannato, spiega una nota della Dia, è quella di un “partecipe molto attivo del sodalizio ‘ndranghetista emiliano, osservante delle gerarchie e regole dettate dai capi, fedele alle direttive ricevute condivise ed attuate, raccordo tra la cosca mafiosa ed esponenti delle Istituzioni locali consentendo in tal modo il rafforzamento e l’espansione economica del sodalizio, di chiara matrice imprenditoriale”.
Gli accertamenti hanno individuato elementi patrimoniali di cui Muto ha avuto la disponibilità e dimostrato che il loro valore era sproporzionato ai redditi dichiarati e all’attività economica svolta. L’ordinanza di confisca ha interessato 50 immobili tra cui una villetta di pregio a Reggio Emilia, capannoni industriali, terreni, una società immobiliare, un automezzo e 12 rapporti bancari. L’intero patrimonio, passato definitivamente nelle mani dello Stato, sarà amministrato dall’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati.